Papa Francesco è giunto alla seconda tappa del suo pellegrinaggio in Terra Santa. Dalla Giordania si è spostato a Betlemme e, nel luogo di nascita di Gesù, il Pontefice ha incontrato le autorità palestinesi, fra cui il presidente Abu Mazen. «È giunto il momento per tutti – ha detto il Papa, parlando di Israele e Palestina – di avere il coraggio della generosità e della creatività al servizio del bene, il coraggio della pace, che poggia sul riconoscimento da parte di tutti del diritto di due Stati ad esistere e a godere di pace e sicurezza entro confini internazionalmente riconosciuti».
I BAMBINI SONO UN SEGNO. Dopo l’incontro con le autorità palestinesi, a Betlemme, il Papa ha tenuto la messa davanti a novemila persone, nella piazza della Mangiatoia. «Il Bambino Gesù, nato a Betlemme, è il segno dato da Dio a chi attendeva la salvezza, e rimane per sempre il segno della tenerezza di Dio e della sua presenza nel mondo», ha detto Francesco. Proprio sui bambini il Papa ha incentrato la sua omelia. «Anche oggi – ha detto Francesco – i bambini sono un segno. Segno di speranza, segno di vita, ma anche segno ‘diagnostico’ per capire lo stato di salute di una famiglia, di una società, del mondo intero». «Quando i bambini sono accolti, amati, custoditi, tutelati, la famiglia è sana, la società migliora, il mondo è più umano», ha proseguito il Pontefice.
CHI SIAMO DI FRONTE AL BAMBINO GESÙ? Papa Francesco ha quindi affermato: «Il Bambino di Betlemme è fragile, come tutti i neonati – ha continuato il Papa – Non sa parlare, eppure è la Parola che si è fatta carne, venuta a cambiare il cuore e la vita degli uomini». «Quel Bambino, come ogni bambino, è debole e ha bisogno di essere aiutato e protetto. Anche oggi i bambini hanno bisogno di essere accolti e difesi, fin dal grembo materno», ha detto Francesco, ricordando i bambini sfruttati nel mondo e che muoiono nelle tragedie dell’immigrazione. Il Papa ha poi esortato i fedeli a porsi delle domande: «Chi siamo noi davanti a Gesù Bambino? Chi siamo noi davanti ai bambini di oggi? Siamo come Maria e Giuseppe, che accolgono Gesù e se ne prendono cura con amore materno e paterno? O siamo come Erode, che vuole eliminarlo? Siamo come i pastori, che vanno in fretta, si inginocchiano per adorarlo e offrono i loro umili doni? Oppure siamo indifferenti? Siamo forse retorici e pietisti, persone che sfruttano le immagini dei bambini poveri a scopo di lucro? Siamo capaci di stare accanto a loro, di “perdere tempo” con loro? Sappiamo ascoltarli, custodirli, pregare per loro e con loro? O li trascuriamo, per occuparci dei nostri interessi?».
BAMBINI SEGNO DIAGNOSTICO. Papa Francesco ha proseguito: «“Questo per voi il segno”: troverete un bambino. Il Bambino Gesù nato a Betlemme, ogni bambino che nasce e cresce in ogni parte del mondo, è segno diagnostico, che ci permette di verificare lo stato di salute della nostra famiglia, della nostra comunità, della nostra nazione». «Da questa diagnosi schietta e onesta – ha concluso il Papa – può scaturire uno stile nuovo di vita, dove i rapporti non siano più di conflitto, di sopraffazione, di consumismo, ma siano rapporti di fraternità, di perdono e riconciliazione, di condivisione e di amore».