Articolo tratto dal settimanale Tempi in edicola (qui la pagina degli abbonamenti) – Sopravviveremo fino alle presidenziali americane del 2016? Qualche ottimista sostiene che proprio la condizione da anatra zoppa di Barack Obama gli permetterà di realizzare alcune svolte di politica estera che segneranno positivamente gli anni successivi: in questo senso andrebbero un’intesa con l’Iran su sanzioni e nucleare, il trattato per un’area di libero scambio transpacifico (questo sembra instradato) che metterebbe sulla difensiva la Cina, e forse anche uno transatlantico che integrerebbe un po’ i tedeschi e terrebbe a bada i russi.
Teheran cederebbe perché colpita dalle sanzioni, i repubblicani aiuterebbero la Casa Bianca perché i nuovi accordi di libero scambio creerebbero molti problemi a Hillary Clinton (o comunque al candidato democratico se la favorita inciampasse sui finanziamenti da stati esteri alla fondazione sua e del marito). Giapponesi, sudcoreani e australiani da una parte, inglesi, italiani e francesi dall’altra avrebbero un po’ di spazio rispetto a Pechino e Berlino. Ai sauditi, agli egiziani, agli israeliani e forse ai turchi, spesso sconcertati dall’amministrazione Obama, resterebbe da sperare in una prossima amministrazione repubblicana meno distratta rispetto agli alleati storici di Washington. Così quelli che prevedono in rosa.
I pessimisti insistono sui regali nefasti dell’obamismo declinante: la pace forzata con Teheran porterebbe a un asse Pakistan-Cina-sauditi che reggerà anche dopo il 2016. Quello che uno sbadato New York Times ha definito kissingeriano di ritorno, in realtà ha disfatto il principale capolavoro del segretario di Stato di Nixon: la separazione tra Mosca e Pechino. L’Europa, a cui basta la piccola Grecia per impazzire, non firmerà il trattato transatlantico e non definirà una linea verso Mosca: dalla sua, l’attenzione dell’attuale Casa Bianca si rivela anche nei particolari di come tratta gli ostaggi europei uccisi da suoi droni. Come comportarsi? Sperare (e aiutare) gli ottimisti ma prepararsi agli scenari più pessimistici.