Lettere al direttore
I Nonni e Livatino: Agrigento manda segni di una presenza nuova nel mondo
Caro direttore, durante una breve ma intensa vacanza in Sicilia, a Porto Empedocle (Agrigento), organizzata dall’amico Francesco soprattutto per nonni e anziani, ho vissuto molti momenti significativi. Accenno brevemente a due di essi.
Nella stupenda atmosfera che si respira nel municipio di Agrigento e nell’annesso teatro, è stata annunciata una iniziativa particolarmente importante: nel prossimo anno scolastico, per iniziativa dell’associazione Nonni 2.0 e della Federazione Cisl-Pensionati, verrà lanciato un concorso scolastico nazionale, per tutti i gradi delle scuole, sul tema “Io e i miei nonni: esperienze e riflessioni”. Il concorso avrà come protagonista il Comune di Agrigento, che nel 2025 sarà la capitale italiana della cultura e che includerà l’evento tra le proprie iniziative. La premiazione avverrà ad Agrigento nel maggio del prossimo anno. Sarà molto importante verificare ancora una volta lo stato dei rapporti tra nonni e nipoti, che costituiscono uno dei legami che tengono insieme l’intero paese, che ha bisogno che si rafforzi una alleanza tra generazioni diverse, se vuole rimanere saldo e pieno di speranza per il futuro.
Abbiamo, poi, visitato i luoghi della vita e del sommo sacrificio del beato Rosario Livatino, la cui testimonianza rinvigorisce la nostra fede, come accade quando si incontra una esperienza di santità. In un momento di dialogo, Francesco ha chiesto all’arcivescovo di Agrigento, monsignor Alessandro Damiano, che cosa l’avesse colpito, in particolare, della testimonianza del beato Livatino. Monsignor Damiano ha risposto dicendo di essere stato impressionato, nella santa vicenda del magistrato martire, dalla forza del Battesimo, che, evidentemente ha dato vita ad un uomo nuovo, capace di una vita diversa.
Mi ha impressionato tale risposta, anche perché mi ha ricordato, immediatamente, ciò che ebbe a dire il servo di Dio don Luigi Giussani quando partecipò al Sinodo sui laici, che si tenne nel 1987. In una intervista di quel periodo il “don Gius” ebbe a dire che «tutta la nostra attenzione [dell’esperienza del movimento, ndr] è concentrata sull’idea di “fedele”, di “battezzato”. Cioè sull’idea di una ontologia nuova che il Fatto Cristiano introduce attivamente nel mondo». E, cioè, nella scena del mondo viene introdotto un protagonista nuovo, costituito dalla “creatura nuova” di cui parla san Paolo. E questa creatura nuova può avere le vesti di un vescovo, di un sacerdote, di un religioso e anche di un semplice fedele laico (di strada).
In questo senso, ho anche pensato che non è stato per caso che le comunità cristiane a cui appartengo (quelle di Cl) abbiano sempre venerato con particolare fervore i santi “laici” del nostro tempo. Non per un caso, ma per una intelligenza della fede. Così abbiamo ammirato la vita fedele e gioiosa del beato (tra non molto santo) Pier Giorgio Frassati, che con ironia chiamò “compagnia dei tipi loschi” quella nata per aiutarsi a pregare con insistenza il Signore. Abbiamo seguito (dedicandogli anche alcune opere) san Giuseppe Moscati, che offrì castamente la sua vita di medico e di scienziato alla cura dei più poveri, testimoniando l’assoluta compatibilità tra la certezza della fede e i dati scientifici. Abbiamo pregato e preghiamo san Riccardo Pampuri, anch’egli medico che “vedeva Gesù negli ammalati”. Ammiriamo lietamente la santità (che verrà proclamata nell’anno giubilare) del “laicissimo” e giovanissimo beato Carlo Acutis, che il battesimo ha trasformato in un testimone lieto e intelligente, segno efficace per tutti i giovani (e gli adulti). Abbiamo approfondito la conoscenza del beato Livatino, cui li battesimo ha permesso una vita intensamente silenziosa, ma straordinariamente efficace. Sulla sua scrivania di lavoro che si trova nella sua casa (da cui uscì il giorno dell’assassinio), a fianco dei quattro codici vi era e vi è ancora adesso il Vangelo.
Insomma, l’avvenimento del Battesimo e della conseguente appartenenza alla Chiesa (nella modalità indicata dallo Spirito) ci rende veramente nuovi protagonisti, secondo la diversità dei vari temperamenti. Ma il compito è uguale per tutti: quello di costituire una “presenza” nel mondo di oggi, tenendo presente un drammatico avvertimento che don Giussani ci ha fatto nella stessa intervista appena sopra accennata, quando sottolineava che oggi dobbiamo affrontare una «sfida radicale senza precedenti in quanto viene portata alla concepibilità stessa dell’esistenza cristiana».
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