Il gruppo di indipendentisti veneti arrestati ieri su mandato della Procura di Brescia davvero è una minaccia all’ordine democratico della Nazione? A dubitarne sono in molti. Le minacce di maggior intensità emerse nelle intercettazioni sono: «Più che tagliare il salame noi abbiamo bisogno di caricare i candelotti di dinamite». I nostalgici della Serenissima, guidati dall’attempato leader Giancarlo Orini (75 anni), almeno a parole non hanno però intenzione di far del male a nessuno, manco ai tralicci (perché la gente poi si incazza perché può vedere la partita in tv, dicono al telefono).
Pare che le prime indagini su di loro siano partite tre anni fa. Così,oggi, sul Giornale, Stefano Lorenzetto chiede: «Se davvero il “gruppo riconducibile a diverse sigle di ideologia secessionista”, come sostengono i carabinieri dei ros, “aveva progettato varie iniziative, anche violente, finalizzate a sollecitare l’indipendenza del Veneto e di altre parti del territorio nazionale”, viene spontaneo domandarsi: scusate e avete aspettato dal 2012 per assicurare alla giustizia 51 individui così pericolosi?». «Che cosa avranno aspettato i signori magistrati?», prosegue Lorenzetto, «che le brigate finissero di verniciare il nuovo tanko (il “carrarmato” fai da te, foto a destra)?»
BLITZ DOPO IL REFERENDUM. Da quello che emerge dalle intercettazioni, i “terroristi veneti” avevano intenzione di occupare Piazza San Marco a Venezia con la ruspa blindata (dimostrazione delle «finalità violente» del gruppo, secondo i Pm) e abbattere con una cannonata una statua di Garibaldi. «Desta sospetto – continua Lorenzetto – che la clamorosa inchiesta sia stata chiusa a soli 12 giorni dalla secessione telematica del Veneto sancita dal sito Plebiscito.eu con 2.102.969 sì (89,1 % dei votanti)». Roma non gliel’avrebbe fatta passare liscia, aveva previsto Lorenzetto. «Ed ecco, puntuale, la conferma: fra gli arrestati figura anche Franco Rocchetta, principale sostenitore dell’iniziativa referendaria e fondatore di quella Liga veneta che fu la madre di tutte le leghe».
ROCCHETTA, MITE E LOQUACE. «Non conosco gli intimi precordi di Rocchetta», prosegue Lorenzetto, «però mi sentirei di escludere che sia capace di azioni malvagie». «Lo intervistai 15 anni fa, mentre era impegnato a dare nomi veneti a oggetti di uso comune: croto (rospo) al mouse; sitòn (libellula) all’elicottero; damò (da adesso) al fax». Per Lorenzetto, Rocchetta è «la mitezza fatta in persona». Dotato di «straripante loquacità», scrive il giornalista, «tutt’al più riuscirebbe a sbaragliare una compagnia di carabinieri solo a forza di parole».
TOSI: IL CARROARMATO? UNA RUSPETTA. Come ha detto ieri sera il sindaco di Verona Flavio Tosi a Radio 24, gli arresti sono un’iniziativa sproporzionata rispetto alla pericolosità dei soggetti in questione. E il famoso carroarmato? «Era una ruspetta con una specie di fucile: sono molto più pericoloso io con i miei fucili da caccia. È stata un’operazione a metà tra stato di polizia e Repubblica delle banane».