Il regime (quatto, quatto) avanza Dai dati diffusi settimana scorsa, si apprende che nei primi 300 giorni di attività l’attuale esecutivo ha emesso 126 decreti legislativi. Si tratta di provvedimenti realizzati in piena autonomia dal governo senza intervento, se non consultivo, del Parlamento, sulla scorta di una delega spesso generica, concessa dalle Camere: una volta che il ministro l’ha redatto e il Consiglio dei ministri approvato, il decreto viene sì sottoposto al Parlamento, ma il parere di deputati e senatori non è vincolante. Di questi 126 decreti, 100 sono stati definitivamente approvati e gli altri 26 sono in attesa di ratifica da parte delle Camere. Nello stesso periodo le camere hanno approvato appena 22 proposte di legge sorte da iniziative di parlamentari.
Nella lista dei decreti ci sono riformette come, per esempio, quelle della sanità o della scuola (giusto mercoledì scorso, 15 settembre, durante la votazione sulla legge di riordino dei cicli presentata da Berlinguer il Polo ha abbandonato l’aula di Montecitorio per protesta verso il tentativo di far avanzare le riforme su temi tanto importanti a colpi di deleghe in bianco al ministro). E il governo ha annunciato che userà questa procedura anche per le pensioni e la riforma del welfare. Ecco come ti instauro un regime senza stivaloni ed esercito in piazza, ma a colpi di silenziosissimi decreti delegati…
(vignetta) Vignetta inviataci da alcune associazioni di medici Medici in fuga…
Da un’indagine condotta all’interno della clinica Mangiagalli di Milano risulta che il 95% dei medici con ruolo di primario o aiuto primario si stanno orientando verso la decisione di rinunciare agli incarichi direttivi pur di mantenere l’attività libero-professionale in istituti o studi privati. Ma non è l’unico caso. All’istituto ortopedico Gaetano Pini solo 12 medici hanno scelto di avere un rapporto di esclusiva con l’ospedale pubblico e anche all’Istituto dei Tumori risulta che l’orientamento predominante sia per l’attività extra moenia piuttosto che intra moenia. A determinare un simile orientamento sarebbe la scarsa fiducia verso le possibilità offerte dall’’attività esclusiva nelle strutture pubbliche. Infatti, una volta scelto non si può più tornare indietro. Oltre a dubbi concreti (E se le regole cambiano? E se per fare visite private all’interno di strutture pubbliche fossimo costretti a recarci in zone remote?) è la prospettiva di perdere la libertà del proprio lavoro privato.
Quanto paventato da mesi dalle associazioni mediche si sta puntualmente avverando. La Mangiagalli sta cercando di correre ai ripari assumendo 6 o 7 medici da fuori. Presumibilmente molti altri ospedali saranno costretti ad arruolare medici in fretta e furia per coprire i vuoti di organico che si creeranno. Ma quali potranno essere le conseguenze economiche e, soprattutto, quale l’impatto sul servizio offerto di un simile rivolgimento e travaso di professionalità, è difficile da immaginare. Ci provi anche la signorina Bindi prima che sia troppo tardi.
e alle costole della Bindi Evidentemente non solo Tempi (n° 31-32, 12/25 agosto) nutriva dubbi su quale fosse il vero testo della legge-delega approvato dal Consiglio dei ministri e firmato da Ciampi. Come evidenziato anche da Silvio Berlusconi, infatti, nella versione pubblicata un mese dopo sulla Gazzetta Ufficiale c’erano non poche differenze rispetto al testo diffuso in precedenza, passando da 15 a 17 articoli e con particolare cambiamenti negli articoli 8, 9, 16 e 17. Ora il Cap, il cartello di agitazione permanente che raccoglie oltre 9 sindacati della categoria medica, accusa apertamente il ministro Bindi di aver cambiato il testo del provvedimento dopo l’approvazione del Consiglio dei ministri e hanno esposto denuncia alla magistratura. Il cartello annuncia un’ondata di denunce in tutte le cancellerie delle preture e le stazioni dei carabinieri.
Inseguita dai medici e forse tra un po’ anche dai carabinieri, è rimasto solo il segretario dimissionario del Ppi a difenderla: “La Bindi – ha affermato Franco Marini alla Festa dell’Amicizia – ha scardinato le incrostazioni delle grandi corporazioni di medici, pensando ai cittadini”. Infatti, la salute del suo partito e della sua stessa segreteria sono lì a dimostrarlo.
Balilla, balocchi…
Settimana scorsa, in occasione della riapertura delle scuole, il ministro della Pubblica Istruzione ha lanciato lo slogan per il nuovo anno: “Una scuola più severa, ma anche più attraente” e, ricordando le riforme che aspettano di essere approvate in Parlamento, dalla parità scolastica alla riforma dei cicli a quella dei programmi, Berlinguer ha concluso che “Voglio alunni che vadano in classe con l’entusiasmo di studiare”.
Dopo il ministro dei Beni culturali Giovanna Melandri che vorrebbe incentivare per decreto gli italiani, e soprattutto i giovani, a leggere, ecco il ministro della Pubblica istruzione che vuol far piacere la scuola ai ragazzi per legge. E per passare subito ai fatti, ha assoldato Roberto Vecchioni perché vada per le scuole italiane a insegnare “la poesia in musica come nuovo genere letterario”. Così, dopo trent’anni di onorato insegnamento, Vecchioni si riduce al ruolo di menestrello ulivista, mentre il governo ci fa fare un altro passo verso quel paese dei balocchi dove si realizzano tutti i sogni fatti a quindici anni sui banchi di scuola: “che bello se a scuola ci insegnassero le canzoni…”. Libro e moschetto, balilla (sorridente) perfetto (ma un po’ rincretinito).
e spot (altro che stop alla pubblicità) Mercoledì 15, a Bologna, con la presenza del ministro della Funzione pubblica, Angelo Piazza, si è aperta la sesta edizione del Com-pa, il Salone della comunicazione della pubblica amministrazione che intende porsi come punto di incontro tra pubblica amministrazione, aziende e cittadini. Dai dati diffusi si è appreso che nel primo semestre dell’anno (gennaio-luglio ’99) l’investimento in pubblicità della pubblica amministrazione, rispetto allo stesso periodo del 1998, è passato da 44,6 a 87,7 milioni di lire con un incremento del 97%.
“Non correre troppo in auto” (il sabato sera), “non drogarti troppo” (non più di una volta a settimana), “se lo fai stai attento all’Aids”, “usa il preservativo”, “vai in vacanza in Adriatico” (tanto c’è la Nato), ma “non abbandonare il cane” e “ricordati di portare il nonno a spasso”…. Dopo le canzonette a scuola e le biblioteche con filodiffusione, se non bastasse, un po’ di spot non possono che far bene. E, alla faccia della par condicio e al bando della pubblicità elettorale, concentrati nei primi mesi dell’anno, in attesa delle elezioni, così che la firma “Presidenza del consiglio” si ricordi bene.
Sofri e Tuti Settimana scorsa Fabio Massimo Gallo, membro togato del Csm di Magistratura indipendente ha chiesto l’apertura di un fascicolo di indagine nei confronti dei giudici della quarta Corte d’appello di Venezia che hanno riaperto il processo Calabresi nel quale sono imputati Adriano Sofri, Giorgio Pietrostefani e Ovidio Bompressi. Gallo ha dichiarato di voler verificare l‘esistenza di eventuali irregolarità dal momento che i giudici sarebbero rientrati in anticipo dalle ferie proprio per decidere sulla richiesta di revisione poi accordata sottraendo l’incartamento al cosiddetto collegio estivo.
Il fatto che perfino Antonio Li Gotti, legale della famiglia Calabresi, abbia preso le distanze dall’iniziativa di Gallo la dice lunga. Il punto, infatti, è stabilire se degli uomini siano o meno colpevoli di aver organizzato e realizzato l’omicidio di Calabresi. Se ci sono elementi che inducono a riaprire il processo che li ha condannati, è doveroso farlo. Il resto è dietrologia che contribuisce solo a inquinare ulteriormente il clima di un processo che si trascina da troppo tempo. Cogliamo anche l’occasione per una buona notizia: il 3 novembre si terrà l’udienza preliminare del tribunale di Milano per esaminare la richiesta di semilibertà per Mario Tuti, in carcere da 25 anni per l’omicidio di 2 carabinieri avvenuto nel ’74 durante uno scontro a fuoco. Tuti sarà difeso da due avvocati d’eccezione: infatti, oltre che da Corrado Limentani, giovane e quotato penalista milanese, la sua difesa sarà retta dal deputato di An Alberto Simeone, padre dell’omonima legge sui benefici carcerari.