La polemica sui manuali scolastici è destinata a durare a lungo perché mette, per così dire, il dito nella piaga.
Le corazzate Pci e l’intimismo amministrativo clerico-democristiano
Come ha ben ricordato Il Foglio a Umberto Eco (il quale è intervenuto nella polemica sui libri di testo sostenendo che lo sviluppo dell’egemonia culturale laico-marxista in Italia è frutto di un movimento spontaneo, sorto dal basso) non pare proprio che la leadership azionista-comunista sulla società italiana, almeno dagli anni ’70 in poi, sia figlia della “spontaneità”, quanto piuttosto della corazzata Pci e dei suoi illustri alleati nel mondo neocapitalistico e della finanza (vedi alle voci L’Espresso, La Repubblica, ma anche La Stampa, Il Corriere della Sera) che ha vieppiù conquistato – seguendo alla lettera il disegno gramsciano – le “casematte” della società. Dunque, da una parte i maestri del sospetto e del nichilismo hanno voluto e saputo occupare gli spazi, cogliendo l’importanza della cultura quale strumento per arrivare al potere ; dall’altra i cattolici – Democrazia Cristiana, Azione cattolica, gerarchie ecclesiastiche – hanno lasciato il campo libero agli avversari, cioè non si sono preoccupati dell’aspetto educativo, “limitandosi” alla gestione del potere politico-amministrativo.
Nell’ex e post Vietnam italiano il vero Giap resta il Gius
Unica eccezione in questo panorama di vincitori e di sconfitti dell’Italia a tradizione cattolica fu la testimonainza di singole carismatiche personalità: in capo a tutti, don Luigi Giussani e il suo movimento, l’unica presenza cattolica viva e organizzata che, sia negli anni a conformismo clerico-liberale, con Gioventù Studentesca; sia poi, dai primi anni ’70 in avanti, con CL, ha pubblicamente e civilmente resistito, nelle scuole e nelle univeristà, al devastante impatto sulla gioventù di ideologie fomentatrici di disgregazione, violenza e di quella che, poi, dagli stessi intellettuali (di sinistra e di destra) che l’avevano abbracciata quasi per gioco (e quasi sempre sulla pelle dei giovani) sarebbe stata chiamata “guerra civile strisciante”. Una testimonianza, quella di Comunione e Liberazione, che riecheggerà anche a livello civile in forma di vera e propria resistenza culturale alla mentalità dominante e di cui i grandi esempi, tra la fine degli anni ’70 e gli inizi degli anni ’90 sono rintracciabili nell’opera di Giovanni Testori, nell’evento Meeting di Rimini, nelle battaglie del settimanale Il Sabato e, tutt’oggi, nella capillarità con cui si sono diffuse e radicate nella società italiana e internazionale realtà laiche – ancora una volta d’ispirazione giussaniana – quali la Compagnia delle Opere.
Il caso (quasi Dreyfus) Augusto Del Noce
E come non ricordare, all’interno di questo “piccolo resto di Israele” resistente a quel panorama che andava delinenadosi già agli inizi degli anni ’70 e che Pier Paolo Pasolini profetizzava di “rivoluzione antropologica”, “omologazione”, egemonia del “Nuovo Potere”, “fascismo di sinistra”, “dittatura dei nuovi chierici progressisti”, la lezione di Augusto Del Noce, grande filosofo torinese, ostracizzato dall’ambiente accademico in cui ha vissuto e a cui nessuno ha mai pensato di attribuire benemerenze o sigilli municipali? Come ha riconosciuto persino il suo celeberrimo avversario Norberto Bobbio, “Per lungo tempo Del Noce è stato un pensatore isolato tanto nell’ambiente della filosofia cattolica quanto in quello universitario”. Del Noce giunse tardi alla cattedra universitaria e tardi in libreria, e mai con titoli che potevano assicurargli un gran numero di lettori. Fu cacciato dalla redazione della “Rivista di Filosofia” da un tal Nicola Abbagnano (famoso perché autore del manuale di storia della filosofia per antonomasia) nel 1954. Quando nel 1976 si riunirono gli Stati Generali della Cultura Cattolica italiana, Augusto Del Noce non fu invitato, insieme a Sergio Cotta, perché in “odore di destrismo”: pagina vergognosa e significativa della cultura cattolica italiana. La vasta platea la ottenne solo dopo l’incontro con i “ragazzacci” de Il Sabato, il settimanale pasoliniano e testoriano, che fu per anni un’isola di non conformismo nel lugubre panorama dell’editoria italiana. Rimane il fatto che Del Noce fin dal dopoguerra aveva dimostrato la consanguineità di fascismo e comunismo. Non solo, ma già nel ’45, aveva intravisto il pericolo di un “terzo fascismo”, ossia l’imperialismo angloamericano e la società nichilista, che sopravvive in un sistema democratico. Gli studi e le tesi di Renzo De Felice e di Ernst Nolte erano già stati anticipati da Augusto Del Noce trent’anni prima della scoperta del cosiddetto “revisionismo”.
Tra passato e presente: come aiutare i giovani a pensare, e con la propria testa?
Ora, dal momento che non possiamo più pensare come se Augusto Del Noce non fosse mai esistito, che cosa ci lascia in eredità? Io credo che occorra riprendere una sua massima: occorre pensare a partire dall’attualità storica, cioè dal presente per cogliere nei fatti le idee, il senso delle cose. Rispetto a quel che capita, che si legge sui giornali e che si studia nelle scuole, bisogna difendere il principio che ai ragazzi, come agli adulti, interessa la libertà di pensare con la propria testa, non di riempire la storia come se fosse un contenitore di nozioni e di verità. Da questo punto di vista non vorrei che il dibattito sui manuali scadesse in un conteggio su chi ha fatto più morti nella storia.
L’io, Dio e il Potere
Mi domando se tutto il sangue che è corso nel ‘900 non rischi di offuscare la nostra comprensione e di crearci dei problemi nel capire l’essenza del totalitarismo. Ciò perché la sofferenza che c’è stata è troppo grande per essere, per così dire, “gestita razionalmente”. Se è sorto il totalitarismo ciò significa che la società precedente qualche problema lo aveva. Ora nessuno meglio di Del Noce ne ha chiarito l’essenza: l’origine del totalitarismo sta nella negazione del senso religioso e, forse ancor più, nel pregiudizio diventato categoria del pensiero secondo cui, come diceva Cornelio Fabro, “anche se Dio c’è, non c’entra”, o, come direbbe Del Noce, “Dio non può esistere, però se la sua esistenza è indifferente, allora Dio può esistere”. Oggi vi è un’oggettiva difficoltà ad individuare l’elemento fondante i valori su cui costruire la comunità. Eppure la democrazia ha vinto il comunismo e le varie dittature di questo mondo. Per questo, da parte di molti, permane una sincera ricerca, come a tentoni, di appigli stabili a protezione del mondo comune. È possibile che questa ricerca sia intralciata e resa confusa da parte del Potere? È possibile che la scienza venga strumentalizzata per conseguire nuove e più raffinate forme di totalitarismo, così che all’uomo venga solo richiesto l’adattamento, la predisposizione cieca e animale per cui uno fa, produce e consuma (nel campo della biologia, genetica, tecnologia, economia) tutto quello che ha il potere di fare, produrre, consumare? Del Noce, nel suo diario, scriveva: ”Bisogna rispettare il potere perché sono sanguinari, sono sanguinari, sono sanguinari”. E non si riferiva al comunismo. Poco tempo dopo venne la Guerra del Golfo, scoppiò la guerra nei Balcani, esplose la rivoluzione giudiziaria italiana, iniziò il genocidio senza ingerenze in Africa e la guerra per ingerenza umanitaria in Kosovo. Poi chissà, verrà di nuovo il Medioriente e forse ancora altre guerre, ma condotte con altri mezzi: sessisti, eugenetici, multietnici e multietici?