Francia, scuola. Minacce agli ebrei, inni all’Isis, insulti alle donne. Il racconto di un preside
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È un libro destinato a interrogare molte coscienze e a lasciare il segno quello scritto da Bernard Ravet e appena pubblicato in Francia: Preside di liceo o imam della Repubblica? L’autore è stato per 15 anni preside in tre scuole secondarie statali tra le più difficili di Marsiglia, dove gli studenti musulmani sfiorano il 95 per cento dell’utenza, e ha visto con i suoi occhi quanto sia diventato grave il problema della diffusione dell’estremismo islamico tra gli alunni. «Per timore di stigmatizzare gli istituti che dirigevo, sono rimasto in silenzio per 15 anni», scrive, ma ora che è andato in pensione nel 2015, ha voluto pubblicare questo libro perché «è ora di finirla con la legge del silenzio che pesa sull’impatto della religione in certe scuole. Il fanatismo bussa alla porte degli istituti e impone i suoi simboli e le sue leggi nello spazio scolastico, durante la ricreazione, in mensa, in piscina».
Nell’ultima settimana, diversi giornali francesi hanno pubblicato alcune anticipazioni del libro. Ravet racconta ad esempio di quando era preside del liceo Versailles e una mamma francese di religione ebraica, tornata a Marsiglia dopo un lungo soggiorno in Israele, è venuta a chiedergli di iscrivere il figlio. «Quando ho sentito parlare il ragazzo, con un evidente accento straniero, ho capito che i miei studenti avrebbero scoperto subito la sua provenienza straniera. Se avessero scoperto che veniva da Israele, l’avrebbero distrutto. Così, con imbarazzo, ho chiesto alla mamma di non iscriverlo alla scuola statale, ma ebraica». Il preside l’ha fatto a malincuore, «ma non avrei potuto garantire la sua incolumità. Quando, solo pochi mesi prima di questo episodio, un giornalista era venuto a chiedere a scuola quali erano i rapporti tra i miei studenti musulmani e i loro compagni ebraici, loro hanno risposto: “Qui non ci sono ebrei e se ci fossero, sarebbero obbligati a nascondersi”».
Il preside racconta delle strane persone che si aggiravano intorno alle scuole da lui dirette: risse tra bande, giovani sbandati, barbuti che vendono la droga ai cancelli del liceo «perché tanto solo i miscredenti ne fanno uso e se la droga uccide, uccide solo i miscredenti. Quindi vendere la droga non è contrario all’islam». Difficile anche il rapporto con i genitori, che giustificano la segregazione dei sessi: «Le donne adultere vanno lapidate». Di tutto questo Ravet non ha voluto parlare ai giornali fino ad ora (ma alle autorità sì) per non essere «accusato di islamofobia e per proteggere quelle famiglie normali che non potevano permettersi altre scuole», ma ora non vuole più restare in silenzio. Anche perché il problema della radicalizzazione giovanile e scolastica sta crescendo sempre più grave in Francia.
Per approfondire il dibattito, leggi il nuovo numero di Tempi “La buona squola”.
Foto Ansa
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