Annette Wievorka ha fatto benissimo a scrivere “Auschwitz spiegato a mia figlia” sull’onda di tanti libri di genitori per i loro figli (“Etica per un figlio”, “Politica per un figlio”, ecc.). Non faccio mia la critica di chi ha obiettato alla suddetta autrice: “È opportuno anticipare questi viaggi nel male?”. Prendo spunto dall’obiezione. I viaggi nel male il bambino li fa indipendentemente da Auschwitz, basta leggere il resoconto che Freud ha fatto della storia di un bambino di cinque anni (“il piccolo Hans”) nato in una buona e affettuosa famiglia, i cui patogeni genitori sarebbero stati capacissimi di scrivere anche loro dei libri per i loro figli. E questi viaggi nel male il bambino li fa fin dai primi mesi, e a volte ne vengono i bambini detti “autistici” magari con genitori piissimi. È il caso di rievocare la realissima frase “Chi è senza peccato…”, quel peccato che fa sì che “i genitori hanno mangiato l’uva acerba e ne sono rimasti legati i denti dei figli”. Ai giorni nostri la peggiore uva, acerba o marcia, è quella di certe frasi con cui alcuni hanno motivato tali libri: “La vita ci viene data senza istruzioni per l’uso”, “Prendi i comandi della tua vita”. Ma questa era proprio l’idea nazista: la vita dei bambini propri e altrui deve essere subito organizzata secondo istruzioni e comandi. Poi viene Auschwitz.
Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994
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