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Padre Aldo Trento incontra papa Francesco. «Io povero e vecchio peccatore a Messa con il vicario di Cristo»

È stato tanto inatteso che nel mio parlare mi sono confuso e l’ho chiamato “Eminenza” invece di Santo Padre. Mi ha chiesto di far pregare i bambini delle casette per lui. Lui pregherà per loro

Aldo Trento
20/04/2013 - 6:30
Chiesa
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«Padre, Cristo ti chiede tutto», mi ha detto per telefono un sacerdote amico. Era una domenica di dicembre e, al mattino molto presto, stavo per alzarmi per prepararmi alla celebrazione della Santa Messa. Ma una sorpresa mi ha lasciato schiacciato per alcuni minuti. Le gambe erano rimaste come paralizzate. Ho tentato lo stesso di uscire dal letto ma il dolore in entrambi gli arti era diventato umanamente insopportabile. Inoltre, in casa non c’era nessuno. L’unica cosa che sono stato in grado di dire è stato: «Dio mio vieni a salvarmi. Signore vieni presto in mio aiuto». Ancora una volta mi sono reso conto del niente che sono e della potenza misericordiosa di Dio. Da quel giorno riesco a muovermi pian pianino, come un vecchio di 80 anni. Sono stati mesi difficili sia per l’assenza di padre Paolino, sia per la mia impotenza fisica. Una vita passata correndo, cercando l’Infinito e ora sono come una mosca schiacciata che ha bisogno di tutto e di tutti. Un’esperienza dolorosa e, nello stesso tempo, una grazia. La grazia di desiderare veramente che le parole dell’amico sacerdote diventassero carne. Una carne che grida tutto il mio niente e tutta la Sua misericordia.
È stato necessario molto tempo e la compagnia di alcuni amici per riconoscere in quello che sto vivendo la presenza del Signore. Sto godendo di una grande pace, quella pace inspiegabile senza la grazia divina e che permette una sola cosa: vivere e stare in ogni istante davanti al Mistero. Vivendo la realtà nelle circostanze di ogni giorno, percepisco la presenza di Dio che continua a dirmi: «È arrivato il momento in cui il tuo unico compito è quello di vivere totalmente per Me». Questa certezza è il dono che sto vivendo in questo tempo. Quante volte al giorno mi passano per la testa le domande di santa Caterina da Siena al Signore: «Chi sono io e chi sei Tu?». Rispondere con le parole della santa esige un lungo cammino verso la purificazione, dove ciascuno sente nella propria carne il niente che è e il tutto che è Cristo.
In questi mesi mi accompagna una certezza grande, la certezza che non c’è dolore o limite che siano superiori alla grazia che il Signore mi dona. Ci sono momenti nei quali la tentazione di scappare dalla mia casa, con l’illusione di lasciarmi alle spalle il dolore, si fa sentire particolarmente forte. E sono questi momenti di oscurità che spingono la mia libertà a gridare «Signore vieni presto in mio aiuto».
L’esperienza del gridare di fronte alla certezza che Egli vive, che Egli è al mio fianco e che quello che accade è la cosa migliore per me, mi sostiene e mi permette di abbracciare quelli che, per il mondo, sono rifiuti.

L’Avvenimento imprevisto
Sono appena tornato dall’Italia. Nell’ultima settimana un Avvenimento, un imprevisto, è entrato nella mia vita. Un giovedì mattina, alle 7, ho potuto concelebrare la Santa Messa in compagnia del Santo Padre. E, una volta finita la Messa, il regalo di potergli parlare alcuni minuti. È stato tutto tanto inatteso che nel mio parlare col Vicario di Cristo mi sono confuso chiamandolo “Eminenza” invece di Santo Padre. Sono stati momenti molto intensi, durante i quali ho potuto parlargli di quello che il Signore mi ha chiamato a vivere in Paraguay. Lui mi ha ascoltato e, guardandomi con occhi grandi e profondi, mi ha chiesto che i bambini delle casette di Betlemme preghino per lui, mentre lui da parte sua, pregherà per loro.
Che commozione! Che imprevisto! Dentro la situazione che sto vivendo, il Mistero si manifesta mostrandomi una volta di più la sua inesorabile presenza che sempre mi accompagna. Poche parole, ma i suoi occhi e le sue grandi mani mi hanno comunicato la gioia della fede che sta all’origine di quello che esiste in San Rafael, ad Asunción, in Paraguay. Una volta ancora ho potuto vedere la misericordia divina in azione e la bellezza di un uomo innamorato di Cristo. La sua affabilità, come la sua semplicità umana, descrivono la centralità di Cristo nella sua vita. Il compito che ho portato con me in Paraguay è stato quello di vivere più intensamente la mia relazione con la realtà, con Cristo.
Questa tenerezza e questa semplicità stanno già dando tanti frutti alla Chiesa. Persone che tornano a chiedere l’aiuto della Chiesa, ricominciano a confessarsi e ad andare alla Santa Messa come modalità di vivere la propria appartenenza a Cristo. I miei malati erano commossi quando ho consegnato loro un santino col viso di papa Francesco e non smettevano di ringraziarmi.

L’offerta del nostro dolore
La clinica “Casa Divina Provvidenza San Ricardo Pampuri” esiste come un’offerta a Cristo del dolore di ogni paziente, affinché il Santo Padre guidi in forza, chiarezza e amore noi che apparteniamo al suo gregge. E perché noi prendiamo sul serio la provocazione di papa Francesco di andare per le strade annunciando Cristo. Guardandolo, mi sono reso conto che nel suo modo di vivere, di testimoniare, ci sta già educando, indicandoci che la strada verso Cristo è l’uomo. In modo particolare quelli che soffrono. Mentre gli parlavo dei malati terminali che condividono con noi la vita, il suo viso si illuminava. In papa Francesco la passione per l’uomo coincide con la passione per Cristo e la passione per Cristo coincide con la passione per l’uomo.
In realtà tanto per me quanto per l’amico sacerdote che mi accompagnava, questo incontro è stato una grande grazia in un momento della nostra vita nel quale Cristo chiede tutto. Durante i 24 anni di missione in Paraguay, la mia relazione con Cristo è diventata un amore grande verso me stesso e verso gli altri. Non esiste opera in questa proprietà che non sia il frutto di un peccatore afferrato da Cristo. Sono stati anni belli dove ho sperimentato la bellezza della fede vissuta come esperienza quotidiana. Tuttavia, con quello che sto vivendo, Cristo mi ha chiesto qualcosa di più: vivere completamente consacrato a Lui. La grazia di incontrare personalmente il Santo Padre è stata un grande conforto, come il giorno in cui incontrai il Servo di Dio monsignor Luigi Giussani.
Grazie Santità, perché ci ha dato, fino ad accogliere la domanda di poter concelebrare la Messa con la sua persona, un chiaro esempio di quello che è la carità. La carità piena di misericordia che ci richiede continuamente. Questo piccolo quartiere d’accoglienza delle persone più bisognose, evidenzia concretamente il significato della parola misericordia. Per questo ogni volta che qualcuno bussa alla porta di quest’opera, trova sempre, dentro tutti i limiti, qualcuno che l’abbraccia.
Abbiamo seguito un Papa che ci ha testimoniato la bellezza della fede e la sua ragionevolezza. Ora seguiamo un Papa che ci testimonia la bellezza della carità e della speranza.
[email protected]

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