La preghiera del mattino
Il Terzo polo è più lo specchio della disgregazione della democrazia che una via per superarla
Su Startmag Paola Sacchi scrive: «Dei liberal-riformisti di “Libertà eguale”, di cui molti esponenti votarono tre sì al referendum giustizia di Lega e Radicali, fanno parte anche personalità cattoliche come Giorgio Tonini e il costituzionalista, ex deputato del Pd, Stefano Ceccanti. L’ex deputato, prima estromesso dalle liste elettorali a vantaggio del leader della sinistra rosso-verde Nicola Fratoianni, poi riammesso ma non eletto, ricorda la necessità di essere “riformisti anche quando si è all’opposizione”. Ceccanti vede rispetto alla riforma presidenziale un possibile punto di dialogo con la maggioranza di centrodestra sul premierato. La due giorni a Orvieto, meta ogni anno di “Libertà eguale”, ha dato l’immagine di uno spicchio di centrosinistra – pur rappresentato da un’associazione da cui, ricorda Morando, può venire solo un indirizzo politico-programmatico – che contrasta ma non demonizza l’avversario politico e ragiona sulle idee “alla ricerca del centrosinistra”, come recita il titolo del convegno».
Una qualificata osservatrice della politica italiana come la Sacchi racconta il succo del convegno che l’associazione Libertà eguale ha tenuto con un occhio alla preparazione del congresso che vede in corsa innanzi tutto Stefano Bonaccini ed Elly Schlein. La Sacchi sottolinea innanzi tutto l’importanza dell’intervento di Ceccanti che nella sostanza parte dalla costatazione di come la crisi della politica derivi da quella del nostro Stato, e che quindi ai temi della contrapposizione alla destra si debba accompagnare anche quelli della convergenza costituente con la destra stessa. Una democrazia così disgregata come la nostra si risana se una salvifica contrapposizione politica si accompagna a un comune sforzo di restaurazione di una Costituzione in parte notevole definita da una Guerra fredda ormai finita.
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Su Open Giovanni Ruggiero scrive: «All’assemblea costituente che ha in mente Calenda dovrebbero trovare spazio un po’ tutti: “Forze politiche, movimenti culturali, single personalità, correnti minoritarie”, per un totale di mille persone. E poi c’è un altro desiderio di Calenda, cioè quello di scongelare i rapporti ormai gelidi con +Europa, dopo lo strappo alla vigilia delle ultime elezioni politiche: “Io ho fatto scelte molto diverse da quelle di Benedetto Della Vedova e di +Europa e ce ne siamo dette di tutti i colori. Ma +Europa deve stare in questo processo politico, non può non esserci”. C’è spazio anche per i singoli nomi, come Carlo Cottarelli, presente all’evento a Milano, fresco eletto con il Pd: “E che in modo del tutto legittimo ha scelto un percorso interno al Pd, pensando che possa essere ancora riformato. Ma Carlo, ti dico che non può esserlo. Il Pd non può essere altro perché la sua base è divisa”».
I partiti laici della Prima Repubblica avevano un legame diretto con i grandi dell’Ottocento: i liberali con Camillo Benso di Cavour, i repubblicani con Giuseppe Mazzini, i radicali con Giuseppe Garibaldi. Questo patrimonio storico poteva rinnovarsi grazie a un sistema proporzionale che aiutava l’identità culturale delle singole forze politiche. L’ammucchiata calendian-renziana ha strani riferimenti, più in Luca Cordero di Montezemolo o in Marco Carrai (magari con un tocco di fanfanismo fuori contesto) che in un filone radicato nella storia nazionale, e raccoglie quindi più gli scontenti (quella che non è riuscita a essere candidata al centrodestra in Lombardia, quello che è stato escluso dalle liste da Matteo Salvini, quello emarginato da Enrico Letta o da Giuseppe Conte) che persone con una chiara visione politica: è più la rappresentazione della disgregazione della democrazia italiana che una via per superarla.
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Sul Sussidiario Andrew Spannaus dice: «La volontà di frenare la crescita economica e strategica della Cina. Washington cerca di farlo senza danneggiare direttamente Pechino ma rafforzando tutto l’Occidente».
Un attento osservatore della realtà internazionale com’è il giornalista americano Spannaus coglie bene il dilemma centrale dell’attuale fase: contenere l’egemonismo cinese senza squilibrare lo sviluppo globale. Un obiettivo tremendamente complicato.
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Su Formiche Francesco De Palo scrive: «Certo che la benzina più cara impatta su famiglie, imprese, consumatori e intero sistema-paese. Ma innescare e sottolineare ora le differenze tra alleati della maggioranza non sembra la strada migliore per correggere la rotta. Ad alcune diverse sensibilità tra Forza Italia e Fratelli d’Italia, manifestate per voce di parlamentari e commentatori, ha replicato il sottosegretario Giovanbattista Fazzolari sostenendo la tesi che di più non si poteva fare, come tutti (partiti e leader) sanno. “I tagli si faranno appena possibile”, ha ricordato anche a chi, forse, dimentica quali erano le premesse prima della legge di bilancio: si agitavano rischi di tenuta per i conti italiani; c’erano puntati su Roma gli occhi dei mercati, delle agenzie di rating e di Bruxelles sulle scelte economiche del governo appena nato; si invocava quasi la troika come soggetto che sarebbe entrato in campo un nanosecondo dopo l’approvazione della manovra di un pericoloso governo di destra alla testa dell’Italia. Non è andata così. Le mosse del governo si sono rivelate ben più oculate rispetto alle recenti politiche dei bonus a pioggia (110 per cento docet) che stanno gravando non solo sul debito pubblico, ma anche sulla libertà di manovra attuale. Per cui, attaccare oggi Palazzo Chigi e il Mef significa non capire fino in fondo la portata della stagione che si sta aprendo».
Silvio Berlusconi sta manovrando contro la maggioranza di centrodestra come nei tempi passati Umberto Bossi, poi Pier Ferdinando Casini e Gianfranco Fini fecero contro di lui quando era il leader del centrodestra? Le tendenze alla disgregazione della democrazia italiana sono molto forti anche perché poggiano su una base sociale (la nostra borghesia compradora) ostile a una politica troppo autorevole. E così dopo le (relativamente) “giovani speranze” dei primi anni Duemila, a svolgere il lavoro di disfacimento politico si impegnerebbero le vecchie glorie (tra le altre anche quell’anima sperduta di Letizia Moratti)? È un processo incontrastabile? Vanno sciolti anche alcuni nodi istituzionali per garantire una maggiore solidità dei governi della Repubblica? Giorgia Meloni dovrebbe imparare dalle travagliate vicende berlusconiane a combinare una mano ferma con un approccio più politico nel guidare il centrodestra?
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