William Jack Baumol. Nacque il 26 febbraio 1922. Nacque a New York nel quartiere del Bronx. I genitori erano immigrati dall’Europa orientale. In famiglia assorbì un’acuta sensibilità per i problemi sociali. Negli anni del liceo la lettura delle opere di Marx gli risvegliò l’interesse per le questioni economiche. Allo scoppio della guerra si arruolò nell’esercito. Fu impiegato in un ufficio che si occupava di assegnare derrate di cereali ai paesi che soffrivano la fame. Laureato al City College di New York fece nel 1947 domanda per essere ammesso a un dottorato alla London School of Economics. Gli offrirono un master, ma dopo solo sei settimane non solo fu ammesso al dottorato, ma gli fu offerto un posto di assistente. Nel 1949 arrivò all’università di Princeton, dove avrebbe percorso intera la carriera accademica. Era già professore emerito nel 1971 quando quando accettò l’invito dell’Università di New York dove lavorò fino al 2014, fino a novantadue anni.
Nel corso della carriera pubblicò numerosi libri e articoli con visioni originali su una serie di argomenti abbastanza ampia da andare dalla politica ambientale all’economia dei teatri di Broadway, dagli imprenditori in senso lato (coloro che producono ricchezza sociale, coloro che speculano nella finanza, coloro che si dedicano al crimine) all’inflazione, dalla competizione ai monopoli. Ne ottenne una sfilza di riconoscimenti accademici. Si dedicò con uguale passione all’arte: a New York inaugurò una personale delle sue tele prima di dedicarsi alla scultura in legno e alla computer art. È ricordato e discusso soprattutto per la teoria sulla cosiddetta “malattia dei costi” che risale al 1965. Il progresso tecnologico incrementava la produttività e naturalmente alzava i salari, in quanto i lavoratori erano in grado di produrre più beni. Ma questa legge non vale per le attività che richiedono più studio e una preparazione più lunga. Per eseguire un concerto di Beethoven i musici ci mettono oggi lo stesso identico tempo che i loro predecessori impiegavano nel 1817. La retribuzione deve necessariamente salire senza che aumenti la produttività.
Questo, anche se in misura diversa, vale per molte delle professioni sociali, dalla medicina alla raccolta dei rifiuti. Il risultato è che il lavoro di queste categorie indispensabili diventa sempre più costoso rispetto ai beni materiali prodotti in modo più efficiente. Per questo in un’economia dominata dai servizi la crescita tende a stagnare. E alla malattia dei costi non c’è rimedio.
Così pensava già mezzo secolo fa il professor William Jack Baumol, morto giovedì 4 maggio.
Mauno Koivisto. Nacque il 25 novembre 1923. Nacque a Turku, città bilingue con una forte minoranza svedese, nella Finlandia sud-occidentale. A sedici anni partecipò volontario a quel corollario della seconda guerra mondiale che è conosciuto come la Guerra d’Inverno (1939-40), tra Finlandia e Unione Sovietica. Combatté di nuovo, con armamenti forniti dai tedeschi, nella cosiddetta Guerra di Continuazione (1941-1944). Con l’esercito finlandese vittorioso si fermò a trenta verste da Leningrado. Smobilitato, si laureò in filosofia e si addottorò in sociologia. Intanto si dedicò alla politica nelle file del Partito socialdemocratico. La Finlandia era finita nell’orbita sovietica.
Per più di trenta anni Urho Kekkonen, una specie di eroe nazionale per la sua attività di partigiano bianco ai tempi della rivoluzione sovietica e gloria sportiva finlandese (salto in alto, salto in lungo e cento metri) aveva retto il paese. Koivisto gli successe nel 1982. Denunciò il trattato di Parigi che limitava gli armamenti finlandesi e il patto di mutua assistenza russo finlandese del 1948. Tenne contatti stretti con il leader sovietico Mikhail Gorbacëv, ma non trascurò gli Stati Uniti. Nel 1990 ospitò a Helsinki un summit tra Gorbacëv e il presidente americano George Bush. Nel 1992 iniziò il processo di ingresso nella comunità europea e tre anni dopo formalizzò l’ingresso nell’Unione Europea, sostenuto dal successo travolgente di un referendum. È morto venerdì 12 maggio.