Caro direttore, ti faccio pervenire copia della lettera da me inviata al Corriere della Sera, sul tema della foto che Ernesto Galli della Loggia vorrebbe far esporre in tutte le scuole italiane, perché credo sia di interesse anche per Tempi.
Caro direttore, la proposta formulata da Ernesto Galli della Loggia di appendere la foto del bambino ebreo in ogni scuola sta suscitando, secondo quanto riferito dal tuo quotidiano, numerosi consensi. A iniziare dal ministro della Pubblica Istruzione, Enrico Berlinguer. Furbacchioni questi ex-comunisti. Per anni si sono spellati la lingua a spiegarci che il Cristo crocifisso, appeso nelle aule scolastiche, impressionava i ragazzi. Che il supplizio di quell’uomo poteva ferire la psiche infantile. Via dunque le croci dalle aule. In molte scuole materne ad amministrazione rossa anche il Natale del Redentore è stato trasformato in festa della neve. Ora eccoli qui a spellarsi le mani per applaudire alla nuova immagine. Chissà perché quell’innocente avviato a un diverso, ma non meno tragico martirio, non impressiona e non ferisce la psiche infantile. Ma torniamo alla proposta di Galli della Loggia. Questa nasce sicuramente da un’esigenza giusta e condivisibile. Per educare non basta riversare sui giovani cumuli di nozioni. Ci vuole una visione della vita che aiuti a capire il senso delle cose e ci vuole un ideale verso cui muovere. Perché non c’è vento a favore per chi non sa dove andare. Ed è una naturale esigenza umana quella di tradurre l’ideale in immagini, in icone, in segni che accompagnino la vita quotidiana. Giusta l’impostazione. Non del tutto condivisibile la soluzione. Il secolo che si è appena concluso gronda del sangue di tanti e tali olocausti che la scelta di uno si presta inevitabilmente all’accusa di parzialità. Perché non scegliere gli innocenti scomparsi a milioni nei lager sovietici? E avrebbe ugualmente applaudito, in questo caso, il ministro Berlinguer? Perché non scegliere i bambini uccisi dall’Aids dopo essere stati usati come cavie negli ospedali del regime comunista rumeno? Che dire dei bambini morti nella guerra del Vietnam o delle vittime sterminate in Cambogia dalla follia omicida di Pol Pot? Oppure i bambini sgozzati nei villaggi dell’Algeria? E ancora, quegli occhi spauriti di ragazzini strappati al lavoro nei campi e mandati a un’inutile macello durante la guerra del 1915-18? L’elenco, lo sai bene, continuerebbe, purtroppo, a lungo. Ognuno potrebbe ovviamente reclamare una propria diversa immagine per ragioni politiche o partitiche. Se si attacca una foto, perché non attaccarne anche un’altra? E così si aprirebbero ferite anziché rimarginarne. Ma oltre alla parzialità c’è una seconda e più importante considerazione che mi induce a non condividere la scelta compiuta. Quali conseguenze potranno derivare dall’idealizzazione di quella immagine? Quali sentimenti verranno suscitati? Non occorre essere esperti di psicologia infantile per capirlo. Ogni bambino proverà un odio profondo per gli aguzzini di quel fratellino a mani alzate. E allora, come spiegare poi che abbiamo appena fuso la nostra moneta col popolo di quel soldato tedesco che compare minaccioso sullo sfondo della foto? Come dire che la nostra banca centrale è a Francoforte, forse la stessa città dove il soldato tedesco vive da onesto pensionato? Solo per ragioni economiche? Che misera Europa ne scaturirebbe. Per questo esco dal coro e dico che la proposta della foto non mi convince. La trovo buona nelle intenzioni ma parziale nei risultati. Meglio scegliere una scelta diversa e più chiara. Riportiamo nelle aule, con il dovuto risalto, all’inizio del terzo millennio, l’immagine del Cristo, simbolo universale di ogni innocente ferito, di ogni agnello condotto a supplizio, di ogni uomo giusto che soffre per la pace, anche del piccolo bambino ebreo. Quella croce cui si appoggiava Giovanni Paolo II in occasione dell’apertura dell’anno santo a cui hanno guardato, anche in quella occasione, milioni di uomini in tutto il mondo (pare oltre un miliardo nella diretta tv). Quale simbolo più universale? È un segno che non induce all’odio, ma all’amore e alla riconciliazione verso ogni fratello, in forza di quel perdono (“Padre perdona loro”) pronunciato anche verso chi lo aveva condotto al supplizio. Dunque segno di misericordia, di difesa dell’umile e dell’oppresso, di rifiuto di tutto ciò che si esprima come violenza e sopraffazione, di apertura e di concordia tra i popoli e le nazioni. Come il pontificato di Giovanni Paolo II ha manifestato, credo, al di là di ogni possibile dubbio. Poi le scuole espongano anche la foto del bambino ebreo. Devono farlo. Ma all’interno di un discorso più ampio sugli olocausti del secolo appena trascorso. Concludendo però con il messaggio di misericordia e di perdono portato da Cristo e dalla sua Chiesa. Perché in caso contrario aggiungeremmo odio all’odio e divisione alla divisione.
Con rinnovata stima ti invio i miei più cordiali saluti.
P.s. Quando la lettera era già inviata, il Corriere della Sera ha rintracciato negli Stati Uniti il protagonista della foto scattata a Varsavia nel 1943 (il bambino con le mani alzate, ora affermato professionista) che ha dichiarato: “Non ho dimenticato. Non ho perdonato”.
Emilio Bonicelli, giornalista del Sole 24 Ore ¶
Migliaia di circolari dalla sintassi (appositamente?) irritante, per organizzarti la vita. Progetti, figure funzione, orario modulare, orientering, pei, pei-tv, pof… Dopo dieci, venti o trent’anni che insegni ti senti cretino. Decretano pure come devi fare sedere il candidato alla maturità, che tale non è più se mai lo fu. Poi, in classe ci sei tu, da solo, a vedertela coi pochi che si alzano presto per venire a imparare, con quelli dell’obbligo che neppure comprano i libri aspettando il compleanno liberatorio, con quelli che vengono lì per trovarsi con gli amici o per fare mercati…
E a novembre, nella sala insegnanti comincia il rito dei rappresentanti delle case editrici coi nuovi prodotti, con sussidi per te, per lo studente, per nonni e nipoti, cartacei e discacei. Testi che ti sostituiscono in tutto. Testi di 300 pagine quando hai 2 ore settimanali e potrai svolgere al più una quindicina di argomenti. Ecco, qui, sui libri di testo, lo stato dov’è? Assente, assolutamente assente. Sono pieni di errori (e di orrori) per la fretta della pubblicazione, ma nessuno dice bhe. Liberismo selvaggio. Sopra di te un funzionario dell’amministrazione statale preoccupato solo che tu non esca dalle righe della burocrazia: moduli a pioggia, regolamenti, circolari, disposizioni… Studiare per ben insegnare? Devi rischiare di essere un po’ inadempiente. Idee? Alla prossima.
Alfredo Argentero, insegnante statale, Lentate sul Seveso ¶
Cari amici, grazie veramente per tutto ciò che state facendo. Visto che ora cominciate ad avere una lunga schiera di giovani lettori in età scolare, me compresa, che ne dite di svolgere settimanalmente un tema, o meglio ancora un breve saggio dato che se non cambia niente ci toccherà anche questo nel nuovo esame di stato? Non per poter copiare spudoratamente, ma per unire l’utile al dilettevole in questi tempi duri. Grazie e 2000 auguri.