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The Fall of Arthur. È questo il nome di un’opera inedita di John Ronald Reuel Tolkien, il padre de Il Signore degli anelli, presentata agli editori dal figlio di quest’ultimo, Christopher. Una scoperta eccezionale o soltanto feticismo filologico? tempi.it ne parla con Paulo Gulisano, medico e scrittore, esperto dell’opera di Tolkien.
La scoperta di The Fall of Arthur ha colto impreparati gli esperti di Tolkien?
No, è solo in parte una scoperta, poiché questo testo lo si conosceva da anni. Nella mia biografia di Tolkien, Il mito e la grazia, pubblicata dieci anni fa, già ne parlavo. La caduta di Artù è una di quelle opere incomplete a cui lo scrittore mise mano negli anni Trenta, prima ancora di scrivere Lo hobbit. Era un esperimento narrativo, infatti è incompiuto. E non era un mistero la sua esistenza, già lo si conosceva. Più o meno, tutte le opere di Tolkien sono state già catalogate, ma non tutte sono state pubblicate. Ogni tanto spingo qualche editore perché pubblichi le opere più interessanti. Come, ad esempio, un suo tentativo di romanzo di ambientazione fantascientifica, ma senza successo.
Chi ha scovato il manoscritto?
Christopher Tolkien, l’unico figlio di Tolkien, insieme a Priscilla, ancora in vita. Dopo il successo del Signore degli Anelli, Christopher ha portato agli editori qualche altra opera del padre. In particolare, propone agli editori opere particolarmente erudite. Christopher Tolkien non ha affatto gradito la “deriva” cinematografica della trilogia di Peter Jackson, a suo parere uno scempio dell’opera del padre. Ha voluto così controbilanciare il Tolkien “popolare” con una sua versione più “accademica”. Ma ben venga la pubblicazione di un’opera come questa.
Di cosa parla?
Tolkien, nel suo periodo sperimentale, ha provato a narrare le gesta del ciclo arturiano. La caduta di Artù è un poema interessantissimo perché anticipa molti temi del Signore degli anelli, come il fallimento di Frodo che non riesce a portare a termine la sua missione, se non con il provvidenziale evento di Gollum. Dopo questo tentativo, Tolkien ha abbandonato il terreno già praticato del racconto cavalleresco per costruire uno scenario antico più peculiare.
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Tuttavia, l’opera in questione era già conosciuta.
Tolkien stesso citava di un suo manoscritto ad Oxford, che ho visionato e da cui ho tratto una brevissima preghiera, che riportavo nel mio volume, dove il cavaliere, che ha fallito, domanda misericordia a Dio.
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