Storia di Villa Pini, la clinica abruzzese di Vincenzo Angelini
Duecento lavoratori in cassa integrazione in deroga a 500 euro al mese, che però dallo scorso febbraio non arrivano nemmeno più: è la situazione che vivono a Pescara alcuni dipendenti precari della clinica Villa Pini, fatti fuori dall’organico assorbito dalla nuova gestione (il policlinico di Abano Terme di Nicola Petruzzi, gestore ancora provvisorio, finché il prossimo 20 giugno non si terrà l’asta per la vendita di Villa Pini, per la quale Petruzzi ha presentato un’offerta da 16 milioni di euro). Villa Pini è stata per anni il fiore all’occhiello del gruppo di Vincenzo Angelini, prima che questi non ne causasse il crack fraudolento, per cui oggi è sotto processo a Chieti.
SITUAZIONE DRAMMATICA. Il 28 mattina, nella sede della regione Abruzzo a Pescara era previsto un incontro tra un gruppo di precarie e il direttore del servizio Politiche del lavoro, proprio per capire se e cosa si può fare per risolvere il problema della cig interrotta. Pochi minuti prima dell’incontro una donna del gruppetto di dipendenti Villa Pini ha tentato di lanciarsi da una finestra del quinto piano. Fortunatamente è stata immediatamente fermata dalle amiche e da due agenti della Digos. Dopo lo shock, la donna, 63 anni, ha spiegato le ragioni del suo gesto: dopo aver lavorato per più di vent’anni a Villa Clini, prima come assistente socio-sanitaria poi come infermiera, da tre anni la donna era in cassa integrazione. Separata da trent’anni dal marito, e con quattro figli a carico, la donna ha raccontato di non riuscire più a sopravvivere, anche perché invalida al 74 per cento: «Mi hanno fatta fuori dal servizio, quando io lì dentro avevo fatto di tutto. Ho curato le piaghe da decubito, ho fatto persino la becchina. Ma tutto ciò non è bastato. Due dei miei figli vivono una situazione molto difficile, una è rimasta vedova e madre di una ragazza di sedici anni, e vivono in due con 450 euro al mese. Un altro figlio è rimasto disoccupato. Mi chiedono aiuto, ma io non posso aiutarli. A sessantatre anni è meglio che io muoia, mi sono davvero stufata, non ho più voglia di alzarmi dal letto al mattino. Come campiamo io e i miei figli? Mi dicono che dovrei andare alla mensa della Caritas, ma io non voglio. Ho la mia dignità, rivoglio il mio lavoro come era prima».
LE SOMME DISTRATTE DA ANGELINI. Nel processo in corso a Chieti in cui è imputato Vincenzo Angelini per il crack, l’attuale curatrice fallimentare di Villa Pini, Giuseppina Ivone, ha ricostruito quanto emerso, attraverso i documenti bancari e fiscali, in numerose perizie: «Dagli estratti conti, si vede che alcune somme sono state trasferite dalle cliniche del gruppo Angelini, in particolare da Villa Pini, negli anni dal 2005 al 2009, alle mani di Angelini. Abbiamo inoltre ricostruito i prelievi bancari, e il più eclatante è di 200 mila euro in un solo giorno. Ci sono importi di un certo livello che non venivano usati dall’imprenditore per la gestione dell’attività sanitaria ma per acquisti in gioielleria, in tabacchi, in abbigliamento. Acquisti documentati da fatture regolari che consegniamo adesso a questo tribunale. Ci sono poi assegni firmati da Angelini in quanto amministratore della società e girati a lui stesso (sempre per scopi personali, ndr)».
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