Lucania, detta anche Basilicata: terra antica, ricca di tradizioni. L’American Academy in Rome presenta fino al 26 novembre la mostra “Matera Imagined/Matera Immaginata: Photography and a Southern Italian Town”, curata da Lindsay Harris e realizzata grazie al supporto della Fondazione Matera Basilicata 2019. Accompagnata da una serie di eventi collaterali, vedrà una seconda tappa a Matera, presso il Museo nazionale d’arte medievale e moderna, Palazzo Lanfranchi (dal 7 dicembre al 4 febbraio 2018), come parte delle iniziative celebrative della città Capitale Europea della Cultura 2019.
Con oltre 40 fotografie realizzate da alcuni dei più grandi fotografi nel corso degli ultimi 70 anni, la mostra presenta con un percorso unico e inedito l’evoluzione dell’immagine della città. Dalla sua identità del passato, quella apparentemente immobile e dalla “tragica bellezza” narrata da Carlo Levi in Cristo si è fermato ad Eboli, fino al suo nuovo ruolo di riferimento culturale e di modello dell’eredità mediterranea, Matera ha sempre avuto uno stretto legame con la fotografia.
Nel percorso espositivo, le prime immagini, a cavallo degli anni ’40 e ’50, sono quelle contemporanee agli interventi del piano Marshall e al progetto urbanistico de La Martella, promosso da Adriano Olivetti. In questo momento prende forma, negli Stati Uniti e in Europa, l’idea di un utilizzo sociale della fotografia. Su questa spinta verso la modernizzazione arrivano a Matera David Seymour e Henri Cartier-Bresson, entrambi fondatori della Magnum, e quindi i reporter Marjory Collins, Esther Bubley e Dan Weiner.
In vece del popolo italiano
Negli anni ’50 e ’60 per i fotografi italiani, come Piergiorgio Branzi, Fosco Maraini e Mario Carbone, Matera è anche il simbolo di una identità nazionale da ricostruire, a partire dal Sud: il loro è uno sguardo antropologico, oltre che politico, rivolto alla ricerca dell’italianità. Anche di fronte al progressivo abbandono dei Sassi, il sito disabitato di Matera incontra dagli anni ’70 un nuovo interesse da parte dell’obiettivo fotografico, questa volta indirizzato al potenziale espressivo e creativo che la città suscita nell’artista. E’ il caso del materano Augusto Viggiano, ma anche di Emmet Gowin, Mario Cresci e Luigi Ghirri. Le opere più recenti presenti in mostra, create dall’artista Carrie Mae Weems e dall’architetto Yasmin Vobis insieme allo studioso Joseph Williams, nel corso della loro permanenza in Italia come borsisti dell’American Academy in Rome, raccontano “il ritorno” ai Sassi e l’apertura di una nuova fase per il patrimonio culturale di Matera.
Tutte queste immagini, per la prima volta insieme, compongono una narrazione non solo del patrimonio di Matera e della sua storia. Queste raffigurazioni mettono anche in risalto quelle questioni che hanno definito l’età moderna, nel bene o nel male: le lotte di potere tra la cultura del nord e quella del sud e tra l’ambiente urbano e quello rurale, la temuta scomparsa dei costumi e delle credenze tradizionali di fronte alla tecnologia, la persistenza della fede in un mondo sempre più definito dal razionalismo, le sfide lanciate dalla creazione di un’Europa unita e, infine, il fascino esercitato dalla fotografia su individui di qualsiasi estrazione sociale come mezzo per raccontare queste e altre storie attraverso le immagini. “Nelle loro mani, la macchina fotografica ha affermato la capacità di Matera di rappresentare i fondamenti stessi di ciò che ci rende umani”, afferma la curatrice Lindsay Harris nel catalogo che accompagna la mostra.
La mostra è parte del tema “New Work in the Arts & Humanities: East and West”, promosso dall’American Academy in Rome per la stagione 2017-2018 attraverso un ciclo di appuntamenti per individuare nuove modalità per inquadrare il complesso rapporto tra Oriente e Occidente, attraverso il punto di vista di diverse discipline.