Nuova legge sul suicidio assistito, il pressing dei radicali sull’Emilia-Romagna

Di Caterina Giojelli
17 Febbraio 2023
La proposta dell'Associazione Luca Coscioni è arrivata alla Consulta: quella di Bonaccini potrebbe essere la prima delle sette Regioni scelte dai radicali ad aprire la strada alla normativa sull'eutanasia in Italia
Agosto 2021, “Mario” denuncia l’Asur Marche: lo annunciano in piena raccolta firme per il referendum sull’eutanasia Marco Cappato e Filomena Gallo al grido «Violato il diritto al suicidio assistito» (foto Ansa)
Agosto 2021, “Mario” denuncia l’Asur Marche: lo annunciano in piena raccolta firme per il referendum sull’eutanasia Marco Cappato e Filomena Gallo al grido «Violato il diritto al suicidio assistito» (foto Ansa)

Suicidio assistito in meno di un mese: è la proposta di legge di iniziativa popolare depositata dall’Associazione Luca Coscioni in sette regioni d’Italia che potrebbe arrivare in aula in Emilia-Romagna nel giro di poche settimane. Dove i radicali sperano di trovare il varco per una normativa nazionale.

Riflettori sui “discriminati dalla Consulta” portati in Svizzera

Una proposta avanzata quasi in sordina, mentre l’attenzione mediatica veniva catturata dai sempre più numerosi viaggi in Svizzera del “soccorso civile” fondato da Marco Cappato: Elena, Romano, Massimiliano e, pochi giorni fa, Paola, l’89enne bolognese malata di Parkinson che l’8 febbraio è stata accompagnata a morire oltreconfine.

Come gli altri, Paola non era tenuta in vita da alcun trattamento di sostegno vitale e non sarebbe rientrata nei requisiti indicati dalla Corte costituzionale nella sentenza Dj Fabo/Cappato del 2019 per accedere al suicidio assistito: da qui la trasferta in Svizzera, seguita dall’ennesima autodenuncia degli attivisti, dalla copertura dei media e dagli appelli perché nessuno più faccia “la fine” della donna, «costretta a ricorrere al suicidio assistito all’estero» a causa della «discriminazione tra malati» scaturita dalla depenalizzazione «solo a determinate condizioni» dell’aiuto al suicidio da parte della Consulta. Sono dichiarazioni di Filomena Gallo che ha annunciato nuove disobbedienze civili finché il Parlamento non emanerà una legge «adeguata» sul fine vita.

Avanza una legge regionale per il suicidio assistito

Mentre dunque andavano in onda i caroselli volti, sulla falsariga dei referendum, a liberalizzare ogni forma di omicidio di una persona consenziente, sul tavolo delle Regioni giaceva già una proposta di legge di iniziativa popolare dal contenuto precisissimo e molto diverso: stabilire un protocollo sanitario certo e con tempi certi per aiutare le amministrazioni a dare piena applicazione alla sentenza della Consulta senza accumulare ritardi come quelli patiti da “Mario”. Mario, all’anagrafe Federico Carboni, è il tetraplegico marchigiano che è riuscito – prima persona in Italia – a ottenere il suicidio assistito dopo 20 mesi di quello che i radicali chiamano “ostruzionismo sanitario”.

La proposta di legge regionale identifica dunque limiti temporali perentori (venti giorni al massimo) perché gli organi di competenza verifichino il possesso dei requisiti stabiliti dalla Corte Costituzionale e sia garantito ai pazienti l’accesso al suicidio assistito (entro una settimana dalla chiusura della relazione finale dell’Asl incaricata di vagliare la richiesta). Sancisce inoltre che tutte le prestazioni e i trattamenti siano a carico dello Stato.

I radicali puntano sull’Emilia-Romagna a guida Pd

“Pazienti”, “prestazioni”, “trattamenti”, perché per i radicali il suicidio assistito è a tutti gli effetti una «terapia» da erogare «attraverso il sistema sanitario nazionale e quindi attraverso i fondi regionali». Così dicono gli incartamenti depositati a fine dicembre e al vaglio della Consulta di garanzia statutaria nominata dall’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna. Una Regione a guida Pd, con un presidente in campagna per le primarie per il quale i cattolici dem non vogliono rappresentare un problema, e dove è facile immaginare ripongano le maggiori aspettative i Coscioni.

Secondo lo statuto dell’Emilia-Romagna, infatti, ogni proposta di legge di iniziativa popolare deve essere vagliata da una Consulta regionale, formata da cinque membri eletti dai consiglieri e deputati al controllo di tutti gli aspetti formali e di conformità ai regolamenti regionali della richiesta, a partire dalla raccolta firme: 350 quelle necessarie per depositare la proposta già verificate dalla Consulta che ha ascoltato le motivazioni dei promotori e delibererà entro il 23 febbraio.

Castaldini (Fi): «La Regione non è il grimaldello per una legge dello Stato»

Qualora la Consulta non riscontrasse irregolarità procedurali, stabilendo che la materia è di competenza della Regione e la legge conforme alla Costituzione, i Coscioni avranno un mese per raccogliere altre 4.650 firme per portare l’iniziativa legislativa al voto in Consiglio. Dove contano di fare breccia con l’aiuto dell’ala progressista e fare dell’Emilia-Romagna la regione apripista del suicidio assistito in Italia.

Una strategia non priva di limiti lato procedure e conseguenze, spiega a Tempi Valentina Castaldini, consigliere dell’Assemblea legislativa di Forza Italia, la prima a ricostruire l’iter della proposta depositata in viale Moro: «Intanto è a dir poco strano e inusuale che un provvedimento regionale si basi su una sentenza e non su una legge nazionale. La legge non c’è? Non si può utilizzare una Regione come grimaldello per sollecitarne una e nemmeno per modificare i Lea (Livelli essenziali di assistenza): non spetta a noi il compito né possiamo rappresentare lo strumento per spingere una legge dello Stato. Oltretutto su una materia così rilevante e delicata che coinvolge gli esseri umani dal punto di vista medico, psichiatrico, della loro storia personale. Una materia che ha incidenza sulla vita, la società, il destino degli italiani e che non può assolutamente essere normata da un progetto di legge della Regione Emilia-Romagna».

Dalla Lombardia al Piemonte, le sette Regioni scelte dai radicali

L’idea di sostituirsi o precedere il Parlamento non è condivisa nemmeno all’interno della maggioranza, dove il placet della Consulta è dato per scontato e si parla già di durissimo scontro. Nel frattempo, Regione per Regione, avvalendosi dei diversi strumenti di iniziativa popolare, i radicali hanno oliato e avviato la macchina della legge arruolando fin dal mese scorso volontari e autenticatori per la raccolta firme ovunque lo consentano gli Statuti regionali: Abruzzo, Liguria, Lombardia, Piemonte, Toscana e Veneto le regioni candidate con l’Emilia-Romagna a fare da apripista al suicidio assistito in Italia.

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