Dunque, sono un italiano che sta in pizzeria piuttosto che su un divano, in salotto, davanti lo show di Piazza Pulita. Però sono anche un giornalista. E allora quando ricevo l’informazione che “Berlusconi ne ha fatta un’altra”, vado sul corriere.it e trovo l’anticipazione dell’impepata della serata formigliana.
Ascolto quello che mi viene inizialmente presentato (e subito rilanciato da tutte le agenzie stampa) come un “fuori onda” tra Berlusconi e un non ben identificato parlamentare del centrodestra. In realtà, dall’anticipazione del corriere.it colgo subito che si tratta di una telefonata e mi sembra di riconoscere anche chi è al telefono col Cavaliere.
Il quale confida a costui una personale e scandalosa convinzione. E cioè che «mi hanno detto» che il capo avrebbe brigato per ottenere dalla Cassazione la conferma della condanna a 500 milioni di risarcimento a De Benedetti per il famigerato caso del Lodo Mondadori.
La notizia fa in breve il giro delle redazioni, mentre il presidente Giorgio Napolitano si affretta a denunciare in una nota quella che definisce una «delirante diffamazione». Tutto chiaro? Tutto lineare? Mica tanto. E infatti pare che sia partita una denuncia contro la trasmissione.
Infatti c’è un particolare che non torna: perché parlano di dichiarazione “fuori onda”, come se Berlusconi avesse pronunciato quelle frasi contro Napolitano in margine a un dibattito televisivo o comunque in un contesto pubblico, quando invece è chiaro che si tratta di una telefonata privata, messa in viva voce, registrata e poi trasmessa a Piazza Pulita?
A notte fonda sui siti e il giorno dopo nella cronaca scandalizzata dei giornali troveremo questa spiegazione: sì, in effetti si tratta di una telefonata. Una telefonata che è stata “carpita” e resa nota perché, guarda caso, l’interlocutore di Berlusconi proprio in quel momento si trovava a registrare un’intervista con un inviato di Piazza Pulita. Fortunatissima coincidenza. Ma che non cambia la sostanza della vicenda.
Ricordate la storia delle intercettazioni Mancino-Napolitano? Ricordate le polemiche tra chi voleva fossero persino pubblicate (oltre che utilizzate nel processo Stato-mafia) e la conclusione a cui pervenne la Cassazione dopo un durissimo scontro tra Quirinale, Procura di Palermo e giornali filo procura palermitana?
La Cassazione ordinò sia la distruzione di quelle telefonate private, sia il divieto assoluto di renderle pubbliche. Già, anche il capo dello Stato ha il diritto ad essere tutelato per Costituzione nelle sua privacy e perfino nel caso in cui le sue telefonate private abbiano rilievo a detta dell’autorità giudiziaria (guarentigia che non è concessa a nessun altro cittadino, e a ragione, perché a ragione la legge non può essere uguale per tutti). Perché con la telefonata privata di Berlusconi non è scattata la stessa precauzione?
Infatti, nella vicenda del presunto “delirio” telefonico berlusconiano i casi sono due e tertium non datur: o Berlusconi era d’accordo col suo interlocutore telefonico per giocare di sponda, dunque la telefonata era una messinscena con l’obiettivo di essere spesa in pubblico, oppure è un caso manuale di privacy “venduta” per un piatto di cipolle da circo mediatico.
Comunque siano andate le cose, resta una domanda: ma se non è un fuori onda ed è invece una telefonata, non importa se “messa inscena” o “carpita”, perché un presidente della Repubblica si lascia trascinare nella polemica? Perché si mette a replicare a un’illazione-registrazione messa in viva voce ed emersa in una comunicazione privata tra due liberi cittadini? Ricordate il caso della telefonata della Zanzara a Valerio Onida? Anche se quel caso uno degli interlocutori era un operatore dei media – quindi il rischio di un uso pubblico della telefonata era altamente probabile – giustamente l’ex presidente emerito della Corte Costituzionale se ne rammaricò, evitò la querela, ma dichiarò che «quella telefonata non poteva essere diffusa».
Tanto più, un Presidente che conosce bene la Costituzione sa che, sia stata una telefonata rubata oppure “organizzata”, non esiste che si possa discutere e commentare conversazioni avvenute a livello privato. E questo per la semplice e chiara ragione che la Costituzione impone rispetto della “libertà e segretezza” delle comunicazioni.
Dunque, da tutore apicale della Costituzione, il presidente della Repubblica avrebbe dovuto esprimere meraviglia e dispetto per l’uso pubblico di confidenze private. Ripeto: fosse un siparietto organizzato ad arte o, tanto peggio, fosse una ”telefonata rubata”, un presidente della Repubblica non si abbassa al circo dei pagliacci o degli spioni.
Un Presidente della Repubblica dichiara irricevibili e incommentabili dichiarazioni rese nel privato di una privata conversazione telefonica. Non solo. Nel caso di “telefonata rubata” o comunque “orchestrata”, poiché da nessuna parte si è letto che Berlusconi ha espressamente autorizzato l’interlocutore a rendere noto la registrazione della sua conversazione con lui, il presidente della Repubblica alza la cornetta e denuncia all’autorità giudiziaria una possibile violazione della legge che tutela riservatezza e segretezza delle comunicazioni tra cittadini. Poi sarà un tribunale che dovrà stabilire se è legale registrare una telefonata che ricevo e diffonderla anche all’insaputa di chi mi telefona. In punto di diritto sembra che ciò sia possibile, anche se io poi posso rivalermi in sede civile della diffusione, poniamo, di una telefonata in cui do del cornuto al mio vicino di casa addentrandomi nei particolari della vicenda e facendo nome e cognomi dei cornificati e dei cornificanti. Però che razza di “eticità” c’è in una pratica di origliamento, diffusione e commento pubblico di telefonate private?
Oltre al porblema di “eticità”, un Presidente della Repubblica non sa che, secondo l’articolo 15 della Costituzione, «la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili»? Un Presidente della Repubblica non dovrebbe richiamarci costantemente certe fondamentali regole di civiltà democratica e costituzionale, anche se certi cavilli giuridici vengono poi utilizzati per aggirarle? No. Napolitano prende e dichiara all’universo mondo come se le dichiarazioni di Berlusconi fossero state rese in pubblico e per ragioni pubbliche.
Una ingenuità? Impossibile. Napolitano conosce troppo bene la Costituzione e le regole di civiltà democratica sottese a un principio (all’articolo 15 della Costituzione) che, anche se formalmente aggirabile, andrebbe difeso a spada tratta da un Capo dello Stato. Dunque, se nell’ansia di commentare e drammatizzare il già ansioso e drammatico quadro politico il Presidente si è per un attimo dimenticato tutte queste cose, ciò accade forse per un’altra ragione.
Il cittadino elettore si chieda quale può essere questa “altra” ragione. E, soprattutto, si si chieda quanta “responsabilità” e “auspicio di stabilità” vi possa essere a discutere in piazza le opinioni più o meno deliranti che qualunque libero cittadino elettore può esprimere privatamente al telefono senza per questo doverne dar conto al Capo dello Stato. E a un regime mediatico tutto mobilitato a far quadrato intorno al partito “Letta-Napolitano” e a far passare per “pazzi” e “irresponsabili” il leader e seguaci di un partito che vogliono le elezioni. Da quando in qua in democrazia – giusto o sbagliato che sia, responsabile o irresponsabile si ritenga che sia – chiedere le elezioni, battersi perché venga restituita la parola al popolo, è un’azione “eversiva”?