Lettere dalla fine del mondo

Che meraviglia il corpo umano, ha sempre i tratti del divino che lo abita. Anche quello dei miei malati

Appena uscito dall’aeroporto di Malpensa mi sono imbattuto nella stupenda vista della catena del Monte Rosa e sono rimasto ammirato di una tale evidente bellezza. Tra me e il panorama un folto gruppo di fratelli musulmani, uomini e donne, totalmente coperti coi loro tipici vestiti, come a voler nascondere, quasi fosse qualcosa di cui vergognarsi, il loro corpo. Ho subito pensato a come per me e per la mia storia, il corpo ha sempre rappresentato un motivo di stupore tanto è meraviglioso se osservato con serietà. Prendo dalla tasca un euro. Se guardo infatti alla caratterizzazione dell’euro “italiano” vedo come nella nostra cultura, il corpo umano è da sempre un tema privilegiato per il disegno, la pittura e la fotografia. Leonardo da Vinci è stato un grande studioso del corpo e una delle sue opere più importanti è l’Uomo vitruviano. L’Uomo vitruviano di Leonardo ricordo che fu scelto da Carlo Azeglio Ciampi, all’epoca ministro dell’Economia, per comparire proprio sulle monete da 1 euro italiane.

Mi vengono in mente le grandi pitture e sculture del Caravaggio, di Michelangelo, (la meravigliosa Cappella Sistina dove viene esaltato il corpo umano in modo straordinario) e di tutti i grandi artisti che hanno saputo rappresentare e valorizzare con stupore e ammirazione il corpo. Penso ad esempio ai dipinti e alle statue della Madonna in particolare del Rinascimento, un periodo nel quale la percezione del Mistero diventa più “carnale”, dove la madre di Dio viene raffigurata non solo nell’espressione di un viso dolce, certo e lieto ma anche in una “corposità” piena e affascinante, una vera femminilità che mi fa scoprire la genialità di Dio nell’aver pensato al corpo così. Come documentano le bellissime statue del David di Donatello a Firenze e di tutte le principali città italiane, la nudità del corpo è stata motivo di meravigliata osservazione e non come accade oggi, oggetto di malizia e mercificazione.

Il corpo umano, diceva un asceta di alcuni secoli or sono, è un “letamaio coperto di candida neve”. Stando coi miei malati della Clinica San Riccardo Pampuri ho constatato che questa definizione del corpo umano è completamente falsa. Il dolore e la malattia anche quando “sfigurano” il corpo, in realtà e paradossalmente, esaltano i tratti inconfondibili del divino che abitano in esso. Che impressione, ad esempio, mi fa il sistema nervoso che permette le espressioni di gioia e dolore; quando mi accosto a un mio malato grave e vedo che si sforza di comunicare con me con movimenti lenti delle braccia e del viso, eppure potentemente espressivi, comunicandomi una bellezza neppure immaginata. E tutto è pilotato da questa materia grigia, il cervello, che “comanda” i movimenti degli arti e qualsiasi gesto destato dall’impatto con la realtà e dalla risposta della nostra libertà. Il corpo è realmente il “tempio dello Spirito”, è l’unità tra la materia e lo Spirito. Come non commuovermi pensando a quella ragazza di 16 anni, al versetto che c’è nel Te Deum “Non horruisti Virginis uterum” (non hai disdegnato il ventre di una Vergine) vale a dire: Dio, il Mistero infinito, non ha avuto vergogna di venire all’uomo implicandosi nelle viscere di una donna; in Maria, Dio stesso si feconda e diventa un “grumo di cellule”, un corpo. Che grande impressione questa fisicità di Dio che riconosco sempre di più nella mia vita e che lui stesso ha creato, sempre reperibile nella Chiesa, il Suo corpo, il corpo di Cristo.

aldo-trento“Avevo fame e mi hai dato da mangiare, avevo sete e mi hai dato da bere, ero nudo e mi hai dato dei vestiti, ero malato ed in prigione e sei venuto a trovarmi”; “Quando Signore ho fatto questo?”, ed il Re risponderà loro: “Quando lo avete fatto anche per l’ultimo di questi miei fratelli, lo avete fatto a me! Venite, benedetti da mio Padre, entrate nel Regno preparato per voi fin dall’inizio del mondo”. Gesù si identifica totalmente con ogni uomo: com’è commovente questa “equazione”, questo mescolarsi di Dio con te e me, ma è la sola ragione che spiega come Cristo sia Dio, tutto in tutti. La genialità dei cinque sensi che ci permettono di vivere e di gustare la realtà: il bere e il mangiare, il vestirsi, l’udire, il toccare, il vedere; tutta questa fisicità nel Vangelo è espressiva proprio del divino.

Nella prima lettera ai Corinzi Paolo ci ricorda: «È necessario infatti che questo corpo corruttibile si vesta di incorruttibilità e questo corpo mortale si vesta di immortalità. Quando poi questo corpo corruttibile si sarà vestito d’incorruttibilità e questo corpo mortale d’immortalità, si compirà la parola della Scrittura: la morte è stata ingoiata per la vittoria». E come è bello che sempre Paolo ci dica quale sarà l’esito di una vita piena e vera, e cioè che siamo stati pensati come una grandissima sinfonia, un’orchestra in un unico corpo musicale con un solo e grande Maestro. «… Molte sono le membra, ma uno solo è il corpo. Non può l’occhio dire alla mano: “Non ho bisogno di te”; né la testa ai piedi: “Non ho bisogno di voi”. Anzi quelle membra del corpo che sembrano più deboli sono più necessarie; e quelle parti del corpo che riteniamo meno onorevoli le circondiamo di maggior rispetto, e quelle indecorose sono trattate con maggior decenza, mentre quelle decenti non ne hanno bisogno. Ma Dio ha composto il corpo, conferendo maggior onore a ciò che ne mancava, perché non vi fosse disunione nel corpo, ma anzi le varie membra avessero cura le une delle altre. Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui. Ora voi siete corpo di Cristo e sue membra, ciascuno per la sua parte».

Che bello notare che la vera struttura della realtà pensata dal Mistero perché si compia la vita di ognuno, faccia riferimento al “corpo”, alla sua bellezza e complessità eppure all’unità totale, con e in Cristo. È per questa certezza, per questo esito finale che posso stare davanti a ogni uomo che incontro sicuro che nulla sarà perso di lui, compreso il suo corpo. «Tutto, Signor, fuorché l’eterno, al mondo è vano» scriveva Fogazzaro. E il carissimo don Giussani all’amico Angelo Maio in occasione del suo compleanno, così si rivolgeva: «Immagini se tu non fossi nato, quale meravigliosa cosa di meno ci sarebbe al mondo? Una meravigliosa cosa che c’è perché è tutta un dono. Il compleanno è il giorno in cui fisicamente si sente l’amore di Dio che ci ha fatti, potendoci non fare: prior dilexit nos, ci si sente fatti, con stupore». E ancora: «Nell’affezione a sé, nell’attaccamento a se stessi, originale, c’è affermata la sorpresa di non essersi fatti da sé, lo stupore di questa oggettività che è il mio soggetto, corpo e anima, la meraviglia di questa cosa che chiamo “io”».

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48/2012

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