L’Onu vuole abolire le ruote degli esposti (meglio abbandonarli per strada?)
Il Comitato Onu sui Diritti dell’Infanzia ha recentemente iniziato una battaglia contro l’uso dei baby box, versioni moderne delle medievali ruote degli esposti che si stanno di nuovo diffondendo in Europa e che il Comitato ritiene violino il diritto che ogni bambino ha di conoscere i propri genitori.
La ruota degli esposti nacque nel XII secolo grazie a Papa Innocenzo III il quale, dopo aver assistito alla pesca di tre neonati annegati nel Tevere, volle che un reparto dell’Ospedale del Santo Spirito fosse dedicato a bambini abbandonati. La ruota era una struttura cilindrica e girevole, collocata in un’apertura nel muro in modo che le donne potessero lasciare i neonati e girare la ruota senza essere viste dall’interno; i piccoli erano poi accuditi e cresciuti dalle suore dell’ospedale. La pratica della ruota non si è mai interrotta nei secoli e nel 2000 è ricomparsa in Germania sotto il nome di “babywiege” (“culla per bambini”). I neonati indesiderati vengono depositati anonimamente nelle culle incubatrici posizionate fuori dagli ospedali e vengono accuditi da infermieri per qualche settimana, dopodiché sono dati in affido alcuni mesi prima di venire definitivamente adottati. Durante i periodi di accudimento e affido la madre ha la possibilità di cambiare idea e riprendersi il figlio, ma questo diritto viene negato una volta trovata una famiglia fissa per il bambino.
I baby box si sono diffusi molto in Europa nell’arco di dodici anni, fino a catturare l’attenzione del Comitato Onu sui Diritti dell’Infanzia. La presenza delle culle infastidisce il Comitato che le ritiene illegali perché violano l’articolo 7 della Convenzione sui Diritti dell’Infanzia il quale stabilisce che ogni bambino ha diritto «a conoscere i suoi genitori e a essere allevato da essi». «Le culle sono così anonime che danneggiano sia la madre che il neonato», ha detto lo psicologo Kevin Brown alla BBC, sottolineando quanto sia importante che un bambino sia cresciuto dalla mamma biologica. Eppure nell’ultimo decennio i baby box, fornendo un’alternativa all’aborto e all’abbandono dei neonati per strada, hanno salvato centinaia di bambini. Come disse anni fa Katrin Beyer, leader dell’associazione Madri per le madri, alla CNN: «Le culle sono un rifugio sicuro per bambini che sarebbero altrimenti lasciati in bagni pubblici o cabine telefoniche». E come ha ribadito di recente il giornalista Chris Greenhough in un suo articolo sull’Inquisitr: «Le culle sono ideate per offrire un posto sicuro dove depositare bambini non voluti dai genitori».
Più aggrappato alle regole cha alla realtà dei fatti, il Comitato continua a spingere le sue idee fingendo, come è scritto nel giornale inglese The Guardian, «di avere a cuore la protezione dei diritti umani dei bambini», ma, come dice il vicepresidente del Partito Popolare Europeo, Manfred Weber, la vita dei neonati ha la massima priorità su ogni altro ragionamento sui diritti e gli articoli della Convenzione.
Articoli correlati
2 commenti
I commenti sono chiusi.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!
l’articolo 7 della Convenzione sui Diritti dell’Infanzia il quale stabilisce che ogni bambino ha diritto «a conoscere i suoi genitori e a essere allevato da essi». Allora anche l’aborto viola la Convenzione dei diritti dell’infanzia! Perche anch’esso impedisce ai banbini di conoscere i suoi genitori biologici! Quindi aboliamo l’aborto e rimettiamolo dove gli compete “tra gli omocidi!”
E questo è il Comitato ONU per i Diritti dell’Infanzia ?
E’ un esempio di quel formalismo giuridico, diffuso nell’attuale contesto sociale, che utilizza la lettera delle leggi per la propria convenienza ideologica.
Si noti bene: con questi è VIETATO usare la testa, proprio vietato, altrimenti non sussisterebbe il loro modo di agire e di pigliarsi un lauto stipendio dalle Nazioni Unite.
Per analogia storica mi vien da pensare alle leggi razziali: andrò ad approfondire se il meccanismo fu lo stesso.