Che cosa non si fa pur di prendersi una vacanza. Nel giorno della “profezia” del grande terremoto a Roma la terra è tranquilla ma il 20% dei romani non è andato a lavorare mentre alberghi e agriturismi nei dintorni della Capitale hanno registrato un inconsueto aumento del numero delle prenotazioni. Anche gli stranieri della Chinatown romana hanno chiuso i negozi per fantomatici inventari. Il funesto presagio partito da lontano, direttamente da Nostradamus, e passato per il “sismologo autoproclamato” Raffaele Bendandi, si è diffuso a macchia d’olio grazie a un veloce passaparola e ora paralizza Roma.
Psicologi e filosofi si interrogano sulle ragioni della psicosi romana, dando la colpa all’ancestrale bisogno dell’essere umano di avere paura e al ricordo ancora vivo del terremoto dell’Aquila. Il vicepresidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche Roberto de Mattei è più portato a pensare a un fenomeno tipicamente italiano: si crede al terremoto come «si crede ai maghi, alle fattucchiere, agli astrologi. Anche la Rai, che è un servizio pubblico, ci propina le previsioni degli astrologi che noi paghiamo col canone».
Ma nel giorno della psicosi c’è chi sceglie di informarsi: in occasione del “grande terremoto” la sala sismica dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) ha organizzato un open day per rispondere alla paura del terremoto a Roma ed è boom di visite.
«La gente si spaventa quando non capisce le cose, è come avere paura del buio», dice un signore anziano uscendo dalla saletta dell’Ingv dove i ricercatori illustrano le carte sismiche. La sala sismica è affollata di bambini accompagnati da mamme, nonne o insegnanti. In ogni angolo dell’Istituto decine di ricercatori, con l’aiuto di cartine e modelli interattivi, spiegano ai visitatori che cosa sono i terremoti, quelli veri.
Un’iniziativa di tutt’altro genere, ma con l’identico risultato di prendersi un giorno di pausa, è stata organizzata in mattinata dal blogger Paolo Attivissimo, giornalista informatico e “cacciatore di bufale”. L’incontro prende il nome di “Pernacchia party” e secondo il creatore è stata «occasione per sbeffeggiare tutti i menagramo che hanno propagato questa panzana». Con i partecipanti che mangiano torta e festeggiano, in barba alla superstizione.