Nel paese verrà ugualmente la fame. E non di solo pane

Di Luigi Amicone
10 Giugno 2020
Certo, possiamo accontentarci del reddito universale e arrenderci alla grandinata di chiusure di scuole non statali. Ma ricordatevi l'avvertimento del profeta Amos
Alunno di scuola isolato sul suo banco durante l'emergenza coronavirus

L’epopea della fase 2 / 11

Da Udine, quasi fosse la Nuova York dell’Italia che rialza la testa, ricevo quasi in contemporanea il pensiero di don Antonio Villa ai suoi ragazzini nell’ultimo giorno di scuola dell’anno. E una magnifica clip musicale che sul modello Blues Brothers, in lingua e stile tipicamente angloamericano, invita a considerare la fase 2 come il tempo della società, della solidarietà e della fratellanza universale.

«45.283 charities e 9,5 milioni di poveri hanno bisogno di cibo. Dai una mano! Dona adesso!». Da Giacomo Poretti di Aldo Giovanni e Giacomo a Carlo Cottarelli, dai musicisti jazz ai volontari del Banco alimentare, un bell’effetto di compagnia cantante che incorona le più belle attitudini dell’umano sentire, l’altruismo, la generosità, la solidarietà. Un’operazione geniale. Avvincente. Da vedere e partecipare:

È il non plus ultra di quanto già sperimentato e visto durante il lockdown, ma solo a spizzichi e bocconi, da un balcone di studenti fuori sede a Firenze che si improvvisano i Beatles per intrattenere i vicini consegnati in casa, piuttosto che, per la stessa ragione, l’ammuina ai Quartieri Spagnoli di Napoli.

Bene, come si è detto, e come penso chi vedrà e parteciperà, è un’iniziativa intelligente questa della condivisione del pane con i poveri. D’altra parte la giornata di fine novembre di raccolta alimentare è diventata forse la giornata più importante ed efficace, in termini di welfare sociale di tutti i programmi di governo.

E veniamo al “pizzino” (lo chiama così il Villa, in sprezzo di pericolo dell’occhiuta antimafia) che il nostro vecchio amico prete – ormai alla soglia dei 90 – ha consegnato nell’ultimo giorno di scuola ai suoi ragazzini della scuola dal Villa letteralmente fondata e costruita con mano da muratore e sollecitudine di soldati di un reggimento di alpini all’indomani del terremoto di Tarcento. Anno 1976.

Ecco. Tra la bellissima clip di fratellanza universale e l’invisibile mano che sta cancellando la libertà di educazione in Italia (non c’è solo il governo a infischiarsene dell’agonia della scuola non statale, dal Vaticano alla Loggia del Grande Oriente non sembra si dia grande importanza al fatto che l’educazione resti una esclusiva del monopolio di Stato), c’è qualcosa che stride. O meglio, qualcosa che ricorda il dialogo evangelico tra Gesù e il diavolo che sfida Gesù a trasformare in pane (verosimilmente per sfamare i poveri) la pietra del deserto. Gesù gli risponde: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo”». Così don Villa risponde ai suoi ragazzini con un commiato per niente in linea con i facili entusiasmi di fine lockdown.

Pizzino scritto da don Antonio Villa ai suoi alunni per l'ultimo giorno di scuola 2019-2020

Ecco, in questi giorni in cui c’è solo il pane che conta e il sacrosanto dovere di distribuirlo ai poveri, spiace che non interessi a nessuno – e in primis alle autorità spirituali – la grandinata di chiusure di scuole non statali. Poiché quale sarebbe la prima povertà se non la famosissima è riconosciuta da tutti tranne poi infischiarsene “emergenza educativa”?

Che la libertà di educazione venga cancellata dalla faccia dell’Italia come si cancella un’orma sulla spiaggia del mare, sembra una notizia di nessuna rilevanza. Una curiosità che non appassiona. Dobbiamo salvare il pianeta, distribuire cibo e dotare gli abitanti della terra di reddito universale. Questo importa. Questa è la clip che di riffa o di raffa è sempre in cima alle classifiche della comunicazione. Come per prima insegna La Civiltà Cattolica. Detto ciò, nonostante ciò, a misurarla col termometro della natalità e del protagonismo non da sardina della gioventù, non sembra che l’Italia se la passi molto bene e possa vedere un futuro che vada al di là dei prossimi vent’anni prima di trovarsi società mediterranea interamente assimilata al gigante musulmano e nordafricano.

Bisognerebbe rispondere alla sfida del diavolo nel deserto. Purtroppo non so quanti altri, al di là della deplorazione per le povere suore rimaste senza alunni e senza scuole, capiscano ancora l’importanza dell’andare in giro nudi piuttosto che ridursi a una vita da prodotti statali. Tale don Villa, lo capisce. Tant’è che sfida anche un inciso (e a me viene in mente l’inciso dell’articolo 33 della Costituzione, libertà di educazione ma «senza oneri per lo Stato») da affrontare con la stessa serietà e perizia con cui si affronta un tumore.

Certo, in alternativa possiamo andare avanti così. Rassegnati alla fine dell’educazione non di Stato. Possiamo anche diventare un paese leader nel comparto “charities”. Va benissimo. Ma può darsi anche che, come avvertiva il profeta Amos e come raccontano tremendamente i giorni presenti, non siano sufficienti le charities e il pane dei poveri. Viene ugualmente la fame e la sete nel paese. «Non fame di pane o sete d’acqua… Allora, vagando da un mare all’altro dal settentrione al levante, correranno qua e là in cerca… ma non troveranno. Quel giorno, le belle ragazze e i giovani verranno meno per la sete».

Foto Ansa

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