Francia e Gran Bretagna spingono perché tutti gli alleati della Nato intensifichino gli attacchi contro le truppe di Muammar Gheddafi. L’Italia resta invece riluttante a bombardare il terreno libico e attende il colloquio con il presidente del Consiglio di transizione dei ribelli che avverrà venerdì a Roma. Il ministro degli Esteri Franco Frattini ha dichiarato: «Non vorremmo 100 anni dopo, per errore, trovarci di nuovo ad uccidere dei civili libici».
Si apre invece oggi a Doha, la capitale del Qatar, la riunione del gruppo di contatto sulla Libia. L’ex ministro degli Esteri libico Mussa Kussa incontrerà i leader del Consiglio nazionale provvisorio di Bengasi per definire insieme le linee politiche della crisi libica. Il portavoce dei ribelli Mahmud Shammam ha fatto sapere che l’obiettivo di Bengasi è ottenere il riconoscimento internazionale dell’Assemblea provvisoria come legittimo governo della Libia.
Intanto un ribelle affiliato ad Al Qaida si è imbarcato coi clandestini diretti in Italia. Ad attestarlo è stata una telefonata intercettata una decina di giorni fa dalla centrale di interrogatori di Tripoli. A dare conferma dei timori espressi dal ministro dell’Interno Roberto Maroni «sul rischio di infiltrazioni di Al Qaida» nella crisi libica è stato Moftah H., responsabile della sicurezza interna di Gheddafi.
In un voluminoso dossier sul Gruppo islamico egli afferma che nel nord est della Libia “Ibrahim Sufyan Bin Qumu, ex autista di Osama bin Laden, sta addestrando i giovani ribelli. Nel 2001 era stato catturato in Afghanistan e rinchiuso per sei anni a Guantanamo. Sul fronte della Cirenaica sarebbero almeno 300 gli estremisti islamici fra le fila dei ribelli” (il Giornale, p. 12).
“A Zintan, nella Tripolitania, non demordono altri comandanti jihadisti, come Moftah Mohammad al Alim Giulghum, che secondo il dossier di Tripoli, avrebbe catturato «100 africani che tornavano ai loro paesi d’origine accusandoli di essere mercenari, per costringerli ad arruolarsi nelle bande ribelli»” […] Secondo il presidente del Ciad, Idriss Deby Itno, la costola di Bin Laden nel nord Africa, avrebbe già «acquistato armi, compresi missili terra aria, depredati dai ribelli negli arsenali libici»” (il Giornale, p. 12).