Il Nicaragua chiede libertà religiosa, Ortega espelle i francescani
Dopo i gesuiti, le missionarie della Carità di Santa Teresa di Calcutta e tante altre istituzioni cattoliche, ora in Nicaragua è l’Ordine dei Francescani a essere vittima della dittatura di Daniel Ortega. Il regime sandinista li ha infatti espulsi questo martedì, pubblicando la decisione di cancellarne la personalità giuridica in Gazzetta Ufficiale e stabilendo che i beni mobili e immobili dell’ordine religioso passeranno nelle mani dello Stato. Lo stesso iter usato per espellere e rubare le ambulanze di Caritas Nicaragua.
Sequestrato l’Istituto San Francesco d’Assisi
Sempre il 24 di ottobre scorso, inoltre, l’istituto San Francesco di Assisi, nella città di Matagalpa e amministrato dai frati francescani, è stato sequestrato da agenti di polizia al servizio di Ortega e da un gruppo di funzionari del Ministero della Pubblica Istruzione. «Sono venuti a sospendere le lezioni, hanno portato fuori gli studenti e hanno convocato gli insegnanti a una riunione. Poi è arrivata la polizia e sono stati loro a rimuovere le bandiere nicaraguensi che c’erano attorno alla scuola», hanno denunciato gli stessi genitori degli studenti.
Le autorità sandiniste «hanno portato via tutti i computer che si trovavano nell’istituto», hanno confermato i genitori al giornale indipendente Confidencial e, poche ore dopo l’occupazione della scuola, gli insegnanti li hanno informati tramite WhatsApp che da oggi il regime «si occuperà della gestione della scuola» anche se «le lezioni non verranno interrotte». «Tutto continua come prima» hanno invece fatto sapere, laconici e visibilmente spaventati di perdere il lavoro, gli insegnanti.
Non è la prima scuola sequestrata dal regime in Nicaragua
L’istituto San Francisco di Assisi di Matagalpa era stato fondato nel 1972 dall’allora 53enne frate italiano Achiles (Achille) Bonucci, appartenente all’Ordine dei Frati Minori. La scuola fa parte del Progetto Educativo Provinciale Francescano che conta più scuole nei dipartimenti di Managua, Matagalpa e Juigalpa. Tra le scuole che fanno parte dell’ordine anche il Liceo Francescano di Altamira e istituti a Diriamba e Juigalpa. Da segnalare che questa non è la rappresaglia di Ortega contro i francescani, avendo il dittatore già negato l’ingresso in Nicaragua a diversi frati (l’ultimo caso noto, lo scorso novembre, è quello di fratel Juan Carlos Treminio, superiore dell’Ordine dei Frati Minori nella parrocchia Nuestra Señora del Rosario de Fátima nella Colonia Centroamérica, nella capitale Managua).
L’istituto San Francesco di Assisi non è la prima scuola confiscata dal regime sandinista. Lo scorso maggio Ortega si era “preso” il collegio Susana López Carazo, una delle opere emblematiche delle Suore Domenicane dell’Annunciata nel dipartimento di Rivas, un mese dopo che aveva espulso tre suore della stessa congregazione che gestivano anche una casa di cura. E, sempre cinque mesi fa, la dittatura ha occupato con la forza l’Istituto tecnico Santa Luisa de Marillac, di proprietà dell’omonima congregazione, oltre ad accaparrarsi l’unico centro di educazione superiore cattolica di San Sebastián de Yalí. Dittatore ma anche ladro.
L’odio contro la Chiesa in Nicaragua di Ortega
L’Ordine dei Frati Minori Francescani è presente da 58 anni in Nicaragua ma poco importa visto che Ortega aveva agito in modo analogo d’agosto, quando aveva cancellato la personalità giuridica della Compagnia di Gesù e confiscato sia l’università gesuita di Managua che la residenza per sacerdoti adiacente al campus con l’accusa ridicola di «terrorismo». La settimana scorsa, dodici sacerdoti che erano in carcere a Managua sono stati espulsi dal Paese e accolti dalla Santa Sede, a Roma, ma non il coraggioso monsignor Rolando Álvarez, vescovo di Matagalpa, condannato a 26 anni di carcere per “diffusione di notizie false” e “cospirazione contro la patria” dopo essersi rifiutato di essere trasportato a Washington, a febbraio, con altri 222 prigionieri politici della dittatura.
L’odio contro la Chiesa cattolica di Ortega e di sua moglie Rosario Murillo, che è anche vice-presidente, è iniziato dopo le proteste dell’aprile 2018, represse nel sangue dalla polizia, quando l’arcivescovo di Managua, Sergio Baez (oggi in esilio a Miami), monsignor Álvarez e tanti altri preti appoggiati dalla CEN, la Conferenza episcopale nicaraguense, scelsero di stare al fianco degli studenti massacrati dal sandinismo (tra 350 e 500 i morti).
Oggi la Giornata della libertà religiosa
Da allora Ortega vede minacce anche nelle preghiere dei credenti in chiesa, dove ha da tempo inviato i suoi paramilitari in borghese per «valutare» le omelie dei preti, che se non gradite al regime, vengono arrestati. Anche per questo è importante la Giornata della libertà religiosa indetta dall’opposizione in esilio oggi, 27 ottobre, per chiedere la libertà del Nicaragua, la liberazione di monsignor Rolando Álvarez e di tutti i prigionieri politici, che sono già di nuovo saliti a 140, nonostante l’espulsione dei 222 qualche mese fa. Molti dei nuovi prigionieri politici sono parrocchiani della Chiesa cattolica, soprattutto, nel nord del Paese, dove si è concentrata la repressione contro le diocesi di Matagalpa ed Estelí.
«Tutti preghino per la libertà religiosa in Nicaragua»
«Siamo chiamati a resistere con la preghiera e nei nostri spazi di spiritualità», spiega Haydee Castillo, parlamentare sino al 2021, e tra le ideatrici della Giornata della libertà religiosa. «Purtroppo Ortega non si fermerà, il regime sta smantellando tutto ciò che può mettere in discussione il suo potere e in tal senso i dittatori vedono una minaccia nella preghiera e nella spiritualità della gente», dice a 100% Noticias questa coraggiosa leader dell’opposizione nicaraguense in esilio, che quest’anno ha ricevuto a New York il premio Andrew Blane per i difensori dei diritti umani.
«Ricordo quando monsignor Álvarez ci disse: “Non abbiate paura, uniti possiamo vincere la paura”. Una frase ancora oggi così attuale, sempre dal primo giorno del suo messaggio da quel pulpito a Matagalpa, perché noi nicaraguensi non abbiamo altra scelta che perdere la paura, essere uniti e proteggerci l’un l’altro, per rafforzare il tessuto che ci ricorda e ci aiuta a resistere. Per questo chiediamo che il 27 ottobre tutti mettano nella loro intenzioni, nelle loro chiese, nel loro spazio di riflessione spirituale la preghiera di chiedere la libertà del Nicaragua, la liberazione di monsignor Rolando Álvarez e tutti di tutti i prigionieri politici», conclude Haydee Castillo, visibilmente commossa.
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