

Capocollo della Norcineria dei Barbi che stai nel frigo e mi guardi mogio, non disperare, ma dammi oggi la tua fetta quotidiana. Non ti butto, non do retta all’ultimo bollettino scientifico (?), che come un avviso di garanzia viene usato a mo’ di clava per colpire persone, affetti e imprese, sostenuto dal solito, prono processo mediatico. E infatti i media, come con i brogliacci delle procure, riproducono pedissequamente come se si trattasse del profeta Isaia («insaccati e carne rossa fanno venire il cancro»), senza investigare, senza chiosare, senza separare il grano dal loglio. E, cari colleghi, anche voi avete la vostra non irrilevante responsabilità nel provocare tensione e imbarazzo. Pure a me un momento di inquietudine riescono a provocarlo. Cioè riescono a rovinarmi per cinque minuti la giornata. Cinque eh, forse anche meno.
Perché a me, di abbandonare il capocollo e tutti i suoi fratelli che gli tengono compagnia sul ripiano del frigo, non mi è passato neanche per un istante nell’anticamera del palato. Del resto, da quando faccio parte del rutilante mondo dell’informazione e lo seguo stabilmente, cioè da circa trentacinque anni, ho letto, visto e sentito di tutto. Mirare alto, sparare la cazzata e poi fare finta di niente fino alla prossima e chissenefrega se è il contrario della precedente: dai broccoletti con virtù taumaturgiche al pomodoro che è stato buono, cattivo, pessimo, condannato, riabilitato; per non parlare del cioccolato che prima fa male, poi no; prima fa ingrassare, poi no. Ho perso il conto.
Quando è esplosa questa faccenda degli insaccati e della carne rossa nocivi per la salute, ero appena tornato dal mio amico Sergio Motta a Bellinzago, dove mi ero scofanato quel chilo e mezzo di tagli pregiati di razza piemontese poi, siccome il Motta è generoso e nelle porzioni di ciccia aveva abbondato, avevo chiesto gentilmente (se non me lo incartavano velocemente sarei stato meno gentile) il doggy bag. Il Sergio, di suo, ci ha aggiunto un salame e un pezzo di bresaola di punta d’anca che mi ha tagliato, lì sul bancone, con la maestria del grande artigiano che sempre m’affascina. Uno zucchero. «Puzza», ha detto mio figlio. «Profuma, giovinastro», gli ho intimato io. «Hai da crescere e tanto». La bresaola sta lì, nel frigo, a far compagnia al capocollo che poi sarebbe quella che noi a Nord dell’Appennino tosco-emiliano chiamiamo coppa. La coppa è un prosciutto che vuole essere casual, vista dall’alto, o un salame che è scappato di casa e si è messo in testa un’idea meravigliosa, visto dal basso. La coppa non se la tira, possiede una dolcezza particolare, una venatura sentimentale, un equilibrio stordente tra grasso e magro. Un suo stile inconfondibile, anche se in ogni regione è diversa. In assoluto è il salume che amo di più.
Quando ero giovane e avevo il fisico, facevo sempre uno “spuntino” a metà pomeriggio, abbandonando l’ufficio del Giornale di Montanelli dove lavoravo allora. Milano e le sue grigitudini sconfinate non mi affascinavano come adesso e quindi cercavo un rifugio, un palliativo che ammorbidisse la mia malinconia di ligure fuori sede. Le donne non mi correvano dietro come adesso e quindi, per consolarmi, affondavo i denti in un panino: coppa e formaggio. Il secondo variava, la prima mai. Ho assaggiato coppe e capocolli dall’Alpe a Santa Maria di Leuca, ma resto affezionato alla Coppa di Piacenza, in generale, e al Capocollo di Martina Franca soprattutto quello di Santoro, da maiali della Valle d’Itria (e qualcosa di nazionale), in particolare. Lo assaggiai in un’estate di vacanza in Salento. Un’esperienza mistica. Quell’anno (2011) lo decretai prodotto dell’anno.
Ecco perché, quando è arrivata questa notizia, ho pensato bene di affettarmi un po’ di quella bresaola, che, tra l’altro, non è neanche un insaccato in senso stretto, però quelle bestie dell’Organizzazione mondiale della sanità sicuramente troverebbero da ridire pure su questa. Comunque, ormai quello che ho mangiato in questi decenni o mi mette al riparo da ogni pericolo, una sorta di mitridatizzazione, oppure mi sono spinto talmente oltre che non c’è più nulla da fare. Se, come dicono questi fenomeni, è come fumare due sigarette al giorno, allora il conto è andato. Mi tocco in ogni caso e intono la litania anti-iella cara a Totò e Peppino: aglio e fravaglio fattura ca non guaglio, corna e bicorno, capalice e capadaglio (non è capodoglio correttore automatico dei miei stivali).
In ogni caso, invece di dire queste sciocchezze, bastava semplicemente ribadire, come tutti sanno, che il problema riguarda la qualità, che deve essere somma, e la quantità, che deve essere modica. Eh, la fate facile. Quando i dietologi, bastardi, al primo incontro, mi chiedevano di indicare i cibi che amavo di più io rispondevo, ingenuo, fiducioso e onesto: salumi e formaggi. Me li toglievano subito, ovviamente, gli infami. Adesso mi sono fatto furbo e dico l’anguilla, il pesce in carpione e la pizza vegana. Non abboccano, però almeno li disoriento per qualche istante.
Insomma, ho passato la mia esistenza a darci dentro con coltelli e affettatrici ma soprattutto a rendermi conto di come la Nobile Arte della Norcineria in Italia sta al pari delle grandi arti visive, letterarie, cinematografiche per cui questo disastrato paese è famoso nel mondo. I culatelli di Massimo Spigaroli sono opere d’arte. Nel suo regno, all’Antica Corte Pallavicina, accanto all’argine del Po parmense, Spigaroli ha creato la cripta dei culatelli, che è un po’ la Cappella Sistina dell’insaccato. O scienziati dei miei budelli (ma non quelli per insaccare queste bontà), fateci un giro, rifatevi gli occhi. Qua sotto, mentre al piano di sopra tirano la sfoglia per i tortelli di erbette alla parmigiana e cuociono nella creta del Po la faraona ricoperta di culatello, da accompagnare con le primizie dell’orto di famiglia, questi splendidi salumi stanno appesi al soffitto e ai muri, a formare una sorta di affresco gustoso e come turiboli sono pronti per celebrare la grandezza dell’arte gastronomica italiana. Se ne ordinate uno, quando andate a visitarlo, potreste trovarlo che stagiona, sereno, accanto a quelli destinati al principe Carlo d’Inghilterra, ad Alain Ducasse, a Fernando Alonso. Senza distinzioni, democraticamente buono il vostro come il loro. Il grande Paul Bocuse, l’inventore della Nouvelle cuisine francese, o comunque quello grazie a cui esiste un prima e un dopo, come Gualtiero Marchesi da noi, venne festeggiato nel 2007 dai più grandi cuochi italiani riuniti nell’associazione delle Soste con una grande festa nella monumentale cantina Ca’ del Bosco in Franciacorta.
Ebbene, il grande Paul, che ho avuto la fortuna di conoscere sedendomi più volte alla sua tavola imbandita a Collonges-au-Mont-d’Or, nel palazzetto alle porte di Lione dove si va in pellegrinaggio con lo stesso atteggiamento di chi intraprende il cammino di Santiago, espresse un unico desiderio: trovare in tavola i salumi di Spigaroli. Ricordo quella meravigliosa serata con i tavoloni/tavolozze dove i fratelli Spigaroli affettavano le loro prelibatezze come pittori che dipingono una tela. Solo quella sera di maggio mi sono “fumato” la mia non modica quantità di insaccati per il decennio 2007-2017.
Strano questo mondo, questi scienziati, queste organizzazioni internazionali che quando li ascolto mi scatta la teoria del complotto perché buttano questi sassi e poi ritirano la mano e non vorrei che ci fosse sotto qualche manipolazione finanziaria, qualche inghippo legato a produzioni alimentari, qualche strategia per affossare il made in Italy. Vaneggio? Mica tanto. Sentite qua. Mentre ci comunicano che gli insaccati sono pericolosi, l’Europa vuole punirci perché da noi fare le mozzarelle con il latte in polvere è delitto capitale nei confronti del palato, e reato penale secondo i Nas. Invece i soloni di Bruxelles, che tollerano anche il “parmesan” ma ci scassano la minchia con il formaggio di fossa, vogliono che la mozzarella diventi la palla da tennis che mangiano loro.
Magari uno pensa che i salumi siano tutti uguali, siano quelli che trovi per pochi euro in un supermercato sgrauso. I salumi, ritornando a quanto dicevamo prima, sono come un dipinto, c’è lo scarabocchio del dilettante al parco e c’è il capolavoro, come il prosciutto di Luciano Zanini a San Daniele con la sua salatura dolce e il microclima del Friuli che, con il suo incrocio di brezze e le mani di un altro grande artigiano, rende questo crudo un capolavoro. L’azienda di Zanini, che ho scoperto da poco, è come la bottega di un pittore rinascimentale. Ci sono i ragazzi della “scuola” ma il pittore, il capo, vuole vedere, controllare e quando sala e massaggia la sua coscia, Zanini osserva il lavoro dei suoi collaboratori perché “l’attribuzione” alla bottega sia certa. Potrebbe aumentare la produzione, ci sono cuochi e rivenditori che vanno da lui in processione per chiedergli un prosciutto in più, ma lui non vuole. Sostiene che questi numeri gli consentono di garantire la qualità del suo prodotto e un livello di vita dignitoso. Oltre non potrebbe garantire questa qualità. Un artigiano vero.
E voi, scienziati (ma de che?), dite che questa meraviglia che si scioglie in bocca è cancerogena? Mah. C’è poi chi non vuole in tavola il prosciutto cotto. Sicuramente più industriale e meno “brillante” del crudo, ma anche qua dipende. In ogni ruolo, miei cari, come nello sport, ci sono i fenomeni e questa estate ho scoperto il miglior prosciutto cotto del mondo, lo produce Angelo Capitelli a Borgonovo Val Tidone, Piacenza. Con quel tocco imprescindibile di affumicatura, con quel sapore che una fetta tira l’altra, il “San Giovanni”, così si chiama questo prodotto, è arrivato nel mio frigo dopo una lavorazione che ha ripreso le antiche tradizioni padane, abbandonate con l’esplosione del consumismo. Adesso non vi sto a spiegare come Angelo prepara il suo prosciutto, se volete ve lo guardate sul sito. Me ne sono fatto mandare un bel pezzo. Gli ho domandato: come faccio a conservarlo? Mi ha risposto: guarda, finché non lo apri non ci sono problemi, dopo hai una settimana per non perdere il suo sapore. Dopo conviene o mangiarlo o regalarne un pezzo. Una settimana? È durato cinque giorni, senza regalarlo a nessuno.
Ovviamente ci sono salumi buoni anche altrove. Ad esempio il vero patanegra è una stupenda invenzione. Sono stato a visitare alcune aziende spagnole, in Andalusia. Solo il jamon de bellota può fregiarsi dell’appellativo patanegra. Si tratta del prosciutto che viene da maiali spagnoli (di pelle grigia) che vivono allo stato brado, in boschi di querce e si nutrono solo di bacche. Il maiale è uno splendido animale che ci dà tanto. Gli spagnoli, con una forma di rispetto, definiscono “sacrificio” il periodo della macellazione. Il maiale si sacrifica per noi e noi lo rispettiamo, secondo tradizione, non buttando via niente. Quindi, cari miei, la morale di questa storia dell’insaccato è che stiamo parlando di animali, di uomini, di lavoratori, di persone che vivono producendo coppe, salami, pancette, prosciutti, culatelli, culacce, speck, salsicce, biroldi, berodi (il sanguinaccio ligure-style), lardo.
Ah, il lardo. Un coglione di tifoso per insultarmi su twitter mi ha chiamato “palla di lardo”. A parte che mi è venuta una botta di nostalgia, era dai tempi del liceo che nessuno mi chiamava così, se è il lardo di Adò, bottega delle Alpi Apuane, è un bell’essere di lardo. Mi è rimasto nel cuore anche perché, a proposito di medicina, l’azienda ha messo sul sito una citazione di Ippocrate, il padre della medesima: «La carne di maiale è tra le carni quella che fornisce al corpo umano più forza ed è ottimamente digeribile». Ispirato da questo, per concludere questa mia perorazione in difesa del capocollo e dei suoi fratelli, ho composto un’ode in endecasillabi sciolti (nel senso che ho fatto un po’ come ho voluto). E ricordate, non c’è niente di meglio di un salame (io scelgo quello di Sant’Olcese, la Varzi ligure) per esaltare una grande compagnia. Buon insaccato a tutti.
Insaccato, mon amour
O strolghino* che giaci in dispensa
sii sereno, in breve sarai alla mensa
dello scienziato non ti preoccupare
io ti amo e ti voglio affettare
Il Natale già svelto s’appressa
ti farà compagnia una bella soppressa
Quasi quasi ci aggiungo una salsiccia
e uso il suo budello per farci una miccia
Il menagramo lo renderò minuscolo
lo spalmerò come se fosse ciauscolo*.
(*spero sappiate cosa sono strolghino e ciauscolo, altrimenti peggio per voi).
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“Il Signore mi ha mostrato l’anima dell’uomo giusto: essa è bellissima, ma il suo corpo soffre sempre.
Lavora e vive nella pena e nell’angoscia; deve sopportare ogni specie di mali e persecuzioni; e, in mezzo a tutto ciò, non pensa a sè, ma a Dio che vive in lui. Tutto ciò che fa lo fa per Dio e non per sè; si dimentica interamente. Giunge alla fine della sua vita, muore ed è portato in Dio; ma quando egli è in Dio, non sembra più un uomo, ma un Dio. Ed a llora la sua carne, che ha maltrattato, gli rende omaggio e lo ringrazia di averla trattata in quel modo: I suoi capelli, le sue ossa, i suoi occhi, le sue orecchie,i suoi piedi, le sue mani sono fieri di appartenergli, di essere stati al suo servizio e vengono a rendergli omaggio e lo ringraziano di averlo portato, di essere stata calpesta da lui quando camminava; GLI ANIMALI SI REPUTANO FELICI DI ESSERE STATI IMMOLATI PER LUI E DI ESSERE DIVENUTI SUA CARNE.gli alberi si rallegrano di aver portato dei frutti da assimilare alla sua carne; le casi di averlo alloggiato; il sole, la luna e le stelle di averlo illuminato. Le nuvole, la pioggia, le sorgenti, il mare, i pesci rendono omaggio a quest’uomo ed essi sono felici di averlo servito”.
Beata Maria di gesù Crocifisso, durante un’estasi.
Carmelitana Scalza (1846-1878).
Perchè c’è carne (animale) e carne (umana)……
“Il Signore mi ha mostrato l’anima dell’uomo giusto: essa è bellissima, ma il suo corpo soffre sempre.
Lavora e vive nella pena e nell’angoscia; deve sopportare ogni specie di mali e persecuzioni; e, in mezzo a tutto ciò, non pensa a sè, ma a Dio che vive in lui. Tutto ciò che fa lo fa per Dio e non per sè; si dimentica interamente. Giunge alla fine della sua vita, muore ed è portato in Dio; ma quando egli è in Dio, non sembra più un uomo, ma un Dio. Ed a llora la sua carne, che ha maltrattato, gli rende omaggio e lo ringrazia di averla trattata in quel modo: I suoi capelli, le sue ossa, i suoi occhi, le sue orecchie,i suoi piedi, le sue mani sono fieri di appartenergli, di essere stati al suo servizio e vengono a rendergli omaggio e lo ringraziano di averlo portato, di essere stata calpesta da lui quando camminava; GLI ANIMALI SI REPUTANO FELICI DI ESSERE STATI IMMOLATI PER LUI E DI ESSERE DIVENUTI SUA CARNE.gli alberi si rallegrano di aver portato dei frutti da assimilare alla sua carne; le casi di averlo alloggiato; il sole, la luna e le stelle di averlo illuminato. Le nuvole, la pioggia, le sorgenti, il mare, i pesci rendono omaggio a quest’uomo ed essi sono felici di averlo servito”.
Beata Maria di gesù Crocifisso, durante un’estasi.
Carmelitana Scalza (1846-1878).
Perchè c’è carne (animale) e carne (umana)……
non c’è una via di mezzo tra la demonizzazione della carne e l’idolatria del ventre? a dir la verità mi infastidiscono allo stesso modo.
Meraviglioso. Lo mando a tutti i miei amici.
perrone è un emblema italico. Giornalista di sport non sportivo. Mangiatore di prodotti schic. Conoscitore di rinomate botteghe di chianca. Ormai tutti cuochi, aspiranti cuochi, e arlecchini che si leccano i piatti dei padroni tornando in cucina. Certo che dalla biografia di un troglodita all’ode al salame, c’è tutto un percorso esistenziale e professionale…
io non sono vegetariano e tantomeno nostalgico….mi viene in mente solo lo sprezzo di Adriano per cibo e banchetti.
AH VI RICORDATE IL DENTISTA CACCIATORE? E’ STATO LICENZIATO. POVERINO.
Mi ricordo che quando ero piccola erano demonizzate le uova, poi , a seguire, i carboidrati , il pollo, il pesce ecc ecc : non c’è niente da fare, una dieta varia è sicuramente il meglio dal punto di vista della salute. Prima o poi verrà fuori che la frutta e la verdura fanno male…anche frutta e verdure biologiche…è una ruota.
(E anche oggi hai avuto il tuo sfogo, cara “dudu” e c. !
Ti senti meglio ?
In effetti, dopo, sembri stare peggio: pensaci. )
Cara, io vi scrivo per carità cristiana. E un pò perchè mi diverto. Ma qui fanno a gara a dire cazzate.
Sempre meglio che parlare con se stessi, “dudu-roberto-bob-psycho1-2-3 !
Lo dicevo che dopo aver fatto il vomi tino giornaliero stavi peggio.
Capisco pure che tu faccia fatica a cogliere la differenza tra l’uomo e gli animali.
Cara, vi potete anche chiudere in un recinto, e come del resto fate cantarvela e suonarvela. Però non dovete fare gli offesi se qualcuno si burla di voi. E dovete essere rispettosi degli altri. Perrone ce l’ha coi vegani. Mica i vegetariani sono tutti vegani. Tu sei infelice ce l’hai con tutti. Mi dispiace. La differenza tra uomo è animali di altra razza la grandezza del cervello e del membro. Strano che il Signore che ci ha fatti a Sua immagine abbia detto di non usarlo. Strano pure che vi abbia detto di non usare il cervello.
“…non dovete fare gli offesi se qualcuno si burla di voi. E dovete essere rispettosi degli altri…”
Questa è magnifica. Perfetto esempio di come usi tu il tuo (ipotetico) cervello.
Cara “dudu”, credo che tu non abbia mai visto da vicino né l’uno, né l’altro.
Ne parli come un ragazzino delle medie : tutto fumo e niente arrosto.
E , se proprio vogliamo dirla tutta, non ce l’ho con “tutti”, semmai ce l’ho con te in tutte le tue noiosissime e puzzo lenti declinazioni, dai nick stupidotti ai nick saccenti ai nick trucidi, ma sei sempre tu, una poveraccia come di rado capita di incontrare.
“… si scelga il cibo con cura
da ciascun dei due regni di natura…” (P. Artusi)
Indegna citazione dal più geniale dei nostri emeriti gastronomi.
Poi a qualcuno (il troll del secondo post) suggerirei l’amena lettura del libro dell’esodo nella parte dedicata alla cena di Pasqua………….
Saluti; anzi, visto il periodo, buona casoela a tutti (mi raccomando: con verza, costina, lonza, cotica e l’immancabile verzino, servita calda con abbondante taragna ed innaffiata da una bonarda ferma in gratia dei).
Chiudere con zola (se possibile in combine con mascarpone e noci) perchè “la buca l’è mai straca se la sa no de vaca!!!!!”.
Vedo che il problema morale di uccidere per “gusto” non esiste per voi cristiani..
Avete diritto a ingabbiare e macellare creature più deboli perchè siete esseri “intelligenti”?
No. Il motivo è perché gli uomini hanno l’anima e gli animali no, sono solo oggetti guidati dall’istinto.
Inoltre secondo la dottrina cattolica Dio ha dato all’uomo il dominio su di essi è quindi di diritto si può fare qualsiasi cosa.
Caro Roberto Perrone, autore dell’articolo: grazie per l’articolo e la poesia…straordinari! Mi ha fatto sorridere di cuore.
A Roberto Sastri, che ha postato l’osservazione ultima, in cui viene espressa una certa avversita’ verso i cristiani, mi permetto di dire questo:
– Il Cristianesimo non equivale allo Stoicismo. Non c’e’ traccia di moralismo ne’ di tristezza. Tanto che quando Gesu’ spiegava il digiuno, chiedeva di profumarsi il capo. E Le assicuro che conosco cristiani di tal fatta. Cioe’ il Cristianesimo e’ la religione dell’allegrezza sempre e, non delle paranoie forchetta-correlate.
– Noi non vogliamo far soffrire gli animali, ma da quando madre terra ci e’ stata donata e’ evidente che esistano delle priorita’ e l’uomo, essere pensante dotato di ragione, viene prima degli altri animali. Per vivere dobbiamo anche mangiare.
– Lei parla di intelligenti e le virgolette mi sanno tanto di sfottimento. Mi permetto di ricordare che intelligere deriva da intus legere. Ed e’ questo che vorremmo fare: vivere pienamente addentrandoci nelle robe, gustarci una bistecca ringraziando perche’ e’ un dono che ci fornisce le proteine per vivere e, se ci riusciremo, per glorificare Dio.
Ecco per brindare alla Vita vi offro idealmente un bicchiere di Fragolino ed un piatto di cotechino.
Alla Vostra salute:-)
🙂 !!
Ovviamente, prima o poi doveva arrivare il “difensore degli animali-non umani”…
Vediamo un po’, Roberto Sastri: tu ti nutri di..?
Per favore, rispondi che sono curioso…
Sai, Roberto, io sono cristiana e rispetto gli animali, tanto che se mi trovo un’ape al di qua della zanzariera, l’afferro (ovviamente con uno straccetto) e la getto -tra le urla sguaiate e schifate dei bambini -fuori dove lei starebbe meglio, e così per le cimici -adesso abbiamo l’invasione in campagna, in città non so), e ragni, ragnini, ragnoni, ragnetti ecc.ecc. ecc., perfino scorpioni (rari, un caso ogni tot di anni, per fortuna!); meno dolce con le zanzare, lo ammetto.
Però c’è un però; a volte, sono talmente stanca, sfinita, che se mi capitasse davanti un pollo crudo lo divorerei..cannibale? Può essere, ma sento che sarebbe per la mia sopravvivenza; infatti, “tutto hai posto sotto i suoi piedi, tutti i greggi e gli armenti, tutte le bestie della campagna, gli uccelli del cielo e i pesci del mare, che percorrono le vie del mare..” Salmo 8. Poi, se non sono sfinita e riesco a cuocerlo – il pollo di cui sopra- me lo mangio con più calma, perchè E’ PER ME…e quello che mi dà un pollo non me lo darebbe un cavolo ben cotto, o un pasticcio di mele..andrei avanti un paio d’ore, quindi mi servirebbe qualcos’altro, proprio un bel pollo!! E sono convinta che in Buon Dio -Il Quale ha posto tutto sotto i nostri piedi, tanto valiamo per lui- non si offende; certo, inviò delle quaglie al popolo affamato E STANCO errante nel deserto!!
Se un domani mi verranno rimorsi di coscienza per aver mangiato un panino al prosciutto, vi farò sapere.
basta con i sacerdoti del veganesimo da strapazzo!! i vegani si sentono esseri superiori menti sublimi persone dalla moralità superiore !! si sentono degli illuminati perchè si mangiano la polpetta vegetale. mangiate quello che vi pare ma senza voler convincere nessuno e soprattutto guardatevi allo specchio e ditemi cosa vedete….un essere superiore ??
….ho fame!!!