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Il caso Finmeccanica ci è costato 560 milioni. «Italy’s fucked up”»

L'ex presidente, assolto da un'accusa di corruzione internazionale, si toglie qualche sassolino dalle scarpe per come la vicenda è stata trattata da media e magistrati

Redazione
14/10/2014 - 12:56
Interni
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Oggi sul Giornale è stata pubblicata un’intervista a Giuseppe Orsi, ex presidente e ad di Finmeccanica arrestato e finito in prigione per 84 giorni il 12 febbraio 2013, in seguito ad un’accusa di corruzione internazionale. Ora una sentenza ha detto che «il fatto non sussiste» e Orsi si toglie qualche sassolino dalle scarpe per come la vicenda è stata trattata dai giornali e dalla magistratura: «Stavo lì dentro, a leggere giornali, a guardare la tv, a sentire gli stessi politici che prima se chiamavo rispondevano, che anzi mi cercavano, e che invece in quei giorni sono in piena campagna elettorale, lei capisce… […] La cosa più avvilente era l’impossibilità di comunicare che quello che io stavo leggendo nell’ordinanza non era vero. Vedere in tv il primo ministro indiano che dà per scontata la mia colpevolezza».

ITALY’S FUCKED UP. Solo rispetto all’India, questa inchiesta ha portato alla perdita di una commessa di 560 milioni di euro. «Io credo – prosegue – che in nessuna parte del mondo si sognino di mettere in galera il presidente della più importante industria del Paese se non si hanno motivazioni più che provate. E quindi è molto difficile capire dall’estero che uno possa essere messo in galera senza un processo. Poiché stavo in carcere, fuori dall’Italia pensavano fossi un criminale, e anche pericoloso visto che non potevo uscire nemmeno su cauzione, come pure aveva fatto proprio in quei giorni Pistorius, accusato di omicidio. Lindsay Fox (magnate australiano della logistica, ndr) parlando con mia moglie al telefono non riusciva proprio a capire perché fossi in galera. Allora ha preso l’aereo, è venuto a Milano dal mio avvocato, per farsi spiegare. Dopo è andato in Duomo, ha preso una cartolina e mi ha scritto: “Italy’s fucked up” (l’Italia è fottuta, ndr). Poi in un messaggio ha aggiunto: “trovo arduo credere che un italiano leale che ha sempre lavorato nell’interesse di Agusta e del Paese possa esser messo in carcere senza una prova contro di lui, per non dire della mancanza di un processo”. Se lei vede l’ordinanza di arresto si legge “Orsi ha pagato, Orsi ha corrotto, Orsi ha fatto…”, tutto il documento dice in modo assertivo che il reato l’ho fatto, il condizionale è solo all’inizio. Tradotto in inglese tutto questo, e distribuito nel mondo, con pezzi di intercettazioni estrapolati dal loro contesto, ha portato le persone, i clienti passati e futuri di Finmeccanica, ad avere perlomeno un momento di sconcerto, a poter pensare che io fossi colpevole e che fossero aziende che corrompevano. Un danno devastante per l’industria italiana, prima ancora che per me. C’è da domandarsi se ci fosse un sufficiente riscontro di prove per causare tanto disastro».

GLI INDIANI. I giudici, dice Orsi «almeno dovrebbe pensarci bene prima. […] In India non avessero capito bene che si trattava solo di un’indagine, e non di un fatto accertato. Nella prima parte del processo c’è stata l’istruttoria dell’accusa, e gli indiani erano sconvolti, perché le prendevano non come ipotesi accusatorie ma come dati di fatto. Si convincevano che fossi colpevole. Ritengo che fossero anche irritati dal fatto che uno Stato straniero dicesse che il loro capo di Stato maggiore fosse un corrotto. È comprensibile insomma la posizione del governo indiano». Anche se, racconta il magnate indiano Ratan Tata ha testimoniato in suo favore: «È venuto apposta a Busto Arsizio per attestare “rispetto e fiducia verso Orsi sia come persona che come manager”. Ho avuto molti attestati di stima e solidarietà da chi mi conosceva dopo quarant’anni di lavoro nel settore difesa».

Tags: agustaassoluzionefinmeccanicagiuseppe orsi
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