Permane al mondo una strage psichica degli innocenti. Dicendo ai genitori di non “ridurre alla disperazione” i propri figli, San Paolo mostrava di intendersene, di traumi, e del quarto comandamento che, se dice ai figli di “onorare il padre e la madre”, è perché tendono a disonorarli per vendetta. Immagino ora di essere un prete in confessionale, con una donna e madre (ma anche un uomo e padre) che confessa – avendo lei un figlio autistico e schizofrenico – di aver riconosciuto la sua parte attiva, disperante, in tale senso. Che le dirò? Che sono scrupoli? O di andare dallo psicoanalista? Peccherei contro il mio ministero. No: di fronte al peccato riconosciuto e confessato la assolverò. Seguirà penitenza duplice. 1° pregare, sottolineando la sontuosità dell’atto (pregare significa la pretesa di mobilitare l’Altissimo a mio favore); 2° obbedire, ma a rovescio, alla vecchia canzone “Profumi e balocchi”, con la ragione che al bambino piace la mamma bella non la mamma melanconica, e che “bella” significa tale coram populo e, in questo, coram il suo uomo. Così riasserito il sacramento, questa signora potrà anche rivolgersi allo psicoanalista, presso il quale si trattano altri peccati: i peccati d’altri a mio danno (traumi). Per salute – “salus” – non vendetta.
Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994
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