Il 28 giugno 2003 ho celebrato i cinquant’anni di sacerdozio. Sono stato ordinato il 28 giugno 1953 dal beato card. Ildefonso Schuster nel Duomo di Milano, con altri 119 nuovi preti. Ricordo quel giorno con grande commozione: avevo raggiunto il sogno dei miei anni giovanili, diventare sacerdote e missionario! Allora ero felice di mettermi al servizio di Dio e degli uomini, e lo sono tuttora, cinquant’anni dopo; allora era un entusiasmo giovanile, inesperto, ingenuo; oggi è più maturo, frutto di tutte le grazie, la gioia e la pace del cuore che Dio mi ha concesso in questi anni. Nelle molte celebrazioni che ho fatto dell’anniversario, il messaggio che ho cercato di trasmettere è stato questo: è bello fare il prete, perchè sei nella condizione migliore per vivere in intimità e innamorarti del Signore Gesù (celebro la Messa tutti i giorni!) e perchè ti senti utile a tutti gli uomini e donne che hanno bisogno di Lui, anche quando non lo sanno o non lo dicono. In una parrocchia, dopo aver detto che è bello fare il prete mi sono accorto che tra i fedeli c’era un gruppetto di suore che mi ascoltavano; allora, rivolgendomi a loro, ho aggiunto: “È bello anche fare la suora, non è vero sorelle?”. Mi hanno risposto battendo le mani e tutto il popolo s’è unito.
Che sia per tutti
Nel giugno 2003 ho pubblicato un libro che contiene la sintesi delle mie esperienze di missionario e di giornalista: La missione continua. Mezzo secolo a servizio della Chiesa e del terzo mondo (pagg. 365, euro 18,00). Non è un trattato di missiologia. Ho semplicemente raccontato come ho visto cambiare il mondo dei missionari e delle giovani Chiese in cinquant’anni; e quindi come si configurano oggi l’ideale e l’attività missionaria.
L’idea di questo libro è nata da don Elio Sala, direttore editoriale della San Paolo, che un anno fa mi ha invitato a scrivere sulla missione oggi: «Dopo cinquant’anni di sacerdozio e tante visite alle missioni – mi diceva – avrai pure qualcosa da dire. Racconta com’è cambiata la missione alle genti rispetto ai tuoi anni giovanili. Dillo in modo semplice, immediato, molto concreto com’è nel tuo stile, ma anche documentato. Fammi un libro che possa essere letto non solo dai credenti, ma anche da coloro che non credono. Oggi la missione è in crisi, se ne parla sempre meno, ci sono in giro tante idee e tante immagini dei missionari, che non sono fatte per attrarre i giovani. Tu che hai una vasta conoscenza delle missioni, racconta la tua esperienza e quella dei missionari e delle Chiese locali che hai conosciuto, in modo da dare un panorama abbastanza esauriente, senza fare un testo sistematico sul tema missionario». Il volume ha dieci capitoli che illustrano il vasto orizzonte della Chiesa missionaria, partendo dalla mia vocazione e storia personale, ma poi addentrandomi nell’esame delle varie situazioni nel mondo intero. Eccoli: Missionario perché? – I miei cinquant’anni di missione – La missione nasce dall’amore di Cristo – Dalle missioni estere alle Chiese locali – Il Vangelo e le culture non cristiane – Dialogo con le religioni non cristiane – Il cristianesimo promuove lo sviluppo dell’uomo – L’animazione missionaria in Italia – Preti con passione missionaria – Quale futuro per la missione alle genti? È il racconto di un’esperienza di “missione alle genti”, alla quale ho consacrato la mia vita! Da cinquant’anni visito le missioni in ogni continente e ho maturato alcune convinzioni, che rappresentano i messaggi del libro. Eccole in breve.
In Amazzonia, in India
Tutti gli uomini e tutti i popoli hanno bisogno di Gesù Cristo. È una convinzione che viene dall’esperienza della fede in Cristo unico Salvatore dell’uomo e dell’umanità. La missione alle genti è fondata sulla fede: quando è forte la fede, la missione è viva e sentita; quando la fede si indebolisce, si appanna, la vitalità della missione diminuisce. Questo vale per la missione in genere, ma anche per i missionari, il singolo missionario: ecco perchè abbiamo bisogno di molte persone che preghino per noi. Una volta, Marcello Candia è intervistato alla Tv della Rai. Il giornalista che lo presenta dice: «Ecco l’industriale Marcello Candia, che ha venduto le sue industrie ed è andato in Amazzonia perchè ama i lebbrosi e i poveri». Il grande amico Marcello (prossimo beato, speriamo) aggiunge: «Sono andato in Amazzonia per amore di Gesù Cristo, per imitare il Figlio di Dio che s’è fatto uomo per salvarci: poi in Lui amo tutti i lebbrosi e tutti i poveri che incontro».
Madre Teresa ha definito il missionario: «Un battezzato innamorato di Gesù Cristo, che non desidera altro che di farlo conoscere e amare». E aggiungeva: «La più grande disgrazia dell’India è di non conoscere Cristo». Per quale motivo? Perchè «lo sviluppo dell’uomo viene da Dio, dal modello di Gesù uomo-Dio, e deve portare a Dio» (Sollicitudo rei socialis, 27-41). In La missione continua documento con esempi molto concreti la verità di questa affermazione che è anche di Paolo VI (Populorum Progressio, 14-21, 40-42). Il cammino dei popoli verso un’umanità più pacifica, più solidale, più rispettosa dei diritti dell’uomo e della donna passa attraverso l’incontro e la conversione a Cristo, l’evangelizzazione delle culture e dei costumi. La storia e l’attualità missionaria lo dimostrano concretamente.
Siamo solo all’inizio
La missione alle genti è cambiata molto, perchè sono cambiati i popoli ai quali la Chiesa vuol annunziare Gesù Cristo: ma in fondo rimane sempre la stessa, non cambia il suo scopo fondamentale: far conoscere e amare Gesù Cristo e fondare la Chiesa presso tutti i popoli. Oggi, duemila anni dopo la nascita e la Risurrezione di Cristo, più di metà degli uomini non hanno ancora nemmeno sentito pronunziare il nome di Gesù, non lo conoscono. L’attività missionaria ha ottenuto buoni risultati fondando numerose Chiese locali in quasi ogni paese del mondo, ma specie in Asia (eccetto che nelle Filippine) il cristianesimo è rimasto alla superficie delle grandi masse umane che abitano quel continente: il 60% circa di tutti gli uomini sono in Asia, dove i cattolici sono circa il 3%! Si può dire che «la missione alle genti è ancora agli inizi» (Redemptoris Missio 30). Ecco perchè negli ultimi cinquant’anni, specie dopo il Concilio Vaticano II, si tentano “vie nuove” per penetrare in tutti gli spazi socio-culturali e annunziare Cristo.
In La missione continua ne do un’ampia panoramica, illustrando i risultati positivi ma anche i problemi che queste “vie nuove” pongono alla Chiesa: inculturazione, dialogo con i non cristiani, impegno politico delle comunità cristiane, teologia rispettosa delle filosofie e culture locali, formazione del clero adatto a un popolo particolare, adattamento della liturgia latina, ecc. Tutto questo deve porci in un atteggiamento di umiltà, di ascolto, di dialogo: siamo sempre in cammino verso una più profonda conversione al modello universale di Cristo e del Vangelo.
Il consiglio del giornalista
La Chiesa è per natura sua missionaria; se perde lo spirito missionario, non è più la Chiesa fondata da Gesù Cristo: questo vale anche per il singolo battezzato! Qualche anno fa, parlavo tutti i sabati sera alla Tv di Rai Uno, spiegando il Vangelo della domenica. Un famoso amico della televisione, noto come “cattolico”, mi scrive complimentandosi per i buoni risultati della trasmissione (avevo circa 2,5-2,6 milioni di ascoltatori); ma poi aggiunge: «Non c’è bisogno di credere che Cristo è Dio e obbedire alla Chiesa, per voler bene al prossimo… Dammi ascolto, parla dell’amore come ispirazione di fondo per la nostra vita e avrai ampi consensi, ma lascia perdere che Gesù è Dio e che la Chiesa parla a suo nome: sono concetti discutibili…».
Nel libro racconto fatti concreti come questo. In una conferenza a circa 800 membri di una grande associazione di volontariato, dopo che ho parlato di come possiamo aiutare i popoli poveri, la presidente di quell’associazione dice: «Sono d’accordo con quasi tutto quel che Gheddo ha detto. Ma non importa che ci convertiamo a Gesù Cristo: è un fatto privato, intimo, non vale nemmeno la pena di parlarne. L’importante è che noi amiamo l’uomo».
Mi è stato facile rispondere che “amare l’uomo” non vuol dire nulla, se non c’è un modello, una luce, una guida. Anche Pol Pot credeva di amare l’uomo cambogiano! La missione alle genti è una forte testimonianza della fede in Gesù Cristo, senza il quale non c’è salvezza: non solo la salvezza eterna, ma anche quella dell’uomo in questo mondo!
Come uscire dalla crisi morale? Ricominciamo la missione
Il popolo italiano, battezzato al 96% nella Chiesa cattolica, attraversa una crisi di fede e quindi anche di spirito missionario; per cui la “missione alle genti” diventa spesso, nell’immaginario comune e purtroppo anche nei messaggi che lanciamo con la stampa e l’animazione missionaria, aiuto ai poveri, azione per la giustizia internazionale, protesta contro le dittature e le multinazionali. Non si capisce più perchè si debba annunziare Cristo a tutti i popoli, dato che le religioni, più o meno, sono tutte vie che conducono allo stesso Dio! Il volume La missione continua è una provocazione sul tema della fede, che dobbiamo ritrovare forte e viva, se vogliamo uscire dalla crisi morale e religiosa in cui siamo caduti e di cui ci lamentiamo spesso (i giovani mancano di ideali, le famiglie si dividono, abbiamo pochi bambini…). Mons. Renato Corti, vescovo di Novara e già presidente della Commissione missionaria della Conferenza episcopale italiana, scrive nella prefazione a La missione continua: «Questo non è un libro di tutto riposo. Nasce da una grande passione apostolica e forse anche da qualche sofferenza… non raramente (va) controcorrente. Sarebbe utile che questa rilettura pacata, ma anche molto franca di cinquant’anni di vita della Chiesa diventasse strumento di confronto e di dibattito comunitario e, ancor prima, di verifica personale. Vorrei suggerirne l’utilizzazione alle parrocchie e alle aggregazioni ecclesiali… ai “gruppi missionari”… anche ai Centri Missionari Diocesani in relazione alle loro attività, alle loro proposte e scelte prioritarie. Questo studio potrebbe essere molto stimolante per i sacerdoti, in ordine a una chiarificazione interiore e a una rinnovata “motivazione” apostolica… e servire ai missionari stessi. La posta in gioco è molto grande… sia in rapporto alla “missione ad gentes” che alla “nuova evangelizzazione”».