“Monti può essere ancora utile al Paese, per questo sarebbe meglio che rimanesse fuori dalla contesa”. E’ quanto detto da Pier Luigi Bersani, intervenuto lunedì scorso a Milano a sostegno del candidato del centro-sinistra alle regionali lombarde, Umberto Ambrosoli.
“Fuori dalla contesa”, dunque. In altre parole, sarebbe meglio Monti non si candidasse. Il perché di un simile auspicio è presto detto: esso va ricercato nell’intervista rilasciata dal cardinale Angelo Bagnasco al Corriere della Sera di lunedì scorso. Dal presidente della Conferenza episcopale italiana, un evidente endorsement a favore del premier Mario Monti. Non solo per il presente. Ma anche, e soprattutto, per lo scenario politico-istituzionale del dopo elezioni.
Perché “sarebbe un errore non avvalersi di chi, come il premier, ha contribuito alla credibilità del nostro Paese”. Parole inequivocabili, segno di quanto Oltretevere venga incoraggiata al termine della legislatura la prosecuzione dell’esperienza del governo Monti. “Irresponsabile chi pensa a sistemarsi mentre la casa brucia”, ha proseguito il cardinale nel suo colloquio con Gian Guido Vecchi. Chiaro riferimento a Silvio Berlusconi, ovvio. Ormai considerato alla stregua di un “cavallo” non più credibile.
La Chiesa, quindi, dopo aver scaricato Berlusconi e non fidandosi affatto della segreteria pidiellina di Angelino Alfano, parrebbe spingere sempre più affinché possa costituirsi una lista Monti sotto egida Cei che comprenda, oltre a possibili e potenziali fuoriusciti del Pdl, il cosiddetto mondo di Todi. Ciò, evidentemente, potrebbe rappresentare il richiamo della foresta per quei democratici autentici propugnatori della fantomatica e più volte rammentata – ma oggi ancora poco individuabile, occorre ribadirlo – agenda Monti. Fantapolitica? Sì, no. Forse.
Come dimenticare, sul tema, l’incontro che l’ala montiana del Partito Democratico tenne al Tempio di Adriano il 29 settembre scorso. “Cento di queste riforme: il PD e l’agenda Monti oltre il 2013”, la piattaforma (inequivocabile) di quel convegno. Animatori della “corrente”, tra i tanti, il costituzionalista Stefano Ceccanti e il giuslavorista Pietro Ichino. E ancora, Enrico Morando e Claudio Petruccioli. Nonché, l’ala teo-dem del Partito democratico: Marco Follini e Giorgio Tonini, tanto per citare due delle personalità di maggiore rilevanza.
L’agenda Monti, ora, potrebbe assumere le sembianze di un progetto politico ben delineato. L’intervista di Bagnasco sembrerebbe aver aperto uno spiraglio verso la costruzione di una lista del presidente. Ma il presidente della Cei non s’è voluto rivolgere solo ai cattolici del Pdl affinché leghino i loro destini a quelli di Mario Monti. Il messaggio di Bagnasco è assolutamente trasversale. La Chiesa guarda con estrema preoccupazione sì alla ridiscesa in campo – per la sesta volta consecutiva – di Silvio Berlusconi, ma anche a un centrosinistra a trazione bersanian-vendoliana.
E allora? Be’, tutto si tiene. Anche le affermazione milanesi di Pier Luigi Bersani: “Monti è utile al Paese, ma è meglio che rimanga”. Che equivale a sostenere il principio secondo cui il premier – dopo le elezioni – continuerà ad avere un ruolo di primo piano nelle istituzioni. Come e dove (Quirinale? Via XX settembre?), tuttavia, lo vorremmo decidere noi dopo la vittoria del 18 o del 25 febbraio. Ergo, non si candidi, Mario Monti. Altrimenti potrebbe sconquassare anche il nostro, di campo. E soprattutto potrebbe drenarci (non pochi) voti.