L’idea che l’introduzione e la legalizzazione di nuovi tipi di famiglia possa aprire il “vaso di Pandora” foraggiando certe pratiche biomediche e biogiuridiche di dubbia liceità etica come la maternità surrogata, il cosiddetto utero in affitto, è sempre stata definita una esagerazione pessimistica che tradisce un certo spirito omofobo tipico di certi ambienti dell’estremismo religioso cattolico.
È proprio così? E se il ricorso alla maternità surrogata fosse candidamente ammesso dalle stesse comunità Lgbt? E se le stesse comunità Lgbt vi ricorressero per rivendicare il (presunto) loro diritto alla famiglia? E se invece fossero le stesse comunità Lgbt ad essere preda di chi, tramite le loro pretese, gonfia il proprio portafoglio arricchendosi oltre ogni immaginazione? Ebbene, pare che così sia.
Un articolo pubblicato questa estate sulla prestigiosa rivista economica Forbes, infatti, riporta proprio quanto segue.
Sono state intervistate Staci Swiderski e Zara Griswold che, nel 2007, hanno fondato e dirigono tutt’ora la “Family Source Consultants”, una agenzia di maternità surrogata sita in Illinois.
Forbes riporta che la suddetta agenzia lavora molto con le coppie non tradizionali, gay e lesbiche e con tutti gli individui di ogni razza, religione ed etnia.
Staci Swiderski e Zara Griswold sono due grandi sostenitrici della sentenza della Corte suprema degli Stati Uniti che lo scorso giugno ha legalizzato il matrimonio omosessuale in tutto il paese, poiché, affermano, «grazie alla nuova sentenza della Corte suprema sul same-sex marriage legalizzato a livello nazionale, più coppie sposate dello stesso sesso potranno avere tutelati maggiormente in futuro i loro diritti di diventare genitori surrogati».
Del resto, continuano le due direttrici della agenzia, «la surrogazione di maternità rappresenta per gli individui Lgbt l’opportunità di avere una famiglia». Le donne, rifacendosi alle statistiche in vigore negli Usa, tengono a precisare che attualmente lì vi sono oltre 34 mila coppie dello stesso sesso, di cui il 21 per cento sta già allevando dei figli, e molte di queste coppie scelgono di diventare genitori attraverso la surrogazione di maternità.
Si intuisce, dunque, quanti interessi economici vi siano dietro il supporto delle coppie e delle famiglie Lgbt.
Se, infatti, dapprima, ricorreva alla maternità surrogata solo una parte delle coppie eterosessuali, adesso che il matrimonio è garantito anche a tutte le altre coppie, chiaramente il mercato della maternità surrogata è destinato a espandersi.
Del resto, considerando gli autorevoli studi della professoressa Debora Spar, della Harvard Business School, ogni intervento di surrogazione, negli Stati Uniti, secondo i rilevamenti effettuati nel 2007, hanno un prezzo che può variare da 30 mila a 120 mila dollari ciascuno; a titolo di ipotesi, tuttavia verosimile, facendo una media di circa 70mila dollari per ogni intervento, e supponendo che anche solo una coppia su tre delle oltre 34 mila coppie Lgbt presenti negli Usa, cioè circa 11.300 coppie, decidesse di ricorrere alla maternità surrogata, si tratterebbe di sfruttare un mercato con un valore pari a circa 791 milioni di dollari: danari succulenti che agenzie come quella di Staci Swiderski e Zara Griswold sarebbero ben contente di accaparrarsi, come si comprende.
Da tutto ciò si evince quanto segue.
In primo luogo: la riproduzione in genere e il settore della maternità surrogata in particolare costituiscono ormai da decenni una industria molto redditizia per chi vi investe, lasciando trasparire tutti gli interrogativi etici e giuridici che sul punto si possono immaginare.
In secondo luogo: il riconoscimento legale di forme di unione diverse da quella eterosessuale comporta necessariamente l’ampliamento del mercato della maternità surrogata, a dimostrazione che non è una mera ipotesi, ma la realtà già in corso d’opera.
In terzo luogo: il mercato, anti-giuridico e lesivo della dignità dell’uomo, dell’utero in affitto è cinicamente sostenuto e incrementato dalle comunità Lgbt, che lo finanziano così cospicuamente da interessare una testata economico-finanziaria del calibro di Forbes.
In quarto luogo: le comunità Lgbt, pur di perseguire i propri interessi, sono disposte ad alimentare il mercato dell’utero in affitto che, per come è strutturato, viola proprio i diritti più elementari dei bambini, come, per esempio, il loro diritto alla conoscenza della propria origine biologica.
In quinto luogo: gli stessi attivisti Lgbt, accecati dalla pretesa prometeica di poter essere genitori ad ogni costo nonostante la natura biologica ponga ovvi impedimenti in tal senso, sono a loro volta strumentalizzati dall’industria della riproduzione globale che tramite le loro aspirazioni rimpingua le proprie casse e si rende protagonista di aberranti distorsioni bio-giuridiche come appunto è la maternità surrogata.
Del resto, le stesse Swiderski e Griswold ammettono candidamente che «la base dei nostri clienti dello stesso sesso è incrementata ogni anno e ora circa il 50 per cento dei nostri clienti sono coppie dello stesso sesso. Noi prevediamo che questa percentuale adesso si incrementerà molto con la nuova sentenza sul matrimonio».
Si dovrebbe, dunque, riflettere attentamente sulle conseguenze, non piccole, etiche e giuridiche che discendono inevitabilmente dal riconoscimento legale di forme alternative di famiglia o di equiparazione di forme diverse di unione rispetto alla unione monogamica tra uomo e donna nel matrimonio.
Si innalza fieramente e trionfalisticamente il principio utilitaristico che glorifica il denaro e mercifica l’uomo stropicciandone la dignità.
E su tutto, nella dormiente e silente vallata del senso morale di quanti si adoperando in simili procedure bio-mediche, sembra che risuoni l’eco potente delle parole del giovane Karl Marx: «Poiché il denaro, in quanto concetto esistente e attuale del valore, confonde e scambia tutte le cose, esso costituisce la generale confusione e inversione di ogni cosa, dunque il mondo sovvertito, la confusione e inversione di tutte le qualità naturali e umane […]. Il denaro, questa astrazione vuota ed estraniata della proprietà, è stato fatto signore del mondo. L’uomo ha cessato di essere schiavo dell’uomo ed è diventato schiavo della cosa; il capovolgimento dei rapporti umani è compiuto; la servitù del moderno mondo di trafficanti, la venalità giunta a perfezione e divenuta universale è più disumana e più comprensiva della servitù della gleba dell’era feudale».
Foto gay pride da Shutterstock