La preghiera del mattino
Carrellata di obiezioni lunatiche e un po’ settarie all’idea di riformare la Costituzione
Su Affaritaliani si riporta un’affermazione di Gustavo Zagrebelsky: «A me pare che i presidenzialismi stiano dando pessima prova anche in Francia e negli Stati Uniti. E non è certo una soluzione per il nostro paese. Ci lamentiamo dell’odio sociale che pervade la società italiana. Il presidenzialismo, fondato sulla spaccatura del corpo elettorale in due fronti avversi, sembra fatto apposta per esaltare l’aspetto distruttivo. Una riforma costituzionale in questa direzione potrebbe alimentare un humus pericoloso».
Dopo 75 anni di regime istituzionale definito dalla nostra Costituzione, secondo Zagrebelsky ci sarebbe un profondo odio sociale diffuso nella nostra società e questo sarebbe, secondo lui, l’argomento decisivo per lasciare tutto come sta.
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Su Formiche Pino Pisicchio scrive: «Una maniera, però, ci sarebbe: ridare la parola agli italiani per eleggere una piccola costituente, limitata alla organizzazione dello Stato. Metodo proporzionale – per consentire il pluralismo delle culture politiche – con voto di preferenza, perché gli elettori devono poter guardare in faccia i propri rappresentanti, un anno di tempo per lavorare, referendum popolare per sanzionare il patto finale col popolo. Un’utopia? Forse, se la politica si trincera nell’orto maleodorante del proprio modesto interesse. Una procedura inclusiva, invece, se la politica si apre, facendo così bene anche a se stessa».
Ecco una proposta che mi pare insieme assai razionale e altamente improbabile.
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Su Strisciarossa Nadia Urbinati scrive: «Poiché è evidente che la distanza tra la maggioranza e l’opposizione si misura sui diritti, tutti i diritti e di tutte le generazioni. La destra conosce solo il potere dei simili, dei connazionali ai quali essa dà la “giusta” identificazione. Tutti gli altri, che siano cittadini italiani o no, sono tollerati e spesso umiliati. La destra non ha una cultura dei diritti. Solo la Costituzione ci garantisce. E sarà alla Costituzione che il Pd dovrà legarsi come al proprio albero della vita. Costituzione e Pd vivono insieme, e insieme possono o rafforzarsi o deperire. Per questa ragione, la strada degli eguali diritti è la strada giusta».
Secondo l’Urbinati la metà della popolazione italiana avrebbe una cultura anticostituzionale e la Carta fondamentale dello Stato sarebbe patrimonio solo dell’altra metà. Ma come fa una studiosa pur di qualità a impostare una battaglia politico-culturale su queste basi? Non si rende conto di scendere al livello di quei lunatici da social capaci solo di dire che gli avversari sono fascisti (o comunisti secondo l’occasione), ladroni, e che il governo Meloni è solo un videogioco?
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Sugli Stati generali Jacopo Tondelli scrive: «Si ricomincia a parlare di riforme costituzionali. L’ipotesi che da sempre piace a Meloni e alla destra è quella del presidenzialismo sul modello francese o, addirittura, americano. Che per il Pd tendenzialmente è fumo negli occhi. Inoltre, anche all’interno del centrodestra, le divisioni sono molte, le rivalità e le tensioni – solo quelle note – altrettante. Dato che la nostra Costituzione attuale, per essere modificata, richiede maggioranze ampie in parlamento, è molto improbabile – per usare un eufemismo – che le chiacchiere di queste settimane vadano molto lontano. Tuttavia se ne parla, e come spesso capita, parliamo di niente».
Il pessimismo di Tondelli sulla qualità del nostro dibattito sulle riforme istituzionali mi pare largamente condivisile, lo scontro che si delinea tra chi si concentra a destra essenzialmente sugli slogan e a sinistra su strampalate pregiudiziali, non è promettente.
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