Chiudi la stalla, che sono scappati i buoi. La campagna di repressione dello spaccio di droghe sintetiche da parte del governo dopo i recenti tragici avvenimenti (il decesso di un ragazzo, danni permanenti ad alcuni altri) assomiglia tanto all’insipiente comportamento del detto popolare. Sì, perché i dati statistici dicono che l’Italia è il secondo paese dell’Unione Europea (UE) per numero di decessi causati dal consumo di droghe, preceduta soltanto dalla Germania, ma è uno degli ultimi quanto a procedimenti giudiziari contro gli spacciatori: fra i paesi per i quali sono disponibili dati, solo Irlanda, Grecia e Portogallo perseguono i delitti legati agli stupefacenti meno dell’Italia. Insomma, da noi la repressione non è mai stata una priorità dell’ordine pubblico: la tradizionale polemica fra proibizionismo e antiproibizionismo poggia sul nulla, perché il sistema realmente vigente nella penisola è piuttosto quello del lassismo.
A propria discolpa le autorità italiane possono tentare di invocare due argomenti: il primo è che i dati attualmente disponibili sono vecchiotti, poichè risalgono al 1994, ultimo anno di rilevazione a disposizione di Eurostat (il nuovo rapporto è atteso a giorni); il secondo è che gli 840 morti italiani “pesano” meno di quelli di altri paesi, per esempio meno dei 264 danesi, perché l’Italia è uno degli stati più popolosi dell’UE. Entrambe le affermazioni meritano di essere smentite.
E’ vero che i dati risalgono al 1994, ma è anche vero che il trend lassista italiano viene da lontano, ed è dunque pressochè sicuro che anche i dati più recenti lo confermeranno: il numero dei procedimenti giudiziari anti-spacciatori è aumentato di anno in anno fra il 1986 e il 1992, passando da 24 a 73 ogni 100mila abitanti, ma dopo quella data ha cominciato a diminuire. Dall’86 in avanti, l’Italia è stata sempre quart’ultima o quint’ultima per quanto riguarda i delitti perseguiti.