Nigeria. «La nostra fede è più forte dei loro kalashnikov»

Di Leone Grotti
18 Giugno 2022
Venerdì si sono tenuti i funerali delle vittime della strage di Pentecoste, a Owo. «Il governo ci ha tradito, non ci ha protetto. Ma noi sappiamo che le anime dei giusti sono nelle mani di Dio: ecco perché oggi possiamo ancora cantare»
I funerali delle vittime della strage di Owo, in Nigeria

I funerali delle vittime della strage di Owo, in Nigeria

«Cari fratelli e sorelle perseguitati, che siete qui a piangere i vostri cari, mi rivolgo a voi: non fatevi schiacciare dal dolore e abbiate fede in Gesù Cristo perché le anime dei giusti ora sono nelle mani di Dio». Così il vescovo cattolico della diocesi di Oyo, monsignor Leke Badejo, ha parlato ai fedeli riuniti per i funerali dei cristiani uccisi nella strage di Pentecoste in Nigeria. In totale 44 persone sono morte durante l’assalto armato del 5 giugno alla chiesa di San Francesco Saverio, nella città di Owo, diocesi di Ondo.

«Siamo tribolati, ma non schiacciati»

In una grande sala allestita per le esequie, davanti alle autorità statali e alle famiglie delle vittime, visibilmente commosse, sono state disposte 21 bare di legno, simbolo della ferocia e della brutalità del terrorismo che da anni funesta la Nigeria, ma che non aveva mai toccato lo Stato meridionale di Ondo. «”Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. Non è un’esagerazione utilizzare le parole che Gesù stesso ha pronunciato sulla croce», ha iniziato l’omelia monsignor Badejo. «Che cosa hanno fatto di male questi nostri fratelli? Niente, volevano solo pregare Dio e sono morti ai piedi della croce».

Oggi, ha continuato il vescovo di Oyo, «mentre noi soffriamo, i nostri cari sono salvi e felici tra le braccia di Dio ed è per questo che oggi possiamo continuare a cantare. Come scriveva san Paolo siamo tribolati da ogni parte, ma non schiacciati; sconvolti, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati».

«Noi cristiani dobbiamo difenderci»

Parlando a una folla, caratterizzata da una forza e tenacia sconosciute, monsignor Badejo ha anticipato le domande di tanti: «Se qualcuno ora mi dicesse: “Ehi prete, parli bene, ma non sei arrabbiato? Non provi dolore? Dov’era il tuo Dio quando il disastro è avvenuto? Non è onnipotente? Non poteva fermare i terroristi?”. Io rispondo che Gesù era con noi in quella chiesa, nella persecuzione e nella morte, perché noi potessimo risorgere con lui. E io so che i nostri cari, fratelli e sorelle uccisi, risorgeranno con lui».

Ma abbandonarsi nelle mani di Dio, sottolinea, «non significa arrendersi al male. Ecco perché dobbiamo chiederci: quante altre persone dovranno morire prima che questa violenza senza senso finisca? Rivolgo questa domanda al presidente federale della Nigeria, Buhari: quanti ancora dovranno morire? La nostra fede è scossa e non vediamo una fine a tutto questo. Migliaia di innocenti perdono la vita ogni anno. Gesù è morto perché noi avessimo la vita e noi cristiani non siamo corpi destinati al macello. Ecco perché dico: siete i nostri leader? E allora difendeteci o lo faremo da soli. Ricordo a tutti i cristiani, infatti, che l’autodifesa è un diritto e che la Chiesa riconosce questo diritto».

L’appello ai terroristi: «Pentitevi»

Rivolgendo poi un appello agli autori del massacro il vescovo di Oyo ha tuonato: «Il Dio della vita vi invita a pentirvi e a cambiare il vostro cuore. Noi ora siamo in lacrime ma non smetteremo mai di invitarvi a condividere l’amore di Dio. Dio ama anche voi ma voi dovete abbandonare l’odio che riempie i vostri cuori. Che Dio ci consoli tutti e che il nostro sacrificio non sia vano».

Al termine delle esequie, in un discorso commosso, il governato dello Stato di Ondo, Oluwarotimi Akeredolu, ha chiesto perdono ai cattolici: «Ho fallito, vi ho delusi: non sono riuscito a proteggervi». Ma prendendo la parola per ultimo, il vescovo della diocesi di Ondo, monsignor Jude Arogundade lo ha difeso con forza: «Lei non ci ha deluso, lei è un soldato, ha fatto del suo meglio. Se dei codardi che si nascondono, colpiscono e poi scappano ci hanno fatto del male la colpa non è sua».

«La nostra fede è più forte dei kalashnikov»

E facendosi portavoce del sentimento di tanti cristiani e musulmani che vivono in ogni parte della Nigeria, monsignor Arogundade ha puntato il dito contro il governo federale guidato da Buhari, musulmano di etnia Fulani, accusato di non fare nulla per fermare massacri, attentati e rapimenti: «I leader di questo paese ci hanno tradito: parlano, promettono ma sono tutte parole vuote. È una vergogna. Noi dobbiamo riprenderci la nostra Nigeria da chi la sta distruggendo. Noi non siamo abituati a questa violenza e non vogliamo abituarci mai».

Infine, parlando ai cristiani riuniti per l’ultimo saluto alle vittime della strage, ha detto con voce ferma: «Nessuno può dominarci con le armi. Noi vinceremo con la nostra bontà e determinazione. Come abbiamo cantato prima, dobbiamo stare ritti in piedi davanti a Gesù ed essere forti e andare avanti per liberare il nostro paese. Questa strage non fa che rinnovare la nostra determinazione. La nostra fede è più forte dei loro kalashnikov».

@LeoneGrotti

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