L’ultima provocazione pubblicitaria non arriva dalle pagine della moda che in questi giorni riempie i giornali per celebrare la settimana milanese del pret à porter, ma da una categoria merceologica solitamente discreta e distante da un linguaggio diretto e guerrafondaio: lo sport. Abbandonata la regola non scritta del fairplay, la Lega Pallavolo ha scoperto la pubblicità comparativa e ha comprato una bella pagina rosa del più famoso quotidiano tutto dedicato a questo settore, per sferzare un colpo basso – ma pubblicitariamente corretto – al calcio. Visual forte: una carica di poliziotti in uno stadio e un titolo altrettanto forte: “Sei sicuro che questo sia ancora sport”? Nella parte bassa dell’annuncio l’invito sfacciato, degno delle migliori campagne hard-selling: “Cambia gioco, vieni al volley”. Per il calcio e i suoi sostenitori è un bel calcio negli stinchi, che ha fatto male anche ai massimi dirigenti del pallone. Ma perché prendersela tanto? In pubblicità si fanno la guerra da sempre bevande zuccherate, società di autonoleggio, medicinali, senza che nessuno si indigni. In fondo la campagna della Lega Volley svolge anche un’azione sociale contro la violenza negli stadi e, come nelle migliori comparative, non si inventa nulla: la foto del lay-out è un documento storico (Hooligans, Italia-Inghilterra ‘97), una prova schiacciante che non solo rende credibile “la promessa”, ma stimola un dibattito, innalza il livello della comunicazione. Un modo intelligente (e furbo) per creare consenso intorno a un problema (e a un gioco) sapendo rinunciare con decisione alle solite immagini di performance sportive o peggio ancora di testimonial.
Una bella lezione (e siamo solo al primo tempo) per il gigante-calcio. E un invito: che qualche volta, oltre ai piedi, conviene usare anche la testa..