La preghiera del mattino

Difficile trovare un giudizio sull’Ucraina più articolato e meno retorico di quello del Papa

Papa Francesco
Papa Francesco in piazza San Pietro durante l’udienza generale di mercoledì 1 giugno 2022 (foto Ansa)

Sulla Zuppa di Porro Matteo Milanesi scrive: «A poco più di una settimana di distanza, lo scenario si ripropone ancora una volta. Variano solo i protagonisti: Jens Stoltenberg e il presidente turco Erdogan. Parlando in una conferenza stampa con il presidente finlandese, il segretario generale della Nato ha sottolineato la centralità del ruolo di Ankara all’interno dell’alleanza atlantica. Anzi, è la stessa Nato a dover comprendere “le preoccupazioni legittime. Si tratta di terrorismo e di esportazione di armi: nessun altro alleato ha subìto più attacchi terroristici della Turchia”».

La mancanza di un’idea di ordine globale da parte dell’amministrazione democratica americana, accompagnata da un’Unione Europea che preferisce la retorica (con un perverso mix di cedimenti e irrigidimenti) alla politica, danno molto spazio alle manovre di Ankara, con qualche giovamento talvolta di Kiev, ma con grandi problemi per curdi, armeni, greci, kazaki, libici, egiziani e così via.

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Su Scenari economici Giuseppina Perlasca scrive: «La spaccatura politica, anche a causa della distribuzione dei proventi del petrolio, ha già paralizzato la produzione e le esportazioni libiche nei mesi di aprile e maggio. Il più grande giacimento petrolifero libico, Sharara, ha riavviato la produzione di petrolio questo fine settimana dopo settimane di blocco a causa delle proteste, ma è stato nuovamente chiuso solo un giorno dopo la riapertura. I blocchi si stanno ora estendendo ai terminali di Ras Lanuf ed Es Sider, mentre un gruppo ha minacciato di chiudere il porto di Hariga venerdì, hanno riferito i tecnici alla Reuters».

Oggi Mario Draghi cerca con Israele accordi per sostituire il gas russo. Dentro questi accordi un ruolo centrale l’avrà un Egitto che può esercitare una funzione positiva anche perché israeliani, sauditi e russi hanno aiutato a impedire ad Ankara di far prevalere l’estremismo dei Fratelli musulmani. Mentre trovare un qualche equilibrio non è stato ancora adeguatamente possibile in Libia. Se non comprende come un ordine mondiale è possibile solo con una visione globale dei problemi e non appena tattico-retorico-propagandistica, l’Occidente andrà incontro a crisi sempre più gravi.

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Sulla Nuova Bussola quotidiana Luca Volontè scrive: «Siamo a un passo dal peggio. La chiamata alle “armi” di stampa, Democratici e multinazionali abortiste contro chiese, pro vita e giudici della Corte suprema, che potrebbero decidere di eliminare la validità dell’aborto a livello federale, sta portando a conseguenze infauste. Un uomo armato di pistola e coltello, un ventenne della California, è stato arrestato ieri pomeriggio nei pressi dell’abitazione del giudice Brett Kavanaugh mentre urlava minacce di morte. È l’ennesimo segnale di un clima che si fa sempre più arroventato. Lo scorso 3 giugno il Capitol Hill Crisis Pregnancy Center, centro cattolico di aiuto alla vita, a Washington, è stato completamente vandalizzato con vernice, uova, scritte. Il marchio dei terroristi è sempre “Jane Says Revenge” (o frasi simili). Domenica 5 giugno, un gruppo di 15 attiviste pro aborto del gruppo Rise Up 4 Abortion Rights hanno interrotto il sermone del predicatore Joel Osteen alla Lakewood Church di Houston, una mega chiesa protestante con migliaia di posti a sedere, spogliandosi fino agli indumenti intimi e gridando imprecazioni e slogan pro aborto prima di essere scortate fuori dall’edificio. Il 7 giugno, è stato attaccato il CompassCare, centro di gravidanza di un gruppo pro life, a Buffalo, dove i vandali hanno rotto le finestre e dato fuoco, lanciando bombe molotov, allo studio medico della struttura, aggiungendo graffiti con la scritta “Jane Was Here”, una frase usata dal gruppo Jane’s Revenge che ha rivendicato la responsabilità di attacchi simili a livello nazionale. Lo stesso giorno il Mountain Area Pregnancy Services di Asheville, nella Carolina del Nord, è stato ricoperto di vernice rossa, minacce e graffiti a favore dell’aborto».

In questi giorni sono sotto esame i comportamenti di Donald Trump durante l’aggressione del 6 gennaio 2021 al Congresso: non so se l’ex presidente degli Stati Uniti abbia commesso in quell’occasione reati penalmente perseguibili. A occhio mi pare che la responsabilità principale di quel che è avvenuto quel giorno è dell’Fbi e della polizia che dovevano impedire a una folla di fuori di testa di aggredire parlamentari americani. Comunque Trump ha commesso un errore imperdonabile che spero gli costi la candidatura alle prossime presidenziali: non riconoscere la sconfitta del voto del novembre 2020, una grave e non dimenticabile ferita a un ordinato funzionamento delle istituzioni. Quello che stanno facendo oggi ampi settori dei democratici (ben descritto da Volontè) per impedire che la Corte suprema discuta serenamente della legislazione sull’aborto, peraltro, spiega, anche se certamente non giustifica, certe esasperazioni trumpiane.

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Su Tpi si riporta, da un’intervista sulla Stampa, questa intervista a papa Francesco: «“Un paio di mesi prima dell’inizio della guerra ho incontrato un capo di Stato, un uomo saggio, che parla poco, davvero molto saggio”, il racconto del Pontefice. “E dopo aver parlato delle cose di cui voleva parlare, mi ha detto che era molto preoccupato per come si stava muovendo la Nato. Gli ho chiesto perché, e mi ha risposto: ‘Stanno abbaiando alle porte della Russia. E non capiscono che i russi sono imperiali e non permettono a nessuna potenza straniera di avvicinarsi a loro’. Ha concluso: ‘La situazione potrebbe portare alla guerra’. Questa era la sua opinione. Il 24 febbraio è iniziata la guerra. Quel capo di Stato ha saputo leggere i segni di quel che stava avvenendo”, ha detto. “Non vediamo l’intero dramma che si sta svolgendo dietro questa guerra, che è stata forse in qualche modo o provocata o non impedita. E registro l’interesse di testare e vendere armi. È molto triste, ma in fondo è proprio questo a essere in gioco”, ha aggiunto il Papa. “Qualcuno può dirmi a questo punto: ma lei è a favore di Putin! No, non lo sono. Sarebbe semplicistico ed errato affermare una cosa del genere. Sono semplicemente contrario a ridurre la complessità alla distinzione tra i buoni e i cattivi, senza ragionare su radici e interessi, che sono molto complessi. Mentre vediamo la ferocia, la crudeltà delle truppe russe, non dobbiamo dimenticare i problemi per provare a risolverli”, ha affermato papa Bergoglio, secondo cui i russi “pensavano che tutto sarebbe finito in una settimana”. “Ma hanno sbagliato i calcoli. Hanno trovato un popolo coraggioso, un popolo che sta lottando per sopravvivere e che ha una storia di lotta. Devo pure aggiungere che quello che sta succedendo ora in Ucraina noi lo vediamo così perché è più vicino a noi e tocca di più la nostra sensibilità. Ma ci sono altri paesi lontani – pensiamo ad alcune zone dell’Africa, al nord della Nigeria, al nord del Congo – dove la guerra è ancora in corso e nessuno se ne cura. Pensate al Ruanda di 25 anni fa. Pensiamo al Myanmar e ai Rohingya. Il mondo è in guerra. Qualche anno fa mi è venuto in mente di dire che stiamo vivendo la terza guerra mondiale a pezzi e a bocconi. Ecco, per me oggi la terza guerra mondiale è stata dichiarata”, la netta conclusione del Pontefice, che ha auspicato di incontrare il patriarca di Mosca, Kirill, a settembre, quando si terrà in Kazakistan il Congresso dei capi delle religioni mondiali e tradizionali. “Spero di poterlo salutare e parlare un po’ con lui in quanto pastore”, ha detto».

Si può essere d’accordo o meno su questo o quel giudizio del Papa, ma è difficile trovare un altro protagonista della scena mondiale capace di offrire una visione della realtà appassionata e articolata, e non solo posizioni tattiche, retoriche o propagandistiche.

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