Anticipiamo l’editoriale del prossimo numero di Tempi in edicola da giovedì 1 ottobre (vai alla pagina degli abbonamenti) – Nel libero e forte pensiero affidato da Angelo Scola al Corriere della Sera (27 settembre), viene stroncata l’immaginetta di un papa sanculotto e patrimonio dell’Unesco. In verità, dice il cardinale, la strumentalizzazione che da destra lo vorrebbe populista eterodosso e da sinistra iscritto al partito #LovIsLove, esce battuta da uno che «parla con autorità», «ha un fortissimo senso del popolo», «un carisma straordinario di coinvolgimento». L’effetto simpatizzante o antipatizzante che fa il primo pontefice argentino, gesuita e Francesco della storia, è irrilevante rispetto al giudizio di ragione che mette al giusto posto umori e sentimenti. Lo si è visto anche nel viaggio americano. Parlando al Congresso e all’Onu da capo di Stato e incitando i cattolici a non stare sulla difensiva, Francesco fa “movimento” «in un momento in cui c’è più che mai bisogno di “mescolare le carte”» (Scola).
Prova ne sia l’acutissimo discorso tenuto ai vescovi radunati per l’incontro mondiale delle famiglie. Non è che il Papa non veda «la solitudine radicale» in cui viviamo nell’epoca democratica occidentale nella quale il poeta Milosz (dei tempi sovietici) ribadirebbe «si è convinto l’uomo che se vive è solo in grazia dei potenti». Quindi pensi alla palestra e all’aperitivo. «Chi ama la res pubblica avrà la mano mozzata». È così, dice Francesco, «inseguendo un “mi piace”, inseguendo l’aumento del numero dei “followers” in una qualsiasi rete sociale, così le persone seguono – così seguiamo – la proposta offerta da questa società contemporanea. Una solitudine timorosa dell’impegno in una ricerca sfrenata di sentirsi riconosciuti».
Verrebbe da dire: questo Papa è pasolinianamente avvertito della “rivoluzione antropologica” dettata dal «nuovo fascismo dei consumi». Però, portando al culmine l’intuizione dello stesso Pasolini che coglie nel risentimento la pietra tombale («In questo mondo colpevole/ che solo compra e disprezza/ più colpevole sono io/ inaridito dall’amarezza»), Francesco dice – e sembra esistere come papato provvidenziale – per urgere una riscossa. Infatti, «i giovani di questo tempo sono forse diventati irrimediabilmente tutti pavidi, deboli, inconsistenti?». «Non cadiamo nella trappola». Poiché «usando infinita pazienza, e senza risentimento, verso i solchi storti in cui dobbiamo seminarli (gli affetti di Dio, ndr), anche una donna samaritana con cinque “non-mariti” si scoprirà capace di testimonianza».
Chi non capisce che non si tratta di essere lecchini o succursali di Scalfari per riconoscere la verità di un punto di vista che, con semplicità di colomba e astuzia di serpente, sfonda gli schemi di destra e di sinistra del partito del risentimento? Chi non vorrebbe sentirsi dire – non per giustificare la menzogna, ma per affermare l’antica e attuale implorazione di una madre davanti al figlio in balìa del mondo (e «tutto il mondo è posto sotto il potere della menzogna» dice Cristo): «Mandaci o Zeus il miracolo di un cambiamento!» – “coraggio, Dio scrive dritto anche su di te, riga storta”?
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