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Home Società

Il Bundestag sotto scacco dei giudici sul suicidio assistito (un film già visto)

A un anno dalla «sentenza mozzafiato» con cui la Corte Costituzionale tedesca ha depenalizzato il suicidio assistito, il parlamento prepara una legge. Chi vuole potrà essere aiutato sempre a morire, anche in assenza di malattia

Caterina Giojelli
13/02/2021 - 1:00
Società
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È passato un anno dal «verdetto epocale», come lo celebrò allora Repubblica, la «sentenza mozzafiato» con cui la Corte Costituzionale tedesca ha depenalizzato il suicidio assistito riconoscendo «a ognuno la libertà piena di decidere come morire». E ora tocca al legislatore regolamentarlo sulla base delle indicazioni dei giudici: «è un diritto e non un obbligo», questa la nenia con cui la deputata liberaldemocratica Katrin Helling-Plhar ha presentato pochi giorni fa al Parlamento un disegno di legge sostenuto da sinistra e centro-sinistra perché «il diritto a una morte autodeterminata non rimanga solo sulla carta».

L’IPOCRITA MORTE ASSISTITA “ALTRUISTICA”

Nessuna sorpresa, esattamente come in Belgio o in Olanda, una volta sdoganata la morte assistita non c’è paletto che tenga: un anno fa i giudici avevano dichiarato incostituzionale il paragrafo 217 del diritto penale che nel 2015 aveva introdotto il divieto al suicidio assistito; o meglio, di “divieto” avevano parlato i giornali (ricordate il titolo di Avvenire? “La Germania dice no all’eutanasia”) per spiegare il provvedimento che considerava reato, punibile con la reclusione fino a tre anni, chiunque cercasse di ottenere guadagni o ricevesse compensi per avere aiutato un malato a farla finita. In pratica l’articolo 217 metteva al bando l’apertura di centri che sponsorizzassero il suicidio (come Exit international, o la tedesca Sterbehilfe Deutschland) e impediva ad associazioni di organizzare o fornire al malato un sostegno nel portare avanti la sua decisione di togliersi la vita, nulla vietava a familiari e medici la possibilità di farlo per compassione e non per business (la cosiddetta «eutanasia altruistica»).

DAI LAGER ALLA CORTE COSTITUZIONALE

La sostanza però non cambiava: 75 anni dopo l’introduzione dell’eutanasia per i bambini malati nei campi di sterminio, la Germania tornava a giustificare e autorizzare l’uccisione compassionevole, per altro già sdoganata dalla legge sul testamento biologico. Va da sé che una serie di ricorsi di medici, malati terminali e associazioni portassero quindi la Corte di Karlsruhe, il 26 febbraio 2020, ad annullare l’articolo 2017, consentendo a terze persone di aiutare i malati a morire. Di più, stabilendo che nei diritti della persona riconosciuti dalla Costituzione andasse ricompresa «la libertà di togliersi la vita» (parole di Andrea Vosskhule, presidente della Corte) i giudici hanno stabilito che tale diritto esiste sempre «in ogni fase della vita umana», a prescindere dall’incurabilità o meno della propria patologia, aprendo al suicidio assistito anche per persone sane.

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Ora spetterà al parlamento decidere come. L’eutanasia “attiva” (in pratica la somministrazione di una iniezione letale e non la semplice fornitura del farmaco o la sospensione di cure) resta vietata dal paragrafo 216 del codice penale tedesco, ma i cavilli e le eccezioni previste per dare la morte su richiesta senza incorrere in condanne esistono: al legislatore non resta ora che “bilanciare” il diritto a una morte autodeterminata con la sua realizzazione in patria (85 pazienti su 256 che hanno deciso di morire in Svizzera nel 2019 erano tedeschi).

LA CARITAS SI SMARCA. MA IL “PERICOLO CANADA” C’È

«Questa legge non costringerà mai un medico a fornire assistenza al suicidio», ha sottolineato in parlamento la deputata Petra Sitte, «nessuno “deve” aiutare, ma tutti “possono” farlo». Al momento in Germania non esiste un protocollo per verificare la tanto sbandierata volontà libera e autonoma di autodeterminarsi. Quanto ai medici, «nelle nostre strutture non diventerà un nostro compito organizzare il suicidio dei nostri ospiti e pazienti», ha dichiarato Peter Neher, presidente della Caritas che gestisce centinaia di case di riposo e strutture per anziani in tutto il paese. «L’autodeterminazione è una risorsa preziosa per la quale abbiamo il massimo rispetto; ma le organizzazioni cattoliche non offriranno attivamente assistenza al suicidio», ha chiosato una portavoce. Sappiamo come è finita in Canada e dove porteranno gli inevitabili contenziosi, in nome della “preziosa autodeterminazione” fino alla morte, nelle strutture del paese. Dal ministero della Sanità di Jens Spahn hanno diffuso una dichiarazione: «È logico che il parlamento rispetti una decisione che è stata presa dalla corte costituzionale». Lo stesso macabro tributo alla causa dell’autodeterminazione offerto da Austria, Spagna, Portogallo e paesi europei falciati dal Covid.

Foto Ansa

Tags: depenalizzazioneGermaniamorte assistitasuicidio assistito
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