E’ ufficiale. Dopo la querelle sull’opportunità o meno di festeggiare il 150° anniversario dell’unità d’Italia con la chiusura di scuole e uffici, remunerando la giornata di chi lavora come festiva, oggi il Consiglio dei ministri ha dato via al provvedimento compensativo che prevede la celebrazione. In cambio il 4 novembre, da sempre remunerato come giorno festivo, per quest’anno non lo sarà più.
Anche se la risoluzione pare un compromesso per calmare le diatribe tra chi ritiene di fondamentale importanza l’evento per la memoria di ogni cittadino e chi pensa alla pancia del paese, i vescovi italiani riconoscono la celebrazione come importante per l’identità nostrana. Perciò, il 17 marzo, nella basilica di Santa Maria degli Angeli di Roma, si terrà una Messa presieduta dal cardinale Angelo Bagnasco. Si festeggerà «attraverso la preghiera».
La Cei ha dichiarato, infatti, che «i vescovi italiani intendono rilanciare l’auspicio espresso da Benedetto XVI». Che ha chiesto a Dio la grazia perché «possa emergere un comune sentire, frutto di un’interpretazione credente della situazione del Paese; una saggezza propositiva, che sia il risultato di un discernimento culturale ed etico, condizione costitutiva delle scelte politiche ed economiche. Da ciò dipende il rilancio del dinamismo civile, per il futuro che sia – per tutti – all’insegna del bene comune».
Il cardinale mons. Giacomo Biffi nel libro appena edito da Cantagalli, L’unità d’Italia, ha ben spiegato cosa significhi che “il comune sentire è frutto di un’interpretazione credente”: «L’elemento più potente di aggregazione delle varie genti della penisola è stato il comune possesso della fede cattolica e del suo radicamento almeno implicito nelle menti, nei cuori, nelle coscienze. Il Vangelo di Cristo – a partire dalla fine del secolo IV – in ogni angolo della nostra terra è stato accolto e assimilato, ovviamente con tutte le lacune, le incoerenze, le contraddizioni comportamentali che non dovrebbero meravigliare nessuno. […] Le genti d’Italia – tutte le genti – hanno attraversato i secoli nella certezza di provenire da Dio, Creatore e Padre; sorrette dalla speranza di una vita eterna, che va meritata nella vita terrena; con l’impegno a tentare di vivere come fratelli e a realizzare questo impegno anche nelle opere sociali e di carità». Biffi nel suo libro ricorda che è questo che ci ha sempre uniti, «ha fatto da collante» e a cui forse oggi ci farebbe bene rigurdare.