Milano è calda, non solo per la temperatura che in questi giorni sfiora i 40 gradi, ma anche per le proposte della giunta presieduta da Giuliano Pisapia che tenta di riproporre l’Area C – sospesa dal Consiglio di Stato lo scorso 25 luglio – e vuole ridisegnare l’assetto delle aziende partecipate, con il palese obiettivo di far cassa. L’assessore al bilancio Bruno Tabacci in un’intervista a Repubblica elogia il modello Pisapia e si candida per il dopo Formigoni. Gli risponde a tempi.it il capogruppo del Pdl, Carlo Masseroli.
Masseroli, i milanesi dopo le vacanze ritroveranno l’area C?
Non mi preoccupa solo la reintroduzione, seppur provvisoria, dell’area C con un provvedimento inalterato rispetto al passato. Credo che il problema sia ben più ampio: generare provvedimenti che siano amministrativamente deboli è un grosso errore che rispecchia la condizione in cui vive Milano. È questo è il vero problema.
Si riferisce alla bocciatura del Consiglio di Stato avvenuto lo scorso 25 luglio?
Tutta la storia dell’area C indica l’incertezza dell’amministrazione Pisapia, costruita sull’instabilità. L’incertezza è un elemento che produce perdita di attrattiva per chi ci guarda dall’esterno e allontana gli investitori. La mia preoccupazione non riguarda solo l’area C, ma il presente e il futuro di una città in mano ad un’amministrazione che genera provvedimenti deboli, al di là dei contenuti, e che rende il sistema Milano incerto. La deboleza di cui parlo è testimoniata a livello politico dal fatto che si è utilizzato il trucco di etichettare l’area C come “sperimentale”, per consentire a Pisapia di evitare il passaggio in consiglio comunale e approvare il provvedimento direttamente in giunta. Oltre alla debolezza politica va sommata una fragilità amministrativa perché la norma sull’area C manterrà le vecchie caratteristiche. Non farlo votare dal consiglio comunale lascia tutti i rischi di eventuali ricorsi.
Prevede un numero ingente di ricorsi?
I cittadini che hanno presentato i loro ricorsi non lo hanno fatto in modo ideologico, ma perché ritenevano lesa la propria libertà e la propria capacità di generare reddito, come nel caso del noto parcheggiatore. L’occasione per l’attuale amministrazione sarebbe buona, se fosse sfruttata, per recuperare le istanze di questi soggetti e migliorare il provvedimento sull’Area C. Stanno perdendo l’ennesima occasione.
Altro argomento in discussione è la cessione delle società partecipate. L’assessore al bilancio Bruno Tabacci ha esposto una sua idea su Repubblica. Cosa ne pensa?
Non si legge in nessun modo una strategia. La cartina di tornasole è il caso Sea. Il comune ha venduto lo scorso dicembre il 30 per cento della partecipata, con la promessa imposta dalla maggioranza di non scendere sotto il 51 per cento. Si sono messi in scacco matto da soli perché ogni iniziativa che oggi possono prendere è tutta a vantaggio del soggetto già entrato nella società, cioè F2i per un fattore molto semplice: l’incapacità di decidere se privatizzare completamente o meno ha ridotto il valore delle azioni di Sea. Questo fa il gioco dei potenziali compratori.
Tabacci sembra però deciso nel percorrere la strada delle privatizzazioni.
Le dichiarazioni di Tabacci che ho letto su Repubblica sono in contrasto con la maggior parte dei componenti della sua maggioranza di governo, la stessa coalizione che ha posto come conditio sine qua non, di non scendere sotto la quota del 51 per cento.
Quindi si privatizzeranno o no le partecipate, visto il bisogno di cassa del comune?
Dicevo che Sea è la cartina di tornasole perché indica una forte indecisione della maggioranza sull’idea di città che vuole. Poi si discute sui vari contenuti specifici, ma qui il problema è a priori. Ritengono strumentale per Milano detenere la maggioranza della società di gestione degli aeroporti? Sì o no? Manca una decisione in tal senso su tutti i fronti da parte dell’attuale maggioranza. Per quanto mi riguarda, Sea andrebbe completamente privatizzata.
Se non si privatizza, i soldi da qualche parte dovranno arrivare.
C’è una grande confusione dal punto di vista strategico e la coalizione di governo deve rispondere a queste domande: quali devono essere i compiti dell’amministrazione comunale milanese? Ha ancora senso che una città fornisca ancora tutti i servizi dalla culla alla tomba chiedendo continuamente ai cittadini tasse? Prima di tutto bisogna ripensare il ruolo del governo cittadino e di conseguenza decidere quali società privatizzare. La sfida riguarda il modello di città e il sistema di servizi che l’amministrazione comunale deve mettere in piedi, nel momento in cui la logica del comune, secondo cui si raccolgono soldi con le tasse e poi si spendono per i servizi, non funziona più perché l’equilibrio è saltato. Attraverso le tasse la città fallisce. Quello che si è visto fino ad oggi è stata la formula più tasse per i cittadini e più spese della pubblica amministrazione.
Mi scusi, ma Tabacci afferma l’esatto contrario, cito testualmente: «Nessuna nuova tassa, anche se rivendico, come amministrazione, di avere un’addizionale Irpef con l’esenzione più alta d’Italia».
La ripartizione delle tasse comunali di Milano è avvenuta tra l’Imu e l’Irpef. Mi spiace, ma Tabacci non ricorda il fatto che l’Irpef milanese non è tra le più basse, anzi è aumentata rispetto allo scorso anno. Tabacci dichiara che quest’anno non aumenterà le tasse, beh, l’ha già fatto l’anno scorso. Ricordo che era stato votato in consiglio comunale di non aumentare l’Irpef, decisione non rispettata dall’amministrazione. Se poi prendiamo in considerazione l’Imu, prendiamo atto che sulla seconda casa i milanesi pagano delle aliquote tra le più alte in Italia. Ancora più grave è che per le attività commerciali e uffici è applicata l’aliquota massima prevista dalla legge. Questo dato si può leggere in una sola maniera: stiamo ammazzando il sistema economico. Alla fine chi tassa il sistema economico tassa indirettamente anche chi guadagna di meno perché verranno tolte agli ultimi delle occasioni di lavoro. Mi ritrovo molto nelle provocazione che arrivano dagli Usa di Paul Ryan, il quale sostiene la riduzione della pressione fiscale ai ricchi. Non tassare i ricchi significa non tassare chi genera ricchezza e consentire a chi ha meno disponibilità una maggior possibilità di lavorare. Già nella Francia di Hollande stiamo vedendo una fuga di importanti generatori di ricchezza che si stanno dirigendo verso l’Inghilterra o verso la Svizzera. Milano sta andando verso questa direzione.