Francia, scuola. Minacce agli ebrei, inni all’Isis, insulti alle donne. Il racconto di un preside

Di Leone Grotti
02 Settembre 2017
Dopo 15 anni come preside in tre degli istituti più difficili di Marsiglia, Bernard Ravet pubblica un libro sconvolgente sul problema dell'estremismo islamico nelle scuole della République

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È un libro destinato a interrogare molte coscienze e a lasciare il segno quello scritto da Bernard Ravet e appena pubblicato in Francia: Preside di liceo o imam della Repubblica? L’autore è stato per 15 anni preside in tre scuole secondarie statali tra le più difficili di Marsiglia, dove gli studenti musulmani sfiorano il 95 per cento dell’utenza, e ha visto con i suoi occhi quanto sia diventato grave il problema della diffusione dell’estremismo islamico tra gli alunni. «Per timore di stigmatizzare gli istituti che dirigevo, sono rimasto in silenzio per 15 anni», scrive, ma ora che è andato in pensione nel 2015, ha voluto pubblicare questo libro perché «è ora di finirla con la legge del silenzio che pesa sull’impatto della religione in certe scuole. Il fanatismo bussa alla porte degli istituti e impone i suoi simboli e le sue leggi nello spazio scolastico, durante la ricreazione, in mensa, in piscina».

Nell’ultima settimana, diversi giornali francesi hanno pubblicato alcune anticipazioni del libro. Ravet racconta ad esempio di quando era preside del liceo Versailles e una mamma francese di religione ebraica, tornata a Marsiglia dopo un lungo soggiorno in Israele, è venuta a chiedergli di iscrivere il figlio. «Quando ho sentito parlare il ragazzo, con un evidente accento straniero, ho capito che i miei studenti avrebbero scoperto subito la sua provenienza straniera. Se avessero scoperto che veniva da Israele, l’avrebbero distrutto. Così, con imbarazzo, ho chiesto alla mamma di non iscriverlo alla scuola statale, ma ebraica». Il preside l’ha fatto a malincuore, «ma non avrei potuto garantire la sua incolumità. Quando, solo pochi mesi prima di questo episodio, un giornalista era venuto a chiedere a scuola quali erano i rapporti tra i miei studenti musulmani e i loro compagni ebraici, loro hanno risposto: “Qui non ci sono ebrei e se ci fossero, sarebbero obbligati a nascondersi”».

buona-squola-tempiLe minacce agli ebrei non sono l’unico segnale di radicalizzazione al quale Ravet ha assistito negli anni. Ci sono le ragazze che, nonostante il divieto di portare il velo, cercano di indossarlo a scuola ogni giorno, ci sono gli insegnanti che non possono parlare di Shoah o darwinismo per le eccessive proteste, ci sono le professoresse che vengono chiamate «troie» o «puttane» all’uscita della scuola solo perché portano la gonna, o i docenti di francese, che ogni giorno si sentono ripetere in classe che il francese è «una lingua straniera, la lingua dei miscredenti». Innumerevoli, inoltre, le apologie dello Stato islamico e gli inni alla sharia.

Il preside racconta delle strane persone che si aggiravano intorno alle scuole da lui dirette: risse tra bande, giovani sbandati, barbuti che vendono la droga ai cancelli del liceo «perché tanto solo i miscredenti ne fanno uso e se la droga uccide, uccide solo i miscredenti. Quindi vendere la droga non è contrario all’islam». Difficile anche il rapporto con i genitori, che giustificano la segregazione dei sessi: «Le donne adultere vanno lapidate». Di tutto questo Ravet non ha voluto parlare ai giornali fino ad ora (ma alle autorità sì) per non essere «accusato di islamofobia e per proteggere quelle famiglie normali che non potevano permettersi altre scuole», ma ora non vuole più restare in silenzio. Anche perché il problema della radicalizzazione giovanile e scolastica sta crescendo sempre più grave in Francia.

 Per approfondire il dibattito, leggi il nuovo numero di Tempi “La buona squola”.

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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