«Dovremmo liberarci dai nostri liberatori». Non ha mezzi termini Gianandrea Gaiani, direttore di analisidifesa.it ed editorialista per numerose testate giornalistiche. La Nato rafforza la sua presenza ai confini della Russia, e il presidente Vladimir Putin risponde con un piano di investimenti in campo missilistico. Chi minaccia chi? E cosa dovrebbe fare l’Europa?
Gaiani, come dovremmo affrontare, noi italiani ed europei, questa rinata contrapposizione tra Oriente e Occidente?
Per il Vecchio continente corre una spaccatura sempre più esasperata che vede, da un lato, l’Europa occidentale, che ha da anni solidi rapporti con la Russia, e dall’altro, angloamericani con l’Europa orientale che, al contrario, vedono i russi e Putin come fumo negli occhi. La posizione angloamericana si è fatta sentire soprattutto in Ucraina durante il “golpe di Maidan”, come io lo definisco, in cui hanno cercato di scavare ulteriormente il solco che separa l’Unione Europea dalla Russia.
Che interesse hanno gli Stati Uniti a dividere l’Unione europea da Mosca?
Da quando l’America è diventata un paese esportatore di energia, non ha fatto altro che rendere instabili tutti gli scenari in cui opera. Pensiamo al Medio oriente e alla Libia: gli Usa destabilizzano, con il nostro consenso più o meno esplicito, tutte le aree dove si producono gas e petrolio. Oro nero che a loro non serve più, ma a noi sì. Non possiamo classificarli solo come “fallimenti” dell’amministrazione Obama, è impossibile che siano tutti dei “casi isolati”; dietro c’è una visione strategica magari non lungimirante, ma sicuramente articolata. Alla fine è lo stesso Obama che gira per l’Europa dicendo che “la Russia è cattiva, il gas ve lo vendo io”, e pazienza se ce lo venderebbe ad un prezzo molto più alto di quello di Putin.
Se la politica estera di Obama può essere riletta in un modo più pragmatico, ai limiti della spregiudicatezza, che ruolo ricopre la Nato nel rinato duello Oriente – Occidente?
La Nato non è stata capace di vincere contro i talebani ma può essere utile per provocare la Russia in casa sua. Putin non ha alcun interesse ad invadere militarmente i paesi baltici, neppure ad annettersi Kiev, ma ha la piena consapevolezza che nessun paese europeo, tanto meno gli Stati Uniti, sia intenzionato a perdere un solo uomo per l’Ucraina. È una grande partita a poker fatta di rilanci continui con due grandi bluff di fondo: il rinnovato impegno militare americano nel Baltico (una sola brigata ancora da schierare) e la potenza offensiva russa, entrambi ridimensionabili al ribasso.
A chi conviene tenere sempre alto il livello della tensione in Europa?
Preso atto che nessuno in Europa come in Russia cerchi pretesti per una guerra, ad oggi le forze armate europee sono nettamente più avanzate di quelle russe. Le crescenti pressioni internazionali hanno però spinto la Russia ad un aumento delle spese militari (che sono, comunque, un sesto di quelle americane) che, unite alla morsa delle sanzioni commerciali e ad un prezzo del petrolio insostenibile per Mosca, nel lungo periodo tentano di stringere in una morsa l’economia russa. Tutto ciò risponde ad un unico disegno: spezzare gli interessi energetici che legavano una forte economia consumatrice di energia come quella europea, ad un paese produttore come la Russia.
Come pensa andrà a finire? Torneranno in auge vecchi ordini costituiti o assisteremo a un ridisegno delle strategie internazionali?
L’attuale strategia della tensione rischia di “allontanare le due sponde dell’Atlantico”, perché è innegabile che tra noi e gli Stati Uniti ci sia soprattutto una diversità di interessi, oltre che di visione. Appena il clamore dello show che è stato messo in piedi dall’Ucraina agli altri fronti caldi si attenuerà, ci renderemo conto di chi effettivamente stia mischiando le carte di questa estenuante partita.
Foto Putin Obama da Shutterstock