Attento osservatore di ciò che accade nel mondo dei sistemi educativi nella scuola, memoria storica per quanto riguarda l’azione politica dei vari governi e acerrimo nemico della sindacalizzazione opprimente che non ha agevolato le riforme, Giovanni Cominelli non ha firmato l’appello “L’Italia è un paese per vecchi”.
Non la vedo tra i primi firmatari, perché?
Perché le basi analitiche di questo appello non sono del tutto corrette. Non è la Gelmini che fa una politica contro i giovani nella scuola, è che da decenni abbiamo illuso centinaia di migliaia di giovani, li abbiamo spinti a laurearsi per poter svolgere un insegnamento, mentre i posti stavano diminuendo. Ricordo che nel 1971 in Italia c’erano 10 milioni di alunni e 650 mila insegnanti; adesso abbiamo meno di 8 milioni di alunni e stiamo andando verso il milione di insegnanti. Allora il ministro Gelmini, simpatica o no che sia, una cosa l’ha detta con molta chiarezza: ragazzi, non c’è più posto per un po’ di anni! Insomma, l’offerta di forza lavoro è largamente esondante la domanda. E per quanto si possa fare una politica per la quale il ministero dell’Istruzione diventa il ministero della “Disoccupazione intellettuale”, non si può continuare in eterno. E complice il “Quaderno Bianco” di Fioroni e Padoa Schioppa del 2007 e la stretta finanziaria che è partita dal 2008 è giunta l’ora che il ministro dica ai giovani: non c’è posto!
Quindi le sue perplessità stanno in una certa “astrattezza” della denuncia dei firmatari, che non tengono conto dell’enorme problema pregresso che il ministro ha dovuto in qualche modo risolvere. Però la stessa petizione si conclude con la proposte di riforma che regolino l’immissione in ruolo.
E su questo sono d’accordo. Va detto però in maniera esplicita che l’unico modo per affrontare in maniera efficace la questione del reclutamento è quella di dare alle scuole o a reti di scuole il potere di reclutare direttamente: se al 2 febbraio io scopro che dal primo di settembre mi mancheranno due insegnanti, devo poter mettere a concorso quei due posti, in modo che al primo di settembre possa iniziare con gli insegnanti già reclutati. Dico di più: c’è un progetto di legge firmato dal presidente della Commissione cultura della Camera, l’onorevole Valentina Aprea, dove questo è previsto; il problema è che il Governo l’ha lasciato su un binario morto e al governo c’è la Gelmini.
L’appello accusa la sinergia Sindacati – Gelmini di aver privilegiato i precari già in lista a scapito dei giovani.
Mah, si sostiene questa tesi che i precari sono vecchi, ma non è così. L’età media dei precari è di 41 anni, quindi ci stanno anche quelli che ne hanno 25 o 30. Bisogna verificare, questo sì, se c’è stata violazione della legge del 1999 che prevede per l’immissione il 50 per cento dei precari in lista e il 50 di appena laureati. È vero anche che nel 1999, la celebrazione dei concorsi sembrava imminente, ma non è stato così. Quindi, dopo dieci anni è un po’ difficile rifarsi formalmente a quella legge, perché nel frattempo, la situazione è peggiorata in modo tale che abbiamo in realtà più di centomila precari. La riproduzione del precariato nasce dall’organizzazione della scuola stessa: l’uso dei supplenti per affrontare le urgenze, così come è accaduto fino ad oggi, non fa altro che ingrossare le fila del precariato.
Concludendo: possiamo augurarci, almeno, un confronto proficuo e concreto sui temi di questa petizione, che vede una lunga lista di prestigiosi firmatari?
Io da tempo sono molto critico con il ministro Gelmini, ma per questo decreto, non posso buttarle la croce addosso. L’errore, ripeto, è attribuire al ministro una politica anti giovanile che invece è dell’intero blocco storico – politico degli ultimi 30 anni.
Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994
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Emanuele Boffi