Il numero dei casi di esaltati islamisti che frequentano alcune moschee in Italia inizia ad allungarsi e qualcuno inizia a porsi qualche domanda. Lo fa ad esempio oggi Armando Di Landro sull’inserto locale di Bergamo del Corriere della Sera. Al di là dell’obiettivo polemico dell’autore (che accomuna centrodestra e centrosinistra), è interessante il mero elenco dei casi.
«”Garantire luoghi di culto è uno dei veri antidoti contro gli estremismi” – scrive Di Landro -: da anni è più o meno questa la ricetta socialdemocratica contro la paura di un paventato terrorismo di matrice religiosa. Nel giro dell’ultimo anno, però, si è scoperto che nella moschea di via Cenisio, a Bergamo, tempio dell’islam auto-battezzatosi “moderato” sul territorio, aveva predicato anche Musa Cerantonio, l’australiano di origini calabresi finito sulla lista nera dell’Interpol e arrestato per la sua continua opera jihadista. A Zingonia — dove la moschea è uno dei luoghi più visibili, dove si prega durante il Ramadan tra i palazzi, sotto gli sguardi degli italiani cattolici affacciati ai balconi — è stato arrestato il predicatore numero 1, l’imam Muhammad Zulkifal: in carcere con l’accusa di aver finanziato più attentati in Pakistan tra il 2009 e il 2011. In un’altra nota casa di preghiera islamica, la moschea di Treviglio, il tribunale di Milano colloca invece il matrimonio tra Maria Giulia Sergio, convertita, e Aldo Kobuzi, entrambi in Siria con l’Isis, ancora oggi».
«L’Amministrazione trevigliese – prosegue il Corriere -, retta anche dalla Lega, erogava contributi a una coppia di fiancheggiatori dell’Isis. Così come a Bergamo, durante l’Amministrazione Tentorio, il luogo di ritrovo di un gruppo balcanico-jihadista, era una sala del Comune alla Celadina».
Foto preghiera musulmani da Shutterstock