Memoria popolare
Gli anni esaltanti del protagonismo di Mp in Liguria
Prosegue la ricostruzione della storia del Movimento Popolare in Liguria da parte di uno dei suoi protagonisti, Marco De Petro. La prima parte è disponibile in questo post del blog “Memoria popolare”.
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Le elezioni amministrative del 1975 segnarono in generale un calo di consensi per la Dc e, al contrario, una forte avanzata del Partito comunista, ma per i ciellini che stavano preparando la nascita del Movimento Popolare (Mp) e che si candidarono in molte città d’Italia fu, al contrario, un successo ovunque. Per limitarsi alla Liguria, oltre al risultato di Chiavari, a Sestri Levante furono eletti Vincenzo Conti e Sergio Stagnaro, a Rapallo Toni Pelosin.
È sull’onda di tale successo, espressione di una rinnovata tensione a una presenza unitaria e incisiva dei cattolici in politica, che si tengono le successive affollate assemblee del Palalido di Milano, del Teatro Astor a Chiavari e infine del Teatro Nuovo a Milano a dicembre, inframmezzate da molti altri eventi in varie città di Italia. A Chiavari Mp apre la sede in via Raggio, una piccola traversa in pieno centro cittadino; successivamente si trasferirà in piazza Roma. Ne nasce un lungo e per molti aspetti esaltante percorso che avvicinò all’esperienza cristiana e all’impegno politico molti giovani e meno giovani di diversa provenienza e che generò grande attenzione e stima tra la popolazione.
La candidatura e il sostegno di Formigoni e Montanelli
Di quel percorso ricordo due momenti particolarmente significativi per Chiavari e la Liguria. Anzitutto le elezioni politiche del 1976. Era forte il timore di un sorpasso da parte del Pci sulla Democrazia cristiana. La Dc, dopo il successo dei candidati del movimento nelle amministrative, offrì alcuni collegi elettorali a candidati di Mp nell’intento di coinvolgere il più possibile il movimento nella campagna elettorale. In Liguria il partito propose a me di candidarmi per la Camera dei deputati, nella convinzione che non avrei avuto alcuna possibilità di successo.
Fu lo stesso Roberto Formigoni, presidente del Movimento Popolare, a incoraggiarmi nell’impresa. A conferma della vasta area di interesse che il Movimento destava nell’opinione pubblica ebbi, tra l’altro, il sostegno del Giornale di Indro Montanelli che, mentre invitava a votare la Dc «turandosi il naso», mi indicò assieme ad altri come persona che valeva la pena sostenere con le preferenze.
Il comizio tra i comunisti dei Cantieri navali
Si scatenò una campagna elettorale straordinaria che per noi fu anzitutto una campagna culturale e un momento di testimonianza e di maturazione della fede nel confronto con le domande e le esigenze del tempo. E poi c’erano i comizi, il rapporto con la gente che veniva ancora a riempire le piazze o che, senza farsi vedere, seguiva dietro le imposte socchiuse delle finestre di casa.
Ne ricordo uno solo, quello tenuto ai Cantieri navali di Riva Trigoso. L’ambiente era a stragrande prevalenza comunista e, per questa ragione, nessun candidato della Dc si era dichiarato disponibile ad andarci. Il partito allora si rivolse a me. Accettai e parlai nell’intervallo del pranzo quando gli operai sostano nella piazza retrostante i cantieri in attesa di riprendere il lavoro. Un momento per loro di riposo in cui non so quanto fosse gradito un comizio, specie di un esponente della Democrazia cristiana. Ci furono tuttavia un silenzio e un ascolto assoluti. Non fu affatto facile ma, quando qualche giorno dopo alcuni cattolici e democristiani dei Cantieri mi fecero pervenire il loro ringraziamento perché avevo dato loro dignità e coraggio, capii di aver fatto la cosa più giusta e più in linea con lo spirito e le ragioni che animavano la mia campagna elettorale.
Il compromesso storico e l’omicidio di Moro
Il risultato fu sorprendente: arrivai quinto su otto deputati eletti per la Dc in Liguria e mi ritrovai in Parlamento insieme ad altri tre amici eletti in altri collegi: Andrea Borruso a Milano, Costante Portatadino a Varese, Nicola Sanese a Rimini. Fu un’esperienza straordinaria in un periodo straordinariamente difficile per il paese. Nel marzo del 1978 era ormai pronto il primo governo del cosiddetto “compromesso storico” con l’appoggio diretto del Pci di Enrico Berlinguer. Era una scelta politica difficile sia per il Pci che per la Dc.
Partecipai all’assemblea dei gruppi parlamentari democristiani che si tenne il 15 marzo, la sera antecedente il giorno in cui avrebbe dovuto votarsi la fiducia. Intervenni nel dibattito e ascoltai alla fine l’ultimo discorso del presidente della Dc, l’onorevole Aldo Moro, che, davanti al dissenso e alla minaccia di rottura di alcuni parlamentari, invitò all’unità del partito in un momento cruciale della politica italiana dicendo sostanzialmente: se sbagliamo, la cosa più giusta è sbagliare insieme.
Il giorno dopo, il governo del compromesso storico venne bloccato dal rapimento di Moro da parte delle Brigate rosse: era il 16 marzo del 1978. Il suo corpo fu ritrovato dopo cinquantacinque giorni di prigionia, il 9 maggio, in via Caetani a Roma. Mi trovavo quel giorno alla Camera dei deputati; alla notizia del ritrovamento del suo cadavere, corsi come altri colleghi in via Caetani.
Gli eletti del Movimento Popolare in Liguria
A quel punto iniziò un nuovo non facile cammino che portò alle elezioni anticipate del 1979. Questa volta, avendo votato nell’assemblea della Dc a favore della linea Moro, il Giornale non mi segnalò tra i candidati da sostenere e, d’altra parte, la Dc non si fece più cogliere impreparata. Non fui rieletto. Ma la storia del Movimento Popolare in Liguria continuò con numerose battaglie politiche e altri eletti in Consiglio comunale che si sono affiancati o succeduti negli anni: a Chiavari, insieme a me, Emilio Cervini e Luigi Frixione, subentrati a Mimmo Borzini, che aveva scelto la strada del seminario, quindi Giorgio Sanguineti e in tempi più recenti Fiammetta Maggio; a Lavagna furono eletti Mario Maggi e Alberto Torchio, a Sestri Levante, oltre a Vincenzo Conti, Natalino Dazzi e poi Gianteo Bordero, a Moneglia Luigi Rollandi, a Carasco Berto Vaccarezza, Massimo Bucciarelli e Giuse Bacigalupo, a Zoagli Giorgio Ciocchetti, a Rapallo Gianluigi Medone, Roberto Spelta e Mentore Campodonico, a Genova Mario Baroni e Renato Pizio, oltre a Maurizio Uremassi a livello di circoscrizione.
Sindaco di Chiavari
E arriviamo al 1983: per una serie di circostanze politiche vengo proposto ed eletto sindaco di Chiavari da una maggioranza Dc-Psi-Psdi. Non esisteva ancora l’elezione diretta del sindaco che invece avveniva a maggioranza in Consiglio comunale. Fu un’altra esperienza straordinaria che vissi insieme ai consiglieri comunali del Movimento di allora, in particolare Emilio Cervini, assessore alla Cultura e alla Pubblica Istruzione, e Luigi Frixione, delegato all’Assistenza.
Fu l’occasione per tentare di impostare la politica cittadina, il governo della città, con uno sguardo nuovo: nel considerare il bilancio cittadino non ci limitavamo a guardare a quello contabile del Comune, ma cercavamo di considerare tutte le risorse che la città era disponibile a dare, aprendo alle componenti di base, coinvolgendo forze culturali, sociali, sportive, associative, rendendole in qualche modo partecipi delle risposte che insieme volevamo dare alle domande e ai problemi cittadini.
Nacque così, con il sostegno di alcuni commercianti, il “mercatino dell’antiquariato”, una delle maggiori fonti di attrazione ancora oggi di Chiavari; fummo il primo Comune della Liguria a stipulare una convenzione per il sostegno alle scuole materne non statali per l’indispensabile servizio pubblico che offrivano e per rendere concreta la battaglia per la libertà di educazione: non solo la scuola materna Maria Luigia di Chiavari, fondata da persone e famiglie del movimento, ma la scuola materna Santa Marta, la scuola materna delle Giannelline, l’asilo della parrocchia di Sampierdicanne, l’Ipab Asilo infantile di Chiavari. Cercammo di dare un diverso volto all’assistenza sociale e di avvalerci degli anziani disponibili per alcuni servizi di base. Avevamo insomma l’idea di mettere in campo, per quanto possibile, per quanto in tempi ancora acerbi, il principio di sussidiarietà.
Processo e assoluzione, il tramonto di Mp
L’avvicinarsi della scadenza del Piano regolatore generale della città mise in movimento grandi interessi ai quali non era gradito questo tentativo di amministrare secondo nuovi criteri e una nuova visione dei problemi. Un serie di lettere anonime partite dall’interno della stessa Democrazia cristiana indussero la procura ad aprire una vasta indagine praticamente su tutto l’operato della mia amministrazione. Nel 1989 divennero inevitabili, per ragioni di opportunità politica, le mie dimissioni da sindaco.
Ci fu, qualche anno dopo, il processo. Fui assolto con formula piena perché «i fatti [cioè i presunti reati, ndr] non sussistevano»: fu lo stesso pubblico ministero a chiedere la mia assoluzione. Ma la storia politica di Chiavari era stata alterata e cambiata e si erano aperte le porte alla prima sconfitta della Dc e al primo successo della Lega di Umberto Bossi che conquistò il Comune.
La presenza di Mp in Comune e in città continuò, ma l’evolversi della situazione generale portò Mp, almeno a livello locale, a ridursi sempre più a una componente interna alla Dc, peraltro poco amata dal partito, e progressivamente a esaurirsi in essa. Ma il Movimento Popolare a mio avviso esiste ancora nel cuore di molti, soprattutto se guardiamo la confusione, le attese vere, i bisogni urgenti e profondi che oggi anche più di ieri riempiono il cuore della gente.
(2. fine)
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