
Gentile direttore, ieri Claudio Cerasa notava che i numeri uno di Eni, Poste, Agenzia delle entrate, Ragioneria di Stato, Demanio, Bankitalia, i soliti noti Figliuolo (commissario Er) e Cingolani in Leonardo sono uomini di Draghi. All’elettore medio, i ministri chiave paiono provenire dal Pd: Giorgetti (letterina sul Mes di un suo tecnico), Schillaci (ex Cts di Speranza) e Piantedosi. Quest’ultimo zelante nell’aver vietato l’88 sulle maglie dei calciatori per combattere il rigurgito fascista, inerte per i 60 mila migranti in 6 mesi, per le violenze dilaganti nelle città, per la sommossa anarchica a Torino. Almeno la Lamorgese sapeva dove erano parcheggiati gli idranti.
Altri legiferano contro la proprietà privata (affitti brevi), altri cianciano di transizione ecologica per evitare le alluvioni, altri sono ciechi sulle iniziative anti-automobili dei sindaci, eccetera. A parte qualche eccezione, un Draghi 2 senza gli urlatori Pd ma con le stesse politiche e gli stessi ideali. Forse tutto sommato è voluto: dalle élite progressiste, che non possono più contare sui partiti di riferimento, ridotti a zero; dal governo, che può manovrare senza opposizione a patto che sia solo su certi temi, purché non riguardino sanità, immigrazione incontrollata, ecologismo fanatico, fisco e autonomia da Bruxelles: insomma, gran parte di quello per cui gli elettori lo avevano votato. Non si può certo festeggiare.
Paolo
Apprezzo il sarcasmo e prendo spunto da questa lettera per fare qualche osservazione. La prima è invitarla a rivedere il video dell’intervento di Alfredo Mantovano alla tre giorni di Tempi a Caorle. Comunque la si pensi, questo è un governo politico con un indirizzo chiaro e che cerca di portare avanti delle scelte coerenti con quanto promesso in campagna elettorale. Ha una posizione controcorrente su certi temi bioetici, sulla droga, sulla libertà di educazione (ha dato più soldi alle paritarie) ed è più attento della sinistra su questioni che a noi stanno a cuore (garantismo e natalità).
Ma anche rispetto ai temi che lei cita, esistono delle differenze. Sull’immigrazione, ad esempio, la invito ad ascoltare quel che ha detto Mantovano a Caorle a proposito della Tunisia. E sul discorso del green, sinceramente, mi pare che le intenzioni dell’esecutivo siano anni luce distanti rispetto all’ambientalismo scemo che va per la maggiore. Che poi Meloni scelga uomini che lei definisce “draghiani” io non lo trovo uno scandalo, anzi. Se sono persone di valore, qual è il problema?
La verità è che, oggi, per capire la politica italiana bisogna guardare più a Bruxelles e Washington che a Roma. E questo, mi pare, Giorgia Meloni l’ha capito benissimo. I margini di manovra per un esecutivo sono strettissimi se dall’alto le direttive sono altre. Per questo, e glielo concedo, anche l’attuale governo deve continuamente mediare, fare un passo avanti e poi uno di lato, temporeggiare, accettare compromessi.
Qualche volta i compromessi sono buoni, altre volte meno, ma “viva la politica!” mi viene da dire, pur con tutti i suoi errori e i suoi difetti. È per questo che la vera partita è quella che si giocherà tra un anno con le elezioni europee. Se nel 2024 l’Europa “cambierà verso”, potrà cambiarlo anche l’Italia. Fino ad allora, bisognerà essere candidi come colombe e astuti come serpenti.