«È comprensibile: al funerale della propria madre si può non essere perfettamente lucidi». E poi «ci sono le telecamere e i giornalisti» e soprattutto «i compagni con giacche e sciarpe rosse, propensi a trasformare l’ultimo saluto in un corteo di rivendicazioni e proteste al canto di Bella ciao». Insomma, «le attenuanti sono parecchie e può succedere di esagerare», ma secondo Maurizio Caverzan, inviato speciale del Giornale, l’intervento di Jacopo Fo ieri a Milano davanti al teatro Strehler durante le esequie della madre Franca Rame resta la prova che «l’ideologia» può essere a tal punto «ottusa e dunque cieca» da finire addirittura per «prendere il sopravvento sul dolore, violando i sentimenti».
GANDHIANO E NERO NO? «Ricordando sua madre tra una maledizione ai fascisti e un attacco ai giornalisti», spiega Caverzan, il figlio dell’attrice scomparsa il 29 maggio e del premio Nobel Dario Fo «ha detto che “Dio c’è ed è comunista”. Anzi, “non solo è comunista, ma è anche femmina”. Avrebbe potuto dire pure che è gandhiano e nero. Perché no?». Nel commento apparso oggi nel quotidiano diretto da Alessandro Sallusti, Caverzan scrive che il teatrino grottesco andato in scena ieri in un momento così drammatico fa parte degli «scherzi dell’utopia». «La rivoluzione che non si è riuscita a fare sulla terra si finisce per immaginarla nell’aldilà», ironizza il giornalista. «Si appiccicano alla divinità puerili etichette umane, intrise del nostro tifo infantile. Dio è fatto così e cosà. Dio è iscritto al mio partito. (…) Siamo alle comiche, se non si trattasse di un funerale».
RIVOLUZIONI VERE E FALSE. Fortunatamente, conclude Caverzan, «il Dio che “c’è” come, bontà sua, garantisce Jacopo Fo, è arrivato qualche anno prima di Marx e Lenin. E anche dei premi Nobel. La vera rivoluzione c’è già stata duemila anni fa». E probabilmente «dicendo che Dio è “comunista e femmina”, Jacopo Fo voleva dire che è difensore dei deboli e di chi è vittima della violenza come lo è stata sua madre. Ma questa è già la storia del cristianesimo».