In Pakistan una denuncia per estorsione si è trasformata in un processo per blasfemia, che ha portato alla condanna a morte di tre persone: due cristiani e un musulmano. Il primo, Anjum Naz Sindhu, è rettore cattolico di un grande stabilimento scolastico di Gujranwala, gli altri due, Javed Naz (cristiano) e Jaffar Ali (musulmano), sono insegnanti di musica.
ESTORSIONE. Tutto è cominciato quando Sindhu ha licenziato il cristiano Naz per aver trafugato e distribuito in modo illecito le copie riservate degli esami. Questo, con l’aiuto del collega musulmano Ali, si è vendicato del rettore ingiungendo di versargli 20 mila rupie (171 euro) e minacciandolo, in caso di mancato pagamento, di diffondere un audio nel quale il rettore pronuncerebbe frasi blasfeme.
TRE ARRESTI PER BLASFEMIA. Sindhu ha deciso di pagare la prima somma perché, come rivela un parente, «aveva paura di morire insieme ai suoi cari, sapendo che in Pakistan per blasfemia si può essere condannati a morte anche senza prove». Ma quando l’insegnante è tornato chiedendogli altre 50 mila rupie (428 euro), ha deciso di denunciare il tentativo di estorsione. La polizia dapprima ha arrestato i due insegnanti, recuperando la somma estorta, poi dopo aver sequestrato l’audio nel telefonino degli insegnanti ha denunciato tutti e tre per blasfemia. Il rettore per aver pronunciato frasi blasfeme e gli insegnanti per aver conservato frasi blasfeme sul telefonino.
«FALLE NEL PROCESSO». I tre sono stati tutti condannati a morte dal tribunale militare antiterrorismo di Gujranwala. I due insegnanti, inoltre, hanno ricevuto un’ulteriore condanna a 35 anni per estorsione e a pagare un’ammenda di 800 mila rupie (6.850 euro). L’avvocato del rettore, Arif Goraya, ha protestato per la sentenza: «Gli studenti a cui il mio assistito avrebbe ripetuto le frasi blasfeme non sono stati ammessi come testimoni. Durante la requisitoria, ho fatto notare più volte che non esiste alcuna prova diretta delle accuse fatte al mio cliente e che nell’inchiesta ci sono numerose falle». Ad esempio, aggiunge, siccome l’islam proibisce di ascoltare proposizioni blasfeme, nessuno fino ad ora ha mai ascoltato l’audio incriminato per verificare la blasfemia. Un perito esterno ha trascritto l’audio, aggiungendo però che non era in grado di stabilire se la voce fosse quella dell’imputato.
«BENVOLUTO DA CRISTIANI E MUSULMANI». Asif Sindhu ha dichiarato a Église d’Asie che le accuse sono tutte false e che se il fratello è andato alla polizia a denunciare l’estorsione è solo perché era conscio di non essere colpevole di blasfemia: «Mio fratello è al servizio della città da una ventina d’anni, le sue scuole accolgono 2.000 studenti ed è benvoluto da cristiani e musulmani. Lui ha denunciato un’estorsione e invece che essere difeso dalla giustizia viene condannato a morte per un’accusa falsa di blasfemia. Con che tipo di giustizia dobbiamo avere a che fare?».
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