Se lo scorso anno fu il volto di Cristo nella veronica di Manoppello, quest’anno tocca al cuore di due strani tipi, Jannacci e Guareschi, rappresentare icasticamente l’essenza dell’edizione numero 35 del Meeting di Rimini. Giorgio Vittadini, uno dei curatori e soprattutto l’ispiratore della mostra “Mondo Piccolo – Roba Minima” che fa dei due strani tipi i ciceroni delle kermesse, ce lo spiega con la bella immagine del cuore periferia e al tempo stesso «centro interessante da guardare». La vita è la vita. Per dirla con un altro cuore mica male, quello di Giorgio Gaber sorpreso da “illogica allegria” all’albeggiare in autostrada. Il cuore è gratitudine per l’esserci piuttosto che niente. Vivi, piuttosto che niente. «E sto bene/ Io sto bene/ proprio ora, proprio qui/ non è mica colpa mia/ se mi capita così».
Fateci caso, il Meeting arriva puntuale ogni anno come le stagioni che non sono più quelle di una volta e arriva con questa sua forza simpatetica che tira dentro tutti, fratelli o avversi si sia, alla ragione cristiana che ultimamente fonda tale festa di popolo. E arriva, quest’anno con particolare veemenza, con questo ideale di “amicizia tra i popoli” che pare assediato da ogni parte dai rumors di violenza e di guerra. Israele, Ucraina, Siria, Iraq, Libia. In breve, quello che solo l’anno prima apparve come spirito di liberazione e di primavera, è mutato rapidamente in guerre intestine, guerre fraterne, odio senza fine. In un certo senso di originale c’è questa terribile disgrazia nigeriana, popolo che una banda di tagliagole ha preso in ostaggio e vorrebbe ridurre in schiavitù così come ha ridotto a fauna della foresta duecento ragazze rapite e obbligate a rapporti e matrimoni forzati. I carnefici si chiamano Boko Haram, nome di battaglia che dice testualmente “l’educazione occidentale è peccato”. Ed è una lotta senza quartiere all’educazione (in quanto presuppone un dato e una tradizione) ciò che è emerso più prepotentemente nella cronaca di quest’anno. Dall’America della natura ribaltata nelle voglie ribalde di una élite ricca e illiberale. Al Medio Oriente dove i cristiani sono pressoché stati eliminati dall’orizzonte civile di quasi tutti i paesi (dalla Turchia all’Iraq, dalla Siria alla Palestina).
Ovunque prevale lo sciocco e infame ideologo che racconta il mondo a una sola dimensione. E neanche la dimensione giusta. Troppo umano sarebbe infatti volere l’altro, stimarne il destino, volerlo pienamente se stesso. Volere l’altro, stimarlo, accettarlo come parte di se stessi, è il più grande peccato per il potere di ogni setta e colore. Infatti, come sapeva Soloviev, una volta che l’uomo e Dio siano stati fissati ai poli opposti, come fanno gli integralisti islamici di là e gli integralisti laicisti di qua; una volta che l’islamista consideri l’uomo una forma finita senza alcuna libertà e Dio una libertà infinita senza alcuna forma; o una volta che il relativista consideri la cosa in maniera identica anche se speculare, ovvero Dio una forma finita inventata dall’uomo e l’uomo forma cangiante del desiderio infinito, la prigione non cambia. Fuori di qui, fuori dalla galera ideologica, ecco c’è un meeting. C’è una compagnia che non è Facebook e una strada che non è un Twitter. È un mare. Un mare che come gli zingari di Jannacci, la bambina portoghese di Guccini, il conquistatore di Vecchioni, tocca solo guardare. E così, «sfiorisci bel fiore, sfiorisci amore mio, che a morir d’amore c’è tempo lo sai».