Cosa succede se l’iscariota cade e, come si dice in giro, il nuovo premier dovrà avere anche il consenso di quelli del Family day? I pretendenti si stanno attrezzando. Tant’è che nel cappuccino del suo governo ombra Veltroni ci ha inzuppato il biscotto di ministre Fuci, Acli e Caritas. Per parte sua anche il cattolicissimo Casini ha pucciato la sua brioche udc nelle favelas romane-rumene elogiando l’opera dei missionari cristiani. Fini, invece, che è il candidato di Mieli come sicario di Berlusconi, poco ci crede, ma fa lo stesso la sua porca figura di antemurale delle radici giudeo-cristiane. Perfino Bossi, che tirerebbe una bella linea pagano-celtica lungo il Po, si dichiara devoto al Papa. (Inutile dire che è da quando è nato che il Cavaliere siede alla destra di dio). Tutta questa sfilata di politici per dire cosa? Per dire che se dieci anni fa Carlo De Benedetti si diceva «assolutamente convinto che senza la Repubblica, l’Espresso e i giornali locali del gruppo il centrosinistra non avrebbe mai vinto le elezioni», ora, dieci anni dopo l’Ulivo, siamo al punto in cui la tessera numero 1 del Pd si deve arrendere a un’altra delle sue tragiche premonizioni. Disse infatti l’Ingegnere al Corriere della Sera: «Prodi farà l’amministratore straordinario». E se fallisse? «Sarebbe una tragedia, non ci rimarrebbe altro che un cardinale o un generale». Ci siamo. Lunedì scorso i generali Giuliano Ferrara ed Ernesto Galli Della Loggia, i cardinali Angelo Scola e Camillo Ruini, sono entrati trionfalmente nell’Università Cattolica a Milano. La scusa era la presentazione di un libro dell’ex capo della Cei sulla Chiesa contestata.
In realtà è cominciata la marcia su Roma.
Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994
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