
L’Armenia al Meeting, «storia miracolosa» del primo paese al mondo a convertirsi al cristianesimo
Rimini (dal nostro inviato al Meeting) – L’Armenia è stato il primo paese a convertirsi e abbracciare ufficialmente il cristianesimo nel 301; il suo popolo è sopravvissuto al genocidio perpetrato dai turchi a partire dal 1915, che hanno ucciso un milione e mezzo di persone; il milione di armeni sopravvissuti alla strage che si sono rifiutati di convertirsi all’islam sono stati costretti a scappare lasciando la propria casa, dando vita alla diaspora che conta oggi nove milioni di armeni sparsi per il mondo.
CRISTIANI PERSEGUITATI. Il tema dei cristiani perseguitati avrà un ruolo centrale quest’anno al Meeting e la mostra “Armenia, culla della cristianità” mette al centro dell’attenzione la storia di un popolo, vissuto alle pendici del monte Ararat, dove secondo la Bibbia l’Arca di Noè approdò dopo il diluvio universale, che ha saputo mantenere la fede per 1700 anni, nonostante persecuzioni che vanno avanti ancora oggi: «In Siria c’erano tra i 70 mila e 100 mila armeni tra Aleppo e Damasco», spiega Antonia Arslan, poetessa e scrittrice armena, tra i relatori dell’incontro che ieri ha presentato a Rimini la mostra curata dalla fotografa Graziella Vigo. «Dopo anni di guerra fratricida queste comunità sono praticamente spazzate via, a testimonianza che la persecuzione dei cristiani in Medio Oriente non è affatto finita».
STORIA MIRACOLOSA. L’Armenia, Stato rinato 20 anni fa e accerchiato da Turchia, Georgia, Iran e Azerbaijan, ha una storia unica costellata di «esempi di fede straordinari e miracoli quasi sconosciuti». Alcuni di questi sono stati raccontati da Caroline Cox di Queensbury, per 20 anni vicepresidente della Camera dei Lord inglese, che ha «avuto l’onore di visitare l’Armenia per 79 volte». «Quando l’Azerbaijan negli anni 90 ha deciso di sradicare e distruggere gli armeni dalla sua provincia del Nagorno-Karabakh», ha dichiarato davanti a una platea di 4 mila persone, «ha provato ripetutamente a distruggere una chiesa del 13mo secolo dedicata a san Giovanni. Ma ogni volta che i suoi aerei sganciavano le bombe dritto sulla chiesa, queste cambiavano traiettoria tanto che alla fine l’intera area era stata rasa al suolo tranne il tempio sacro. Dopo diversi tentativi una sola bomba ha colpito nel segno ma non è esplosa. Oggi quella chiesa è ancora al suo posto a testimonianza della gloria di Dio, che protegge il suo popolo armeno».
CRISTIANESIMO COME CASA. Oggi gli armeni sono 12 milioni, ma solo tre vivono nella Repubblica armena. Gli altri nove sono divisi principalmente tra Russia, Stati Uniti, Francia e Italia ma non hanno perso l’identità trasmessa di generazione in generazione da chi è scappato dal paese per non tradire la propria fede. Uno di loro è Joseph Oughourlian, nato in Francia, cofondatore e direttore esecutivo del fondo di investimenti Amber Capital: «Per me come per gli altri armeni l’attaccamento alla Chiesa e al cristianesimo è una questione di identità, non il lusso di una scelta», ha spiegato al pubblico del Meeting. «Dopo la tragedia del genocidio e della diaspora non abbiamo più niente in comune tra noi se non l’appartenenza al cristianesimo, che è il nostro punto di riferimento e la nostra casa». Ma quella degli armeni non è la storia di un popolo abbattuto e sconfitto, come affermava alla baronessa inglese l’arcivescovo di Karabakh, «salvatosi per miracolo», il giorno stesso in cui l’esercito dell’Azerbaijan aveva distrutto la sua casa con l’ennesima bomba: «La nostra nazione ha ritrovato la sua fede. Noi non odiamo nessuno, noi crediamo in Dio».
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