La libertà religiosa è praticamente inesistente in Arabia Saudita. Ogni culto pubblico che non sia quello islamico è severamente proibito e punito, mentre il culto privato rimane sottoposto a varie restrizioni, nonostante le affermazioni in senso contrario del governo. Tra i sette milioni di immigrati, quella cristiana è la comunità non islamica più numerosa e risulta perciò maggiormente colpita dal bando dei culti non islamici. Ai cristiani e agli infedeli non è consentito costruire un cimitero per ospitare le spoglie dei propri defunti, né tanto meno celebrarne i funerali. La macabra discriminazione vige per evitare che sul territorio saudita, dove sono ospitati i luoghi sacri dell’islam, siano recitate preghiere non musulmane. I parenti vivi, quindi, devono sbarazzarsi del congiunto al più presto, rispedendo la salma in patria a un costo corrispondente a circa 3.300 euro. Tale sorte tocca a circa un quarto dei lavoratori stranieri, tra cui si contano filippini cristiani, indiani induisti, thailandesi e nepalesi buddhisti. Tra l’altro, se a uno di loro capita un incidente mortale, l’indennizzo pagato dall’assicurazione ammonta esattamente alla metà di quello che spetta a un musulmano in circostanze simili, perché il miscredente è considerato di minor valore. Perciò, nella città saudita di Gedda, ci sono solo due eccezioni. Un camposanto per i bambini e una “zona di nessuno”, territorio diplomatico, dove si possono temporaneamente seppellire i morti, gestito a turno dalle ambasciate occidentali. La diffusione di insegnamenti islamici diversi dall’interpretazione wahhabita del governo è vietata. Per questo, un milione di sauditi sciiti risultano soffrire di una discriminazione religiosa, oltre che politico sociale, che si traduce nel bando dei libri sciiti e nel loro allontanamento dalla pubblica amministrazione, in particolare dalle funzioni attinenti alla sicurezza nazionale. Tra i detenuti il caso di Buliamin, 40 anni, desta una particolare apprensione poiché sul passaporto vi è scritto che è di religione musulmana. Secondo l’agenzia Fides, l’uomo si è convertito al cristianesimo in Arabia Saudita e viene quindi considerato apostata dell’islam. La sanzione prevista per tale reato è la pena di morte.
Morigi Andrea
Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994
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