Articolo tratto dall’Osservatore romano – Un messaggio di pace a tutto il mondo: è quello che vogliono lanciare una cinquantina di giovani musulmani iracheni che hanno cominciato a ripulire e a restaurare, a Mosul est, una chiesa cattolica dedicata alla Madonna in un’area recentemente strappata dai lealisti ai miliziani del cosiddetto Stato islamico (Is). A beneficiare dell’intervento — riferisce l’Ansa — è la chiesa della Vergine Maria, appartenente all’arcidiocesi di Mossul dei Caldei, nel quartiere di al-Dergazliya, che durante i due anni e mezzo di occupazione dello Stato islamico è stata trasformata in una sede della polizia morale del “califfato”. Risparmiata dalla barbarie, a differenza di molti altri luoghi di culto, comprese chiese e moschee, che sono state distrutte dai miliziani jihadisti.
«Abbiamo deciso di assumere un ruolo diretto per ripulire la nostra città — ha detto Maher Al Obaidi, capo della Rete delle organizzazioni della società civile (ong che cura l’iniziativa) — e adesso è il momento di ripulire e risistemare moschee, chiese e altri luoghi di culto». Tutti i volontari all’opera, è stato sottolineato, sono musulmani, perché i membri delle altre comunità sono stati cacciati dalle loro case dai terroristi islamici e ancora non si sentono sicuri a tornare. Si tratta, ha aggiunto Mohammad Badrany, dell’organizzazione non governativa Ramah, che collabora all’iniziativa, di «un messaggio ai nostri fratelli cristiani affinché tornino alle loro case, perché Mosul ha bisogno di loro».
In effetti, anche se lentamente, il ritorno dei cristiani nei quartieri orientali di Mosul, da poco sottratti dall’esercito iracheno alle milizie del cosiddetto Stato islamico, è già cominciato. Secondo quanto riportato dal sito in rete Ankawa.com e ripreso dall’agenzia Fides, sono almeno tre le famiglie armene che hanno fatto ritorno alle proprie case in aree urbane appena sottratte ai jihadisti e nonostante la situazione di generale insicurezza che continua a pesare su tutta la città. Nei giorni scorsi quelle zone di Mosul sono state teatro anche di attentati suicidi che hanno provocato almeno nove morti tra i civili. Com’è noto, i terroristi islamici avevano conquistato il capoluogo del governatorato di Ninawa il 9 giugno 2014. Nelle settimane successive, tutti i cristiani presenti in città avevano abbandonato le proprie case (molte delle quali subito espropriate dai jihadisti) cercando rifugio come profughi dapprima nei villaggi della piana di Ninive o a Kirkuk, e poi soprattutto a Erbil e nei villaggi del Kurdistan iracheno. Gli ultimi dieci cristiani, tutti anziani, rastrellati dai villaggi della piana di Ninive e trasferiti a Mosul nella seconda metà del 2014, erano stati espulsi dai miliziani jihadisti il 7 gennaio 2015, dopo che avevano rifiutato di rinnegare la propria fede. Il gruppo di anziani (alcuni dei quali con gravi problemi di salute) era stato accolto a Kirkuk, dopo aver passato due giorni al freddo nella “terra di nessuno” tra i villaggi occupati dalle milizie dello Stato islamico e l’area sotto controllo dei peshmerga curdi.
Altro luogo di culto tornato a disposizione della popolazione, seppur gravemente danneggiato, è la chiesa siro-ortodossa di Sant’Efrem, un tempo utilizzata dai jihadisti come sede del “consiglio di Stato dei mujahidin”. Situata in un’area della città già riconquistata dall’esercito iracheno, è stata visitata nei giorni scorsi da Nicodemus Daoud Matti Sharaf, metropolita siro-ortodosso di Mosul. Sulla facciata e sulle pareti dell’edificio ancora campeggiano gli striscioni e i cartelloni neri del cosiddetto Stato islamico. Nel luglio 2014 la croce che svettava sulla cupola era stata divelta. Il 9 settembre successivo, i raid aerei compiuti per colpire le postazioni dei jihadisti avevano danneggiato gravemente alcuni edifici adiacenti alla chiesa di Sant’Efrem e a quella siro-cattolica di San Paolo. Nel novembre 2014 Sant’Efrem venne svuotata dei suoi arredi interni e voci messe in rete via internet avevano accreditato la notizia (mai confermata) che il luogo di culto cristiano sarebbe stato presto trasformato in moschea.
Foto Ansa